venerdì 5 agosto 2016

La pillola del giorno dopo può causare aborto. Dalla Spagna un'altra conferma.



 
 
di Anna Fusina
Uno studio condotto da un gruppo di scienziati spagnoli guidati dal Dr. Emilio Jesús Alegre del Rey e pubblicato dall'European Journal of Clinical Pharmacy ribadisce il potenziale effetto abortivo del Levonorgestrel, la pillola del giorno dopo.
Il Dr. Alegre del Rey è farmacista presso il Dipartimento di Farmacia all'Universitary Hospital di Puerto Real (Cadice) ed effettua studi da vari anni sulla cosiddetta "contraccezione d'emergenza".

- Dr. Alegre del Rey, quando inizia la vita?

R.: Inizia al concepimento, quando lo spermatozoo e l'ovulo formano lo zigote. Questa è una osservazione scientifica.


- Ci viene detto che la gravidanza inizia con l'impianto dell'embrione in utero. Si manipola la lingua per nascondere la realtà?

R.: Sì. Per esempio, è stato ripetuto fino alla nausea che la pillola del giorno dopo non è abortiva. Per affermare questo, si è ipotizzato che l'aborto ponga fine alla gravidanza e che quest'ultima inizi al momento dell'impianto dell'embrione in utero. Ma questo è un gioco di parole, che cancella la realtà.
In primo luogo, non è che la gravidanza inizi al momento dell'impianto, è che è a partire da lì che é possibile rilevarla. Ma in secondo luogo, e cosa ancora più importante, ciò che è eticamente rilevante non è la fine della gravidanza, ma la fine della vita di un essere umano. Pertanto, ciò che conta non è quando vogliamo dire che inizia la gravidanza, ma quando inizia la vita. La manipolazione del linguaggio ha un sacco di "magia": distoglie l'attenzione dagli ascoltatori allo scopo che essi non guardino al punto chiave della questione.
Tertulliano, già nel III secolo, ha detto: "Homo est qui futurus est" (se in futuro sarà umano, già lo è). Curiosamente, è interessante notare che questa osservazione semplice e saggia è anche un principio fondamentale della embriologia del XXI secolo.

- Il Levonorgestrel, la cosiddetta "pillola del giorno dopo" riduce le gravidanze di oltre l'80% quando assunto entro tre giorni dal rapporto sessuale?
Quali sono le conclusioni del vostro studio?

R. :
Il nostro studio si concentra sul meccanismo d'azione del levonorgestrel, la cosiddetta “pillola del giorno dopo”. Abbiamo confrontato i dati provenienti da diversi studi che sono stati pubblicati, applicando ad essi un'analisi quantitativa. Il risultato mostra che nella metà dei casi in cui le gravidanze erano state impedite assumendo il levonorgestrel, c'era stata stata la fecondazione, è stato concepito un embrione, ma il carico ormonale della pillola ha impedito all'embrione di continuare il suo processo di sviluppo, la sua vita.
- La pillola del giorno dopo è catalogata come mezzo di contraccezione di emergenza. Questo è quello che ci dicono i media e la versione scientifica "ufficiale"...

R. : Non c'è un vera "ufficiale" versione scientifica, ma diverse pubblicazioni sull'argomento. Nella scheda tecnica originale del levonorgestrel, all'inizio era stato riconosciuto a quest'ultimo anche l'effetto di impedire l'impianto. Due lavori scientifici puntavano nella stessa direzione (Fertil Steril. 2007 Sep;88(3):565-71. Epub 2007 Feb 22; Ann Pharmacother. 2002 Mar;36(3):465-70). Poi è stata diffusa una nuova versione del produttore e della FIGO (Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia), che non è indipendente.
Quest'ultima posizione, che ha negato l'effetto abortivo, si è basata su dati relativi agli studi su animali, il cui ciclo ormonale non ha nulla a che fare con quello della donna, e su uno studio su donne con nessuna validità statistica.
Abbiamo dimostrato che, con le evidenze attuali, nessuno può seguitare a negare l'effetto contragestativo, abortivo di questa pillola.
Un contraccettivo è un prodotto che impedisce il concepimento. Nel caso del levonorgestrel, è vero, ma è solo una mezza verità, letteralmente. Per l'altra metà il suo effetto viene esercitato impedendo ad un embrione esistente di continuare il suo sviluppo e la vita. Noi chiamiamo questo effetto "contragestativo", una parola che poche persone conoscono.

