venerdì 29 novembre 2013

Farmacisti di coscienza




farmacista_obiettore_medico 
 Il dott. Giorgio Falcon, Delegato Regionale dell’Unione Cattolica Farmacisti Italiani per il Veneto, ci invita a riflettere sulla delicata questione dell’obiezione di coscienza in farmacia
In quest’ultimo periodo si è tornato a parlare di obiezione di coscienza di medici e farmacisti, spesso con intenzione non troppo velata di demolire la legittimità e il valore di questo strumento, espressione di libertà e di civiltà, segno di rispetto per la vita umana.
Se per i medici l’obiezione è legalmente riconosciuta e il loro codice deontologico prevede una clausola di coscienza, per i farmacisti il suo riconoscimento sta seguendo una via lunga e tortuosa, non essendo assistiti ancor oggi da una vera tutela giuridica, né da regolamenti di principio. Nel febbraio 2011 il Comitato Nazionale di Bioetica ha approvato, a maggioranza, un documento nel quale si esprime a favore dell’applicabilità dell’obiezione di coscienza per i farmacisti, sottolineando la sua fondatezza costituzionale. Tutti i membri del CNB, anche coloro che si sono dichiarati contrari al documento, hanno ammesso “l’assoluta correttezza deontologica ed etica del farmacista che invochi la clausola di coscienza”.
Peccato che la FOFI (Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani) in questi anni non abbia mai proferito considerazioni in questi termini e non sia prevista alcuna clausola di coscienza nel codice deontologico professionale, che solo afferma nell’art. 3: “Il farmacista deve operare in piena autonomia e coscienza professionale, conformemente ai principi etici e tenendo sempre presenti i diritti del malato e il rispetto della vita”.
Tutto questo non è sufficiente per avere delle vere e proprie tutele legislative: poiché vi sono altre normative che possono ostacolarne l’applicazione, l’obiezione di coscienza deve essere normata da una legge ad hoc, una legge che tuteli il farmacista obiettore per colmare quella lacuna con gli altri operatori sanitari che francamente è molto difficile da comprendere.
In generale l’obiezione di coscienza dei farmacisti non sembra destare grande interesse, ma a ben vedere vi sono degli aspetti che dovrebbero essere valutati attentamente.
Il farmacista svolge il proprio ruolo professionale in un ambiente pubblico, a stretto contatto con il paziente-cliente che ha di fronte, rapportandosi con le altre persone presenti nella farmacia. Anche nel rispetto della privacy, il suo comportamento nel ruolo professionale che esplica, è costantemente sotto lo sguardo e il giudizio dell’interlocutore e di tutti i presenti. Il rapporto con il paziente non potrà mai essere completamente privato e le sue azioni saranno sempre assolte sotto gli occhi di tutti. In quest’ottica l’obiezione di coscienza, che ha un particolare significato di testimonianza di fede e di rispetto per la vita umana, può assumere una valenza maggiore proprio perché svolta in pubblico, in un luogo di vitale importanza per la salute dei cittadini.
Invece il rapporto tra paziente e medico è esclusivamente personale, strettamente privato e confidenziale, svolto lontano dagli sguardi di estranei. Questo permette un’obiezione di coscienza accompagnata da un’informazione più diretta ed esaustiva che ne rappresenta la caratteristica peculiare.
Da quanto detto è facile capire che gli ambiti di applicazione dell’obiezione di coscienza di medici e farmacisti sono diversi, perché differenti sono i ruoli, ma il loro contributo può diventare complementare e rafforzarsi reciprocamente.
La vita umana non ha prezzo e così salvare anche un solo bambino rappresenta uno scopo da perseguire senza arretrare e senza compromessi, cercando la collaborazione, non il conflitto. “Quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza” (Papa Francesco).

di Giorgio Falcon

Fonte: Notizie Pro Vita
www.prolifenews.it

mercoledì 27 novembre 2013

SCIENZA & VITA: L’EUTANASIA DEI BAMBINI IN BELGIO E’ UNA PROSPETTIVA INTOLLERABILE

Comunicato n° 117 del 27 Novembre 2013 

SCIENZA & VITA: L’EUTANASIA DEI BAMBINI IN BELGIO
E’ UNA PROSPETTIVA INTOLLERABILE

“L’eutanasia è una pratica già non condivisibile quando riguarda soggetti adulti. L’idea di estenderla anche ai bambini è il segno più drammatico di una deriva etica e antropologica cui bisogna opporsi con forza”, commentano Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello, presidente e copresidente nazionali dell’Associazione Scienza & Vita.

“Il ‘pendio scivoloso’ che in questi anni ha portato una parte dell’opinione pubblica ad accettare passivamente modelli culturali legati al primato dell’autodeterminazione della vita, giunge alla sua massima espressione nel negare la dignità della vita ai bambini malati. E’ stato recentemente affermato che l’eutanasia per gli anziani malati è ‘una vergogna del nostro tempo’. Quale parola usare dunque per definire l’eutanasia dei bambini?”

“Come si può ritenere che un minore abbia piena facoltà di discernimento per scegliere in piena autonomia di giudizio una decisione che riguarda il porre fine alla propria vita, soprattutto quando fiaccata dalla sofferenza della malattia? Andrebbero piuttosto potenziate le terapie palliative e antalgiche, oltre che auspicare come tutta la società civile si debba attivare per fornire un reale sostegno al piccolo paziente e alla sua famiglia”.



Associazione Scienza&Vita
Lungotevere dei Vallati 10, 00186 Roma
tel.: 06.6819.2554 fax: 06.6819.5205
e-mail: segreteria@scienzaevita.org

martedì 26 novembre 2013

Gravidanza: "il corredino invisibile agli occhi"





di Anna Fusina


La lista perfetta delle cose da acquistare prima della data presunta del parto non sempre racchiude quanto è "invisibile agli occhi". Siete sicuri che il "corredino" sia tutto pronto? Cosa serve davvero? Cosa non troverete in farmacia ad ogni ora della notte?

"Il corredino invisibile agli occhi"
è il titolo della giornata di spiritualità con il cinema per coppie in attesa in programma sabato 30 novembre dalle 9.30 alle 17.00 a Villa Immacolata di Torreglia (Padova).
Gli accompagnatori ed animatori di questa proposta sono: Arianna Prevedello, responsabile progetti dell'Ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi di Padova, don Marco Sanavio, direttore dell'Ufficio Comunicazioni Sociali e don Federico Giacomin, direttore di Villa Immacolata di Torreglia (Padova).

Ne parliamo con Arianna Prevedello, mamma ed esperta di cinema mediato in percorsi pastorali e formativi.

- Come è nata l'idea di questa iniziativa?
Arianna Prevedello: L'idea dell'iniziativa nasce dal desiderio di valorizzare spiritualmente uno dei periodi più significativi e più predisposti all'accoglienza del mistero della trascendenza.
Una mamma che sperimenta nel suo corpo il dilatarsi e il ritrarsi dei tessuti grazie all'esuberanza della vita tocca con mano quanto la creazione sia una vicenda meravigliosamente descrivibile e al contempo indicibile.
Occupandomi di pastorale e mezzi di comunicazione, qualche anno fa, durante la mia gravidanza, ho compreso quanto la Chiesa nella sua azione pastorale manchi spesso di percorsi di sostegno del tempo dell'attesa della coppia, un avvento dell'incarnazione che la famiglia si trova a sperimentare.
La medicalizzazione innegabile ed esasperata dell'esperienza in corso negli ultimi decenni rischia di anestetizzare le emozioni, i sentimenti, le percezioni che nutrono un'istanza di Dio mai così pregnante sia per la mamma che la ospita che per il papà che la affianca, con rinnovato stupore nei confronti dell'amata. 
Ci spiegano che c'è la necessità di informarsi sull'epidurale, l'urgenza di scegliere il set di passeggini, ovetti, seggiolini, l'importanza di misurare il diabete gestazionale che imperversa come un fantasma. Ci controllano il peso perché il nostro benessere fisico non vada perso...
Certo,  tutto sano, ma in tutto questo "rumore" esterno c'è un mondo interiore molto più importante (le risorse della vita che ospita e della vita che giunge) che rischia di essere lasciato nella solitudine e anche distratto, non rispettato nella sua pienezza.
Noi vorremmo prenderci a cuore questa prospettiva sapendo che la spiritualità cristiana e la Bibbia hanno un tesoro sapienzale che può mettersi a servizio di questa "custodia del creato".

- A chi è rivolta questa esperienza?

Arianna Prevedello:  L'esperienza è rivolta alle coppie in attesa che si trovano in qualsiasi periodo della gravidanza. Non è mai troppo presto per attivare questa sensibilità e al contempo non è mai troppo tardi per dedicarsi ad un momento di questo tipo. Le coppie che si iscrivono sono al primo figlio, ma anche al secondo, sono ai primi mesi come agli ultimi della dolce attesa. E si attende in due, in modo diverso sia dal punto di vista fisico che psicologico, ma allenarsi ad attendere insieme, spiritualmente abbracciati, costituisce  già una contrazione che faciliterà la venuta al mondo.
- Quali  obiettivi si propone la vostra nuovissima iniziativa?
Arianna Prevedello: L'esperienza che proponiamo mira a rendere consapevoli delle risorse che la coppia possiede per attendere,  dare alla luce e  sostenere l'avvio di questa nuova bella notizia. L'uomo e la donna nel loro amore, nella loro temperanza e fortezza hanno delle agilità, delle competenze, delle scialuppe insostituibili da ogni latte in polvere, tettarella, medicina... Ancora troppo poco viene dilatata la capacità di vita delle persone e troppo e costantemente, invece, viene stimolata anche consumisticamente la nostra debolezza. Su questo il Vangelo ci può aiutare a rafforzarci con le sue parole cariche di vita. La vita va sostenuta e possiamo ritrovare le parole per farlo anche pastoralmente. Quella vita che sta cambiando il mondo va attesa anche dalla Chiesa!
- Come è organizzata la giornata che proponete?
Arianna Prevedello: La giornata... Nn sveliamo tutto.... Ma avrà momenti di visione, di provocazione, di ascolto di sé,  di contemplazione, di dialogo di coppia, di attesa... Per partorire ci si può allenare in tanti modi!
-  Utlizzerete Il cinema per parlare alle coppie in attesa di un bambino?
 Arianna Prevedello:Il cinema ha raccontato in tanti modi il venire al mondo, inoltre esso è ricco esteticamente della prospettiva corporea, dei sensi, dell'ascolto che sono tutte dinamiche fondamentali per il tempo dell'attesa e della maternità/paternità. E poi aiuta a vivere una fase proiettiva importante per ogni processo formativo.


Arianna Prevedello è Responsabile progetti Ufficio comunicazioni sociali e Servizio assistenza sale della comunità della diocesi di Padova. E' inoltre Direttore artistico MPX - Multisala Pio X di Padova. Scrive di cinema per alcune riviste pastorali. Ha pubblicato alcuni libri per bambini e genitori sulla media education relativamente a Tv e cellulare e di recente, con F. Giraldo, ha  curato il libro "La fede nel cinema. Inquietudini e speranze in 14 film"- Ed. Effatà. Coordina un'agenzia di animazione culturale con il cinema in prospettiva pastorale e formativa denominata "Cinema in prospettiva".
Per informazioni ed iscrizioni:
Tel 049 8771759
infoucs@diocesipadova.it  
 


domenica 24 novembre 2013

Nasce un nuovo gruppo contro l'eutanasia in Europa



Sta crescendo la preoccupazione per la costante espansione dei limiti all'eutanasia in Belgio. Il parlamento belga sta attualmente valutando la possibilità di estendere il diritto all'eutanasia a bambini e dementi, scatenando un notevole dibattito sulla questione a livello locale e internazionale. Una risposta è rappresentata dalla formazione della Euthanasia Prevention Coalition Europe. Il coordinatore, un attivista gallese per i diritti dei disabili, Kevin Fitzpatrick afferma:

“Il Regno Unito, la Francia e la Germania stanno attualmente esaminando la questione, ma le giurisdizioni in cui l'eutanasia e il suicidio assistito sono legali, come il Belgio e l'Olanda, dimostrano senza ombra di dubbio quanto velocemente e facilmente l'eutanasia si sta estendendo a varie categorie, in particolare a disabili e persone anziane. Casi clamorosi in questo senso hanno provocato una grande indignazione internazionale, fino a considerare il Belgio come il nuovo leader mondiale nell'utilizzo dell'eutanasia nei confronti di coloro che hanno disabilità e problemi di salute mentale.”

Il gruppo ha recentemente tenuto una conferenza stampa al Parlamento europeo a Bruxelles, seguita da una discussione tra il dottor Jan Bernheim, un oncologo belga che è stato determinante nella legalizzazione, e Alex Schadenberg, canadese e capo dell'Eutanasia Prevention Coalition.