Dunque assumendo il levonorgestrel si possono verificare aborti embrionali. Perché i media non ci dicono nulla su questo?

R.: La disinformazione crea un falso senso di sicurezza. Si omettono informazioni-chiave per le utenti, che hanno il diritto di conoscere il potenziale effetto abortivo di questa pillola.
Il motivo per cui non venga fatta questa informazione penso sia in parte commerciale ed in parte ideologico. Si presume che le donne non abbiano bisogno di sapere, che a loro non importi sapere. Tuttavia, in uno studio effettuato su donne spagnole (dell'équipe di Jokin de Irala), è stato loro chiesto se avrebbero assunto quel prodotto sapendo che esso era abortivo. La maggior parte delle donne ha detto di no. Le donne che inconsapevolmente prendono quel prodotto e scoprono poi che si tratta di un abortivo, possono sentirsi ingannate e caricate ingiustamente di questo problema nella loro coscienza.
Quando la pillola è stata messa in commercio c'è stato un notevole rifiuto verso di essa; la scheda tecnica del levonorgestrel non ometteva il possibile effetto anti-annidamento, quindi abortivo. Così il prodotto ha avuto molte difficoltà ad essere diffuso, ed anche ad essere approvato nei paesi che proteggono la vita umana dal suo inizio, come l'America Latina. I produttori quindi hanno usato poi la strategia di negarne l'effetto abortivo, e fu modificata quindi la scheda tecnica del levonorgestrel.
Ora, anche i produttori di un altro “contraccettivo d'emergenza”, l'ulipristal acetato (EllaOne, la cosiddetta “pillola dei cinque giorni dopo”) sembrano aver imparato la lezione, e negano che esso abbia un possibile effetto abortivo. Tuttavia, è evidente che esso lo abbia, impedendo la gravidanza anche se preso cinque giorni dopo il rapporto. C'è bisogno solo di un po' di buon senso per rendersi conto che non è credibile che abbia solamente un effetto contraccettivo...

- Anche per il personale sanitario è necessaria una accurata e completa informazione su queste pillole…

R. : Certo. Per prendere qualsiasi decisione etica, sia individuale che collettiva, è prima essenziale avere le migliori informazioni scientifiche sul problema, senza pregiudizi di alcun genere. Il personale sanitario ne ha bisogno per due motivi: per informare correttamente gli utenti e per prendere le proprie decisioni etiche, e, se necessario, fare obiezione di coscienza.
Di questo era ben consapevole il genetista francese Jerome Lejeune: una buona etica parte dalla migliore informazione scientifica disponibile. Questa è la ragione del nostro lavoro. Dobbiamo fare in modo che questa informazione sia libera da condizionamenti commerciali, ideologici o da altri tipi di condizionamenti, né in un senso né nell'altro.
Nel nostro team collaborano ricercatori con diversi punti di vista, ma tutti cerchiamo di dimostrare la realtà, con il metodo scientifico.

- La pillola del giorno dopo è utilizzata principalmente da adolescenti, anche più volte. Quali ne sono le conseguenze ed i rischi?

R. : Gli studi clinici su questa pillola non li ha fatti l'industria farmaceutica, ma l'Organizzazione Mondiale della Sanità, con il denaro pubblico. Si pensò che potesse essere usata abitualmente, ma gli studi di sicurezza con somministrazioni ripetute sono stati disastrosi: frequenti gravi disturbi mestruali, mal di testa, problemi vascolari ... logico, perché per ottenere l'effetto suddetto con una singola dose, queste pillole contengono una quantità di ormone 10-20 volte superiore alla normale pillola contraccettiva quotidiana.
Così la pillola del giorno dopo è stata lasciata per somministrazioni eccezionali.
Chiunque utilizza ripetutamente questa pillola si espone ad un serio rischio.
Purtroppo in alcuni Paesi questo prodotto è stato approvato anche senza l'obbligo di prescrizione medica.
Volevo anche rilevare come l'uso esteso della pillola del giorno dopo non riduce le gravidanze indesiderate o gli aborti in termini reali. E 'qualcosa che è stato dimostrato in numerosi studi in diversi paesi, con la massima evidenza.