BioEdge

Fonte: novaeterrae.eu

sabato 23 novembre 2013

Bimbi mai nati: un sito per i bimbi mai nati e i loro genitori


Ci chiamiamo Elisa e Luigi e siamo genitori di un bimbo mai nato: nell’estate 2011, infatti, aspettavamo il nostro bambino che però, purtroppo, alla 9° settimana di gestazione ha smesso di crescere ed è morto.
L’arrivo di Francesco – così abbiamo deciso di chiamarlo, anche se era troppo “piccolo” per conoscerne già il sesso – è stata una gioia immensa e, quando abbiamo saputo della sua morte, ci è crollato il mondo addosso.
Nei giorni che hanno preceduto  il “raschiamento” (revisione della cavità uterina), reso necessario dall’aborto spontaneo, abbiamo pensato che non volevamo che finisse tra i rifiuti ospedalieri: anche se grande solo pochi millimetri, per noi quello era nostro figlio, e volevamo seppellirlo per dargli un degno saluto e avere un posto dove andare a trovarlo.
Non avevamo mai sentito parlare di sepoltura degli embrioni ma, cercando su internet, siamo venuti a conoscenza del D.p.r. 285/’90 che consente, ai genitori che ne fanno richiesta, la sepoltura degli embrioni e dei feti morti entro le 20 settimane dal concepimento (oltre le 28 settimane di età gestazionale è obbligatorio seppellire il bambino mentre, se la morte avviene tra la 20° e la 28° settimana, qualora i genitori non richiedano la sepoltura del feto, questa può comunque essere fatta, a discrezione dell’ospedale).
Attivare la procedura per ottenere la sepoltura di Francesco non è stato facile, a causa delle poche informazioni sul tema e della scarsa conoscenza della legge da parte di molti medici.
Di grande aiuto ci sono stati il sito CiaoLapo, il Servizio Maternità Difficile della Comunità Papa Giovanni XXIII e la direzione sanitaria dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna (ospedale presso cui ho fatto il “raschiamento”) grazie alla quale, dopo varie peripezie, siamo riusciti a seppellire il nostro bimbo.
La sepoltura di Francesco è stato un gesto per affermare la sua dignità di persona, ma anche un grande aiuto nell’elaborazione del lutto: per noi, lui è il nostro angioletto e avere un luogo fisico, oltre che simbolico, dove portargli un saluto ci ha aiutati a recuperare, poco alla volta, il sorriso.
Il cammino che, dal momento della morte ha portato alla sepoltura di Francesco, è stato complesso, ha comportato l’elaborazione interiore di temi e la gestione pratica di aspetti presentati nel sito alle pagine dedicate ai genitori dei bimbi mai nati e alla sepoltura degli embrioni e dei feti.
Durante il nostro percorso abbiamo incontrato alcune persone che ci hanno trattato con distacco, considerando il nostro bimbo come un semplice ammasso di cellule e svuotando la gravidanza di ogni aspetto emotivo e affettivo, ma abbiamo anche conosciuto tante persone straordinarie (personale sanitario, cimiteriale, ecc.) che, con grande umanità e delicatezza, ci hanno informati, orientati, accolti e rispettati nel diritto di scegliere come gestire la perdita del bimbo che aspettavamo.
Dopo questa esperienza riteniamo fondamentale che ogni genitore, nel momento in cui perde un bambino sotto le 20 settimane di età gestazionale, venga tempestivamente informato sulla possibilità di seppellirlo e sulle implicazioni emotive che il lutto in gravidanza comporta, affinchè ciascuno sia libero di gestire e vivere la perdita del proprio bambino nel modo che più corrisponde alla mentalità e alla sensibilità personali.
Con questo sito speriamo di offrire un valido supporto informativo ed emotivo ai genitori che vivono, per fatalità o anche per scelta, la perdita del loro bimbo durante i primi mesi di gestazione.

Elisa e Luigi

Fonte: bimbimainati.org

mercoledì 20 novembre 2013

Le cose viste con Letizia. Storia di una ragazza affetta da sindrome di Down (e delle sue splendide fotografie)

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Ha 22 anni, lavora in un asilo nido e scatta foto perché «i posti sono bellissimi». La sua prima mostra sosterrà la Fondazione dedicata a Jérôme Lejeune, scopritore della sindrome di Down. «Un medico che curava le persone come me»

«Devo venire con voi, se no il biglietto gratis non ve lo fanno». Nel weekend di debutto dell’ultima pellicola di Checco Zalone Letizia Morini è contesissima dai suoi familiari. I ragazzi Down al cinema entrano gratis e così la persona che li accompagna. Consapevole di essere la sola e unica titolare legittima del privilegio, Letizia si concede con misura. Del resto il weekend è il suo momento di svago. Quando stai tutta la settimana a lavorare in mezzo a bimbi di età compresa tra gli uno e i due anni, i sabati e le domeniche sono sacri, tempo libero da impiegare senza scocciature.
Maria Letizia Morini oggi ha 22 anni. Sua mamma Ester ha capito che aveva la sindrome di Down una mattina in ospedale a Pesaro. Prima, nel turbinio degli ormoni e delle emozioni del dopo parto, Ester era solo interdetta perché i medici non si decidevano a dimetterla mentre a casa l’aspettavano altre due bambine, Martina di 6 anni e Giovanna di 3. Tanta gente che veniva a trovarla, qualcuno, ricorda oggi, con una frequenza sospetta. Intanto lei, insegnante di storia dell’arte, guardava la sua Letizia scherzando sul fatto di non trovarla bellissima. Non che le importasse. Però c’erano tante cose che non tornavano quei giorni.
Poi una mattina Maurizio è entrato in stanza e sono bastati i suoi occhi rossi a capire: «È Down, vero?». Marito e moglie non hanno bisogno di parlarne. «È figlia nostra, la teniamo». Uscendo dall’ospedale Ester guarda l’amica Daniela: «Cosa farà quando io non ci sarò più?». «Non pensare a queste cose. Ci penseremo quando sarà ora. Vivi adesso, vivi il presente». «Che per me voleva dire – racconta oggi Ester –: fai tutto, una cosa alla volta».
Una cosa alla volta. E l’elenco non è diverso da quello di qualunque neogenitore. Il passeggino, il seggiolino per la macchina, i pannolini, il latte. E poi, certo, c’è quella parola che in casa continua a girare: Down. A pochi mesi di vita Letizia viene operata al cuore, come accade a quasi tutti i bambini nati con la sua stessa sindrome. Martina, 6 anni, un giorno va dalla mamma: «Down, non è solo una cosa che riguarda il cuore, vero?».
Ester e Maurizio aspettavano questo momento. La neuropsichiatra che li seguiva si era raccomandata: aspettate che siano le sorelle a porre il problema, vivete normalmente. Una cosa alla volta, appunto. «Vedi Martina, Down sono quei bambini con gli occhi un po’ distanti, la lingua particolarmente grande, l’alluce divaricato dalle altre dita dei piedi. E poi parlano più tardi degli altri, camminano più tardi degli altri». Martina li guarda sorridendo come a mandarli bonariamente a quel paese, con un modo di fare che ha ancora oggi: «Eh, esagerati! La Letizia mica è così!». «Lei non vedeva un elenco di difetti. Vedeva sua sorella».
Il 24 novembre Maria Letizia Morini inaugurerà, nel centro di Pesaro, la sua prima personale di fotografia. Circa un centinaio di immagini selezionate e preparate con l’aiuto dei genitori, delle sorelle e degli amici. Ci sono Caltagirone, il porto di Pesaro coperto dalla neve, coppie di amici di famiglia, coltelli, tanti particolari di cibo. E ancora: piedi, medicine, interni di borse. Perle estratte da un archivio di circa 7 mila immagini. Si occupa lei di trasferire le foto dalla macchina al computer, mamma Ester non è capace. Non guarda spesso i frutti del suo lavoro, quello che le interessa è il momento dello scatto.
Il babbo e la Canon nuova
Se le si chiede il perché di questa mostra, che comunque la inorgoglisce non poco, risponde: «Le foto le faccio io e i posti sono bellissimi. Io amo fare le fotografie, me lo ha insegnato il babbo». Quel babbo che un giorno è tornato a casa con una Canon da 600 euro. Era stata Letizia a insistere: la macchinetta digitale della cresima delle sorelle non le bastava più. «E c’era bisogno di spendere così tanto?». Ester si arrabbia: va bene tutto ma come si fa? Non ne vale la pena. Come se in casa si navigasse nell’oro. E se poi le cade?
In tutti questi anni la Canon non è mai caduta. Letizia se la porta dietro dappertutto. C’è anche chi le ha chiesto di fare foto al proprio matrimonio, ma lei accetta l’ingaggio solo per la festa. «In Chiesa le foto non si fanno», sentenzia.
Dal 2008 lavora in una scuola paritaria della città, La Nuova Scuola, l’istituto che ha frequentato lei stessa con un insegnante di sostegno fin dall’asilo. Dopo il diploma di scuola media si poneva il problema di cosa fare. I suoi amici andavano al liceo, le uniche scuole attrezzate per accogliere una persona come Letizia erano l’istituto d’arte e l’alberghiero. Non era quello che cercavano. Così Ester e Maurizio cominciano ad interessarsi per un lavoro. La collaborazione con gli assistenti sociali si interrompe quando l’unica proposta che arriva è quella di frequentare una scuola per disabili. Poi ecco, inaspettata, la proposta de La Nuova Scuola: un lavoro all’asilo nido.
Letizia entra come aiuto bidella e dopo tre anni diventa aiutante delle maestre. Porta i bimbi al bagno, li imbocca al momento del pranzo, li consola quando piangono, consegna loro le giacche e li restituisce ai genitori alla fine della giornata. Lei, che generalmente con la memoria ha un po’ di problemi, sui nomi dei bambini e quelli dei rispettivi genitori non ha mai un’esitazione. Quando glielo si chiede risponde che il lavoro le piace, è impegnativo. I colleghi? Alcuni le vanno a genio, altri meno. Non manca di dire la sua anche sull’educazione dei bambini.
Letizia ama parlare da sola. Una volta Ester l’ha trovata impegnata in una lunga conversazione con se stessa all’asilo e l’ha sgridata. «Può farlo in casa, è una cosa che la rilassa, ma durante il lavoro no». Lei e Maurizio su questo sono categorici. Un giorno Ester va a prenderla alla Nuova Scuola. Arrivando sente la voce inconfondibile della sua ragazza. «Ecco, ci risiamo», pensa mentre corre verso l’aula. Ad ogni passo la rabbia monta, i nervi si tendono. Ester è pronta a esplodere quando apre la porta e trova Letizia che arringa una ventina di bambini. Seduti, immobili, nessuno fiata. Diavoletti sotto il metro trasformati in agnelli mansueti.
Il libro e la Fondazione Lejeune
«Durante la mostra venderemo un libro con le foto di Letizia – spiega la famiglia Morini – e il ricavato andrà alla fondazione Lejeune». «Ti ricordi chi era Lejeune?». «Uno che aveva una figlia come me, vero?» «Non proprio. Curava i bambini come te e li trattava tutti come suoi figli. Abbiamo visto una foto del dottore insieme a una bambina Down che ti somigliava tantissimo. Tant’è vero che la guardavi e dicevi: “è uguale a me”». In effetti l’idea di organizzare le foto di Letizia in una esposizione è nata dopo l’incontro con la figura del genetista francese scopritore della sindrome di Down, conosciuto tramite la mostra dedicatagli dal Meeting di Rimini nell’agosto dello scorso anno e portata pochi mesi dopo a Pesaro.
«Non c’era mai stata una risposta così forte della città a una mostra del Meeting. Sono venute autorità e gente comune, anche diverse classi di scuole statali che per la mostra di Letizia hanno scritto dei testi bellissimi», spiega Ester. «Non c’erano solo genitori di bambini disabili, ma chiunque. Io credo che sia una cosa che interessa perché su questi ragazzi c’è un margine di bellezza straordinario».
La “letteratura” sul tema dice che offrire tanti stimoli a un Down è fondamentale per la sua crescita. Dal nuoto all’ippoterapia. «Tutte cose buone e utili ma la cosa che ci ha aiutato di più è stata la neuropsichiatra da cui ci siamo recati per due anni una volta ogni due mesi. Ogni volta ci chiedeva come stavamo io e Maurizio, come andavano le cose tra noi. Se parti dallo stimolo che devi dare al bambino non ne esci più. Esattamente come accade con qualunque altro figlio».
Per inaugurare la mostra Letizia progetta un bel rinfresco. Ci devono essere pizzette, acqua e prosecco per tutti. Alle feste tiene molto. Il suo compleanno, il 17 aprile, è un evento con tema diverso ogni anno, agli ospiti è richiesto un certo grado di eleganza. Lo stesso che lei tiene per se stessa, con la passione per i vestiti e la minuziosa cura del corpo che ha imparato dalle sorelle. Per il giorno del rinfresco della mostra sarà previsto uno strappo alla dieta. La dieta di Letizia non si perde nell’identificazione di carboidrati e proteine ma draconianamente prevede una divisione a metà di tutto ciò che il suo vorace appetito le fa venire in mente: «Invece di mangiare una pizzetta ne mangio metà oppure solo il primo o solo il secondo». Ciononostante l’esame periodico della pancetta la fa esplodere nell’ormai proverbiale esclamazione: «Maledetta piadina!».
«È vero, siamo dei privilegiati»
La mostra del Meeting di Rimini su Jerome Lejeune, a Pesaro, è stata accompagnata da raccolte fondi e un incontro con il dottor Pierluigi Strippoli, professore di Biologia applicata all’università di Bologna e responsabile del laboratorio di Genomica dell’ateneo. Lavorando sulla strada di Lejeune, Strippoli è convinto che prima o poi la trisomia 21 si potrà curare. «Della cura per questi ragazzi non si parla mai», osserva Ester notando che le scoperte più note sono quelle che permettono l’identificazione precoce e magari con metodologie non invasive dell’anomalia, preludio, spesso, all’eliminazione precoce del malato. «Dopo che era nata Letizia incontrammo don Giussani che ci disse: sono bambini capaci di chiedere amore, consideratelo un grande privilegio. Non ci ha detto che sono bambini che possono migliorare, che vanno stimolati. Anni dopo, lui era già molto avanti negli anni, si è commosso quando gli abbiamo detto che aveva ragione: siamo dei privilegiati».
Se c’è una battaglia, in questa casa addossata al porto di Pesaro dove tutto ha il passo misurato della normalità, è quella per togliere il recinto intorno alle persone come Letizia. Uno dei cognati di Letizia lavora in una comunità per disabili in cui ci sono anche ragazzi Down. Ogni tanto Letizia si offre di dargli una mano. Come operatore, ovviamente.