- La pubblicazione del vostro studio è stata respinta da diverse riviste scientifiche ....

R.: I primi due rifiuti ci hanno stimolati a migliorare l'articolo, la forma di esposizione dei risultati. Ma siamo rimasti un po' sorpresi che uno studio sullo stesso argomento, con le conclusioni contrarie, ma senza l'analisi statistica di base, fosse stato pubblicato senza problemi.
Abbiamo parlato con altri gruppi di ricerca che hanno avuto complicazioni come le nostre quando le conclusioni del loro studio non erano "politicamente corrette".
In realtà, ci sono state difficoltà in tutte le epoche. Tuttavia, questa è scienza, e per fortuna ci sono riviste che esaminano solo la qualità scientifica di ciò che viene loro inviato. Infatti, di recente ci è stata accettata la stessa nostra interpretazione in un'altra rivista.
Non si può coprire il sole con un dito.





sabato 21 maggio 2016

La Voce negli Occhi: un film sulla storia di Salvatore Crisafulli

















di Anna Fusina 

E' di imminente uscita "La Voce negli Occhi", un film che ripercorre la vicenda di Salvatore Crisafulli, entrato in stato vegetativo permanente per due anni a causa di un incidente, ma che poi si risveglia dal coma, riprende coscienza e comunica, rivelando che, contrariamente a quanto pensavano i medici relativamente alla sua situazione, lui sentiva e capiva tutto.

Ne parliamo con il fratello, Pietro Crisafulli, Presidente di Sicilia Risvegli onlus.


- Pietro, l'11 settembre del 2003 succede qualcosa che sconvolge la vita di suo fratello e di conseguenza di tutta la vostra famiglia...

Per Salvatore e per tutti noi famigliari e amici quella data, due anni esatti dopo l'attentato delle torri gemelle di Manhattan, è diventata il nostro 11 settembre per antonomasia, il giorno che ha rivoluzionato le vite di ciascuno di noi e ha segnato l'inizio di un lungo e penosissimo calvario, in un alternarsi di sofferenze, rese e ribellioni, diagnosi infauste o possibiliste, disperazioni e flebili speranze. 
 

- Per i medici Salvatore era in stato vegetativo permanente...

Esattamente. I medici che visitavano Salvatore dicevano che era in stato vegetativo permanente e che per lui non c’era niente da fare. A Innsbruck, in un istituto importante, che noi consideravamo la nostra ultima spiaggia, un famosissimo luminare studioso di patologie cerebrali estreme, quali il coma e lo stato vegetativo, sentenziò che Salvatore era affetto da sindrome apallica, ci disse anche che avrebbe vissuto al massimo 3-4 anni, ci disse che sarebbe morto. Quella diagnosi, quelle due parole, Apallisches Syndrome, hanno continuato a echeggiare nella mia mente per molti mesi, come un verdetto di resa senza condizioni, di condanna a morte. In pratica quel dottore ci disse che Salvatore non sarebbe mai più risvegliato e che sarebbe scivolato progressivamente verso la morte, ma di fatto, mentre lui pronunciava la sua sentenza di morte, mio fratello lo ascoltava, e capiva tutto. Non per niente, dopo, gli venne la febbre! 
 

- La vostra famiglia ha sempre pensato che si potesse fare qualcosa per Salvatore. Sua mamma Angela è sempre stata convinta che suo fratello capisse tutto, al 100%...

Salvatore capiva tutto, era cosciente. Lui sentiva i medici che dicevano che sarebbe morto e che i suoi gesti erano involontari. Lui, senza poter interagire, sentiva le profezie funeste dei medici, la forza irresistibile del nostro amore senza limiti, le lunghe battaglie disperate contro strutture sanitarie inaccessibili, costose e sorde alle mie proteste, anche la ribellione pubblica con la minaccia plateale di staccargli la spina.