di Laura Borselli

Fonte: tempi.it

lunedì 18 novembre 2013

"La questione del gender tra natura e cultura"

Convegno interdisciplinare di studio organizzato martedì 19 novembre dall'Istituto "Mulieris dignitatem" per lo studio dell'unidualità uomo-donna




Roma, 16 Novembre 2013 (Zenit.org) |

La questione del genere è senza dubbio uno degli ambiti di maggiore dibattito e confronto all’interno della cultura e della società contemporanee. Al di là delle specificità dei molteplici approcci, uno dei nodi della questione riguarda il rapporto (nella costruzione dell’identità personale) tra la datità bio-narrativa, ricevuta da altri, e la libertà individuale, che da un lato orienta la datità stessa ma che dall’altro è anche plasmata da quest’ultima, in particolare proprio nella possibilità dell’esercizio delle sue funzioni. In altre parole, il presente convegno intende offrire un contributo alla discussione del rapporto tra creatività personale nell’edificazione della propria soggettività e le componenti biologiche, psicologiche, storiche e sociali che ciascuno di noi è. Sono esse solo un vincolo per la libertà, qualcosa che va a tutti i costi superato (grazie agli sviluppi tecnici, psicologici, medici, ecc.) o sono delle possibilità, dei doni da accogliere affinché la persona raggiunga la propria pienezza, in una relazione di libera accoglienza e adesione al dono che ognuno di noi è per se stesso, in quanto regalo di altri?
Il convegno, alla luce dell’antropologia cristiana e di un esercizio della riflessione teoretica e pratica illuminato dall’accoglienza della rivelazione di Colui che è l’uomo perfetto, il Signore Gesù Cristo (GS 22), intende entrare in questo dibattito facendo proprie le parole di papa Francesco nella sua enciclica Lumen fidei (34), da lui stesso ripresa nella recente lettera a Eugenio Scalfari: «Poiché la verità testimoniata dalla fede è quella dell’amore “risulta chiaro che la fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro. Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti”» (Papa Francesco). 
APPUNTAMENTO
Martedì 19 novembre 2013, alle ore 16,00, nell’Aula Sisto V della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” –Seraphicum, Via del Serafico, 1 – 00142 Roma
PROGRAMMA
Saluto e introduzioneDomenico Paoletti
Preside della Pontificia FacoltàTeologica “San Bonaventura”, Roma
RELAZIONI
Sesso, genere e antro-poiesi: tra antropologia e dirittoFrancesco D’Agostino
Università Tor Vergata, Roma
Amare nella differenza. Linee di una teologia del corpoLivio Melina
Preside del Pontificio IstitutoGiovanni Paolo II, Roma
La differenza sessuale: dato costitutivo della psicologia umana. Considerazioni per una psicologia del genere ai tempi dell’identità liquidaMaria Beatrice Toro
Università Lumsa, Roma
MODERATORE
Roberto Tamanti
Pontificia Facoltà Teologica“San Bonaventura”, Roma

domenica 17 novembre 2013

Sindrome di Down, tutte le tutele

Press-IN anno V / n. 2566

Il Corriere della Sera del 17-11-2013

Sindrome di Down, tutte le tutele

Il sito dell'Associazione Italiana Persone Down (www.aipd.it) è un punto di riferimento per le famiglie, per gli operatori sociali, sanitari e scolastici. Nella sezione «La sindrome di Down» si trovano informazioni su come viene diagnosticata, come crescono e che cosa possono fare le persone che ne soffrono e sono consultabili opuscoli su riabilitazione ed educazione. Lo «Sportello informativo» è dedicato ai temi di maggiore interesse per le persone con sindrome di Down e le loro famiglie: dall'integrazione scolastica, all'inserimento lavorativo; dai percorsi per l'autonomia, ai diritti. Oltre a reperire notizie aggiornate, si possono formulare quesiti ai servizi di consulenza su diverse tematiche: «Autonomia», «Lavoro», «Scuola», «Aspetti medici», «Diritti e agevolazioni»; in quest'ultima sezione si trovano schede scaricabili relative agli aspetti assistenziali e di tutela. Sempre in home page, nell'area «Telefono D online», cliccando su «Domande e Risposte» o su «FAQ», sono disponibili le indicazioni su come inoltrare i quesiti e si possono anche leggere alcune domande ricorrenti e le rispettive risposte.

sabato 16 novembre 2013

Il concepito è "Uno di Noi"

Il Presidente della Commissione per gli Affari costituzionali del Parlamento Europeo risponde agli appelli del beato Giovanni Paolo II