Lui apriva e chiudeva gli occhi per attirare l'attenzione. Ma non serviva a niente. Un giorno mia madre, osservandolo attentamente, scoprì che Salvatore cercava di comunicare. Mi ricordo che siamo entrati nella sua stanza insieme a mia madre, i miei fratelli, mia moglie, i miei figli, ed un altro parente. Gli abbiamo chiesto di aprire e chiudere gli occhi per rispondere alle nostre domande. Gli dicevamo: “Salvatore, se ci senti apri gli occhi”. E lui eseguiva. Ci siamo messi insieme a piangere. Facevamo le prove con dei fogli scritti oppure colorati, lui con gli occhi indicava quello esatto.  


-Lei Pietro ha lottato per suo fratello con grande tenacia, ha bussato a tante porte...

Durante un anno e mezzo d'instancabili peregrinazioni e sacrifici umilianti, Salvatore, muto mendicante di cure e attenzioni, fu trasportato, in camper, nei migliori centri neurologici di mezza Europa, da Catania a Messina, dalla Toscana a Milano, dalla Svizzera all'Austria. Ma nulla, con quella terribile diagnosi di STATO VEGETATIVO PERMANENTE ovunque bussavamo per chiedere aiuto, ci veniva risposto con malcelata commiserazione che non c'era niente da fare, che ormai mio fratello era diagnosticato neuroleso cronico incurabile, quando non addirittura malato in fase terminale.

Nel marzo 2005 scoppiò il caso di Terri Schiavo, la ragazza americana in stato vegetativo da quindici anni. Lo scalpore suscitato dal caso Schiavo, che portava all’attenzione del mondo il dibattito sull’eutanasia, mi diede il coraggio di alzare la voce, di urlare pubblicamente che Salvatore non doveva essere abbandonato nei gorghi della malasanità, senza cure né assistenza, come una inutile pianta destinata ad appassire. Partecipai a trasmissioni televisive a forte impatto di ascolto, minacciai di staccare la spina a Salvatore, se non fosse stata soddisfatta la mia umanissima aspettativa. Sentivo nel mio cuore che il mio adorato fratello, dal profondo del suo pozzo di solitudine, mi chiamava, mi sentiva soffriva con me, mi incitava a vincere la sua impotenza e a comunicare al mondo la sua voglia di vivere.

Il mio appello non cadde nel vuoto, l'opinione pubblica era scossa, l’idea che un uomo in Italia potesse staccare la spina al fratello era intollerabile in quel momento storico, intervenne il Ministro della Salute. Salvatore pochi giorni dopo venne ricoverato in una struttura specializzata di Arezzo, dove fu verificato che noi familiari avevamo ragione: Salvatore capiva davvero tutto quello che gli accadeva intorno, era affetto dalla sindrome da incarceramento (Locked-In), di cui si sa molto poco. 
 

-La storia di Salvatore è diventata anche un libro "Con gli occhi sbarrati..."

«Voglio raccontare al mondo la mia esperienza. Voglio che tutti sappiano che cosa vuol dire vivere paralizzati su un letto, senza poter muoversi né parlare, con i medici che dicono che non capisci niente. Voglio farlo per aiutare me stesso, le persone come me e i loro familiari». Con queste parole, Salvatore ci chiese di aiutarlo a scrivere la sua storia in un libro. Così grazie anche alla giornalista Tamara Ferrari riuscimmo, dopo quasi un anno dal riconoscimento che Salvatore era cosciente, a scrivere il libro. Salvatore in quel momento riusciva a comunicare soltanto grazie a un computer, selezionando con gli occhi le lettere sullo schermo. Raccontare la sua storia non è stato facile. Comporre anche la più semplice delle parole richiedeva a Salvatore uno sforzo tremendo, perché doveva attendere che tutte le lettere dell'alfabeto scorressero davanti ai suoi occhi prima di poter selezionare quella che gli serviva. E così, ogni volta che gli rivolgevamo una domanda, passava anche un intera giornata prima che lui rispondesse. Soprattutto all'inizio quando, turbato dai ricordi, smetteva di scrivere e scoppiava a piangere. Da quel giorno Salvatore iniziò a raccontarci la storia impressionante di un malato precipitato in una dimensione esistenziale sconosciuta e misteriosa per tutti, anche per la scienza. 
 

-Prossimamente uscirà il film "La voce negli Occhi", un film sulla vicenda di suo fratello Salvatore . Un sogno diventato realtà?

Esattamente, grazie anche al suo memoriale, questo sogno è diventato realtà. Film autoprodotto dalla nostra associazione Sicilia