Cracovia, 16 Novembre 2013 (Zenit.orgAntonio Gaspari 

“Sono commosso di parlare qui a Cracovia, in una sala a fianco della Chiesa della Misericordia, una città dove è stato vescovo Giovanni Paolo II”.
Così l’onorevole Carlo Casini ha iniziato ieri il suo intervento all’Incontro europeo dei movimenti per la vita e per la famiglia, che si sta svolgendo a Cracovia.
L’iniziativa dei cittadini  europei “Uno di Noi”, ha spiegato il Presidente del Movimento per la Vita, è la risposta alla domanda che Giovanni Paolo II rivolse al mondo intero l’8 settembre 1984 a Vaduz, capitale del Principato del Liechtenstein.
Disse il beato Karol Wojtyla: “io vi chiedo che il concepito sia considerato un uomo a tutti gli effetti”
Ebbene, con l’iniziativa europea “Uno di Noi” abbiamo risposto: “Si, Santo padre il concepito è Uno di Noi”.
Dopo aver ricordato che i cittadini italiani hanno contribuito alla raccolta firme con più di  633.000 adesioni, Casini ha precisato che le firme erano molte di più, ma un gran numero erano certificate con la patente come documento di identità, e in questo caso la patente di guida non ha valore identificativo.
Per evitare equivoci, il comitato italiano dell’iniziativa “Uno di Noi” ha selezionato solo le firme certificate con la carta d’identità o il passaporto.
Il Presidente della Commissione per gli Affari Costituzionali del Parlamento Europeo, ha spiegato che proprio come sostenitori della cultura della vita, con l’iniziativa “Uno di noi” si è voluto “fermare il finanziamento della distruzione della vita”.
A proposito del bambino concepito, Casini ha ricordato che il Comitato Nazionale di Bioetica, presieduto dal professor Francesco D’Agostino e con voto unanime ha sottolineato di “riconoscere il dovere morale di trattare l’embrione umano come una persona”. 
“Il Papa venuto da Cracovia è stato un gigante nella difesa della vita”, ha sottolineato Casini, per questo – ha rilevato - che “bisogna riscoprire l’anima dell’Europa”.
Riprendendo le parole che il Papa polacco disse al Movimento per la Vita Italiano nel novembre 1987, Casini ha ricordato: “l’Europa di domani è nelle nostre mani” per questo “Siate degni di questo compito. Lavorate per restituire all’Europa la sua vera dignità quella di essere luogo dove ogni persona è accolta nella sua incomparabile dignità”
L’eurodeputato spagnolo Jaime Mayor Oreja è intervenuto per spiegare come è necessaria una grande cultura per la vita per convincere chi vuole fare dell’aborto un diritto.
Stiamo vivendo tempi nuovi, ha detto Mayor Oreja, e abbiamo bisogno di unire le nostre voci, unità di azione ed una strategia europea.
Esattamente come è stato fatto per l’iniziativa “Uno di Noi”.
L’eurodeputato spagnolo ha sollecitato un’alleanza tra i rappresentanti politici, i mezzi di comunicazione e le associazioni ed i gruppi che si battono per la promozione della vita e della famiglia.

I movimenti per la vita uniscono l'Europa

A Cracovia l'incontro degli organizzatori della raccolta di firme "Uno di Noi" nei 28 paesi dell'Unione Europea




Cracovia, 15 Novembre 2013 (Zenit.orgAntonio Gaspari

Per un anno intero i movimenti per la vita e per la famiglia si sono mobilitati al fine di raggiungere gli obiettivi dell’iniziativa conosciuta come “Uno di Noi”.
L’iniziativa dei cittadini europei “Uno di Noi” chiedeva alle istituzioni Europee, Commissione e Parlamento, di riconoscere la vita fin dal concepimento, non utilizzare fondi europei per sostenere le associazioni che promuovono l’aborto in Europa e nel mondo e, allo stesso modo, non utilizzare il denaro dei cittadini europei per finanziare ricerche mediche che violano la dignità della vita nascente.
Le istituzioni europee riconoscono le legittimità delle richieste solo se almeno un milione di cittadini di almeno sette paesi dell’Unione le sottoscrivono
In un anno i movimenti per la vita europei hanno raccolto più di un milione e 800 firme nei 28 paesi dell’Unione e 20 paesi hanno superato la quota richiesta dalla Commissione.
Nei giorni 15, 16 e 17 novembre i delegati dei movimenti di ogni Paese che ha contribuito a questo incredibile risultato, si sono riuniti a Cracovia per fare il punto sui risultati dell’iniziativa e per riflettere su come dare una forma di rappresentanza ai cittadini europei che hanno sottoscritto “Uno di Noi”.
Un grande successo, che ha stupito gli stessi organizzatori. Molti all’inizio erano scettici e temevano di non riuscire.
Gregor Puppinck, Presidente del comitato “Uno di Noi” ha detto che “quello che siamo riusciti a raggiungere è un miracolo”.
“La consegna delle firma raccolte – ha spiegato Puppinck - non è la fine di un cammino ma l’inizio di un processo per far sì che la voce di coloro che difendono la vita e la famiglia sia sempre presente “forte e chiara” nelle istituzioni europee”.
Puppinck ha sottolineato che è la prima volta nella storia che i movimenti per la vita europei si riuniscono insieme in un congresso ed ha rilevato la mobilitazione dei cristiani tutti, non solo cattolici ma luterani, evangelici e ortodossi.
“Possiamo raggiungere – ha concluso - un successo legislativo,  possiamo modificare la legge. Abbiamo delle aspettative nei confronti di Commissione e Parlamento e pensiamo che la nuova composizione del Parlamento Europeo sarà più favorevole alle nostre iniziative”.
Maria del Pino Ana Garcia Barrera, coordinatrice esecutiva di “Uno di Noi” ha detto entusiasticamente: “Con un milione e ottocentomila firme, siamo la prima iniziativa dei cittadini europei che ha raccolto un così alto numero di firme in così tanti Paesi”.
“È una vittoria degli europei che difendono i diritti umani e principalmente il diritto alla vita”.
“Il successo di “Uno di Noi” - ha concluso Ana - è un esempio della cultura della vita che unisce i popoli e le Nazioni”. 
 

I soldi degli europei non dovrebbero finanziare l'aborto

Alla riunione dei delegati di "Uno di Noi", l'eurodeputato polacco Konrad Szymanski indica la difesa della vita come via per l'integrazione europea




Cracovia, 15 Novembre 2013 (Zenit.orgAntonio Gaspari 

“Non utilizzate i fondi europei per sostenere gruppi o associazioni che promuovono e sostengono l’aborto in Europa e nel mondo”. Lo ha ribadito oggi l’eurodeputato polacco Konrad Szymanski, nel corso dell’incontro che vede riuniti a Cracovia i delegati dei movimenti per la vita e per la famiglia europei che hanno contribuito al successo dell’iniziativa Uno di Noi.
Szymanski ha esordito affermando che l’iniziativa “Uno di Noi” rivela che il cristianesimo è vitale ed è una delle parti più attive della vita sociale europea. “Anche se non accadesse più nulla - ha precisato - l’adesione popolare all’iniziativa Uno di Noi rappresenta un grande successo, soprattutto in direzione del processo di integrazione europeo”.
Secondo l’eurodeputato polacco, per alcuni gruppi più ideologizzati il successo dell’iniziativa creerà dei problemi, soprattutto nel punto in cui si chiede che non vengano più utilizzate le risorse dei cittadini europei per finanziare gruppi e associazioni che promuovono e sostengono l’aborto in Europa e nel mondo.
“In un momento di crisi come quello attuale, fa impressione vedere che mentre si chiedono sacrifici ai cittadini europei, poi si utilizzano quei fondi per non far nascere bambini e bambine” ha sottolineato Szymanski. “Uno di Noi – ha proseguito - non vuole influenzare i regolamenti dei paesi membri nei riguardi della vita umana ma tale iniziativa può rafforzare e garantire la difesa di diritti fondamentali come è quello della vita”.
“Bisognerà controllare bene le spese dell’Unione europea" ha aggiunto l’eurodeputato, perché "si vogliono utilizzare ingenti fondi anche per esperimenti sui bambini concepiti”. L’onorevole ha spiegato ancora che “questi esperimenti violano la dignità dei nascituri, e, in ogni caso bisognerebbe rifarsi al principio di precauzione così tanto invocato per tutte le ricerche scientifiche relative all’ambiente”.
L’ultimo punto toccato dall’eurodeputato riguarda il processo di integrazione. "Dobbiamo fare attenzione alla credibilità del processo di integrazione" ha affermato, perchè "in diverse parti d’Europa ci sono gruppi che non sono ancora convinti”. A tal proposito, il Parlamento Europeo "dovrebbe guardare con attenzione e interesse all’iniziativa Uno di Noi, perchè ha favorito l’unificazione di gruppi diversi per una Europa della vita”.  “E se il Parlamento pensa di rifiutare tale iniziativa – ha concluso Szymanski - dovrebbe essere cosciente che sta rifiutando le firme e la rappresentanza di almeno due milioni di europei”.

giovedì 7 novembre 2013

“Che cos’è l’uomo perché te ne ricordi?”. Genetica e natura umana nello sguardo di Jérôme Lejeune - Mostra e Convegno a Modena







La mostra Che cos’è l’uomo perché te ne ricordi? Genetica e natura umana nello sguardo di Jérôme Lejeune, curata dall’associazione Euresis, giunge a Modena per iniziativa di un gruppo di associazioni locali, col patrocinio dell’U.S.R. Emilia Romagna, del Comune e della Provincia di Modena, dell’Azienda USL e dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena, dell’Ordine dei Medici, e dell’Università di Modena e Reggio Emilia.
Sarà esposta a Modena:
- dal 9 al 16 novembre 2013 al Centro Servizi della Facoltà di Medicina (presso il Policlinico), visitabile dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 20, sabato 9 e domenica 10 dalle 15 alle 19 e sabato 16 dalle 9 alle 13;
- dal 18 al 20 novembre presso l’ITIS Corni, dal 21 al 23 novembre presso il Liceo Tassoni, visitabile per il pubblico nelle ore pomeridiane.
All’interno del percorso un convegno con Fabrizio Ferrari, Direttore della Struttura Complessa di Neonatologia del Policlinico, Pierluigi Strippoli, docente di biologia e genetica presso l’Università di Bologna, e Liliana Guerra, neuropsichiatra infantile dell’Ausl di Modena; il convegno si terrà martedì 12 novembre alle ore 17 sempre nel Centro Servizi al Policlinico di Modena, a tema lo stato della ricerca sul cromosoma 21 e il contributo di Jerome Lejeune alle attuali tecniche di analisi genetica.
Le Associazioni coinvolte.
Mete Aperte di Sassuolo formata prevalentemente da genitori di bambini con la sindrome di down, uniti per condividere e confrontare percorsi di vita e strategie educative. L’associazione è fortemente convinta delle potenzialità di ogni individuo e cerca di promuovere, attraverso diverse iniziative e con la testimonianza, una nuova cultura della persona umana.
Le altre associazioni: il centro culturale La collina della poesia di Modena, associazione che si occupa di cultura realizzando iniziative di approfondimento, sulla società, sul cinema, il teatro, la poesia e la letteratura; Medicina e Persona di Modena, associazione attenta ai temi e agli ambiti di cura medica e di salute della persona; il Centro di Aiuto alla Vita di Sassuolo, per la promozione della vita e il sostegno delle famiglie in difficoltà; Morphè di Carpi, un centro attento all’inserimento lavorativo della persona attraverso percorsi di formazione continua; lo Study Point, associazione modenese di aiuto allo studio dei ragazzi di scuola superiore; e lo Student Office, associazione universitaria di incontro e promozione dello studio edella vita universitaria attiva.
Perché la mostra dedicata a J. Lejeune.
Abbiamo incontrato la mostra al Meeting di Rimini del 2012 e ci ha colpito l’avventura umana e scientifica di Jérôme Lejeune, genetista e pioniere della citogenetica, scopritore del nesso tra sindrome di Down e trisomia 21.
Nella mostra viene descritta la figura dello scienziato francese, la profonda cultura e la genialità che lo contraddistinguono, e ancora di più la sua posizione di fronte alla novità di ciò che via via andava scoprendo. L’intelligente attenzione di Lejeune alle malattie genetiche (in particolare alla trisomia 21), e gli eccezionali progressi da lui avviati in tale ambito di ricerca, emergono come frutto del suo interesse profondo per ciò che studiava, suscitato da una sincera e concreta passione per le persone e i pazienti che Centro Culturale “La Collina della Poesia”, via don Zeno Saltini 290/5, 41123, Modena, C.F.: 94002350364 email: lacollinadellapoesia@libero.it – tel. 3939556868 incontrava.
La posizione umana di Lejeune ha un’evidente portata conoscitiva e scientifica, una posizione inestricabilmente connessa con la sua esperienza di fede cristiana, tanto da ricoprire per incarico di Papa Giovanni Paolo II la presidenza della Pontificia Accademia per la Vita.
La sua attività di medico e ricercatore appare mossa da un esubero, un “di più” che preme: l’aver incontrato dietro e dentro la patologia delle persone vere lo ha convinto a prendere nettamente posizione a favore di ogni singola persona umana, per quanto sofferente questa potesse essere. Nei suoi piccoli pazienti Lejeune ha sempre riconosciuto il desiderio di compimento che animava anche lui, e la possibilità di una vita comunque e misteriosamente piena e ricca. Pur constatando che le sue scoperte iniziavano ad essere utilizzate in una direzione che egli non poteva accettare, Lejeune non ha mai smesso di fare ricerca nella speranza di individuare una terapia per i bambini affetti da patologie genetiche (è in questo ambito che emerge, ad esempio, l’intuizione della connessione tra acido folico e prevenzione della spina bifida).
A partire da questa affascinante figura di uomo, scienziato e medico, la mostra espone in modo rigoroso e puntuale alcuni tra i più recenti sviluppi della genetica, non nascondendo i radicali interrogativi da essi aperti rispetto agli scopi della genetica stessa e alle sue reali possibilità. Campeggia sullo sfondo la posizione di Lejeune sull’uomo: nessuno è definito dal suo limite; il patrimonio genetico, la malattia o la disabilità non sono mai la misura ultima di una persona.
I punti di interesse di questa mostra sono molteplici: la bellezza dello sguardo di Lejeune nei confronti dei suoi pazienti, la sua passione per la ricerca scientifica e l’intreccio tra i due aspetti; il modo in cui, a partire dalla sua testimonianza e seguendo gli sviluppi della genetica clinica, nella mostra viene messa a tema e indagata la natura umana con il suo inesauribile fondo di mistero.
Il convegno.
Ad ulteriore approfondimento dei temi scientifici e sociali della mostra, come detto il 12 novembre si terrà il convegno dal titolo “Stato della ricerca sul cromosoma 21. Il contributo di Jerome Lejeune sulle attuali tecniche di analisi genetica”.
Al convegno parteciperà il prof. Pierluigi Strippoli dell’Università di Bologna. Il prof. Strippoli da anni è impegnato nello studio e nell’analisi di biologia e genetica molecolare. Attualmente in Università è responsabile del Laboratorio di Genomica nel quale ha avviato e sviluppato ricerche volte allo studio del genoma umano e del cromosoma 21 umano, la trisomia della sindrome di Down, mettendo a punto e impiegando metodi di analisi bioinformatica, genomica e post-genomica.
Al convegno interverrà anche il prof. Fabrizio Ferrari docente di Neonatologia all’Università di Modena e Reggio Emilia, nonché direttore della Struttura Complessa di Neonatologia del Policlinico di Modena, che è stata recentemente riconosciuta primo centro Nidcap (Newborn Individualized Developmental Care and Assessment) in Italia. Si tratta di un innovativo programma di valutazione e cura personalizzata dello sviluppo del neonato prematuro, un programma che coinvolge la famiglia restituendole un ruolo essenzia le di assistenza accanto al bambino, 24 ore su 24.
Ad arricchire il momento interverrà la dott.ssa Liliana Guerra, neuropsichiatra infantile dell’Ausl di Modena, da sempre attenta ai temi legati alle disabilità fisiche e sensoriali dei ragazzi, protagonista di numerosi incontri sul tema a sostegno di ragazzi e famiglie.

Per ulteriori informazioni lacollinadellapoesia@libero.it tel. 3939556868 – monilaura@tiscali.it – tel. 3396314065

http://www.radiobruno.it/image/image_gallery?uuid=39a93d62-a761-49fd-a535-f05e331b5abd&groupId=10168&t=1383585306735

mercoledì 6 novembre 2013

La gioia dei genitori di Fabrizio, ragazzo down, che ha abbracciato Papa Francesco



Pubblicato in data 06/nov/2013
Anna Hakulinen e Fabrizio Granelli sono ospiti di Fabio Bolzetta nello spazio Arancio di Nel cuore dei giorni. Fabrizio è affetto dalla sindrome di down. Per Anna non è stato facile all'inizio accettare la malattia di Fabrizio, ma adesso è il centro della sua famiglia, colui che ha insegnato a tutti il valore dell'amore ed è stato segno tangibile della presenza di Dio. Il 4 ottobre, ad Assisi, Fabrizio è stato abbracciato da Papa Francesco.

SANITA' LAZIO: SAN RAFFAELE, CONGRESSO L'8 SU SINDROME DI DOWN

AGENPARL) - Roma, 5 nov - Sindrome di Down, anche detta Trisomia 21: i casi in Italia sono circa 38.000 e attualmente un bambino su 1.200 ne nasce affetto. Le anomalie cromosomiche interessano circa il 9% di tutti i concepimenti, ma solo lo 0,6% ne presenta una alla nascita a causa dell'altissimo tasso di aborti spontanei. La fotografia è scattata dall'IRCSS San Raffaele Pisana di Roma, il cui Dipartimento di Scienze delle Disabilità Congenite ed Evolutive, Motorie e Sensoriali promuove l'8 e 9 novembre a Roma un “Congresso internazionale sulla Sindrome di Down” presso la Domus Mariae di Palazzo Carpegna in Via Aurelia 481. Un appuntamento realizzato in collaborazione con l'International Association for the Scientific Study of Intellectual Disabilities (Iassid). Un focus sulla sindrome, dall’approccio riabilitativo a quello educazionale. Una due giorni per discutere, approfondire, valutare ed informare. Cambiare il modo di considerare la sindrome di Down: questo l’obiettivo del convegno capitolino, che, spiega il Prof. Giorgio Albertini, direttore del Dipartimento di Scienze delle Disabilita' Congenite ed Evolutive, Motorie e Sensoriali dell’Istituto, “muove da due aspetti fondamentali della ricerca internazionale. Da un lato occorre non considerare più solo il bambino nella prospettiva del suo diventare adolescente, adulto e, oggi, anche anziano, e dall’altro bisogna avvicinarsi allo sviluppo con una mentalità multidimensionale”. “E’ come osservare una persona sotto i suoi molteplici aspetti: l’aspetto biomedico, l’aspetto dello sviluppo motorio, l’azione comunicativo-linguistica, lo sviluppo cognitivo (che non è soltanto l’intelligenza in generale ma comprende anche le funzioni neuro psicologiche di base) così come la salute mentale. Altro obiettivo», precisa Albertini, «è quello di abbattere i luoghi comuni: ogni bambino down nasce con un suo patrimonio neuronale, ed è immerso nell’ambiente della sua famiglia, della scuola, del percorso riabilitativo, dell’integrazione sociale: tutti questi elementi contribuiranno a renderlo un individuo unico e irripetibile. Si tratta quindi di uscire, per così dire, dalla profezia per entrare nella logica della scoperta”. “Verrà infatti analizzato il rapporto tra cervello (inteso come genetica) e ambiente, tenendo conto che il cervello dell’uomo è programmato geneticamente per la plasticità, cioè per lasciarsi condizionare positivamente o negativamente dal contesto in cui si trova. Quindi in questo campo l’ambiente è quasi più importante dei supporti farmacologici”.”Nonostante il lavoro delle associazioni internazionali e delle associazioni italiane dei genitori», conclude Albertini, «purtroppo la prospettiva dell’integrazione lavorativa, o lo sviluppo delle case famiglia sono aspetti che vengono portati avanti più con la volontà delle associazioni che con il supporto delle istituzioni. In questo convegno vogliamo anche sottolineare l’importanza della ricerca non soltanto in campo biomedico ma anche nel campo riabilitativo, in modo da ridurre il gap tra le conoscenze teoriche e gli spazi applicativi”. Interverranno ospiti di fama internazionale, tra cui Karen Watchman (University of West Of Scotland); Ariel Tenenbaum (Direttore del Down Syndrome National Center, Hadassah University Medical Center, Jerusalem, Israel); Mary C. Hogan (National Task Group on Intellectual Disabilities and Dementia Practices).

Scritto da  aldri/com 

Fonte:agenparl.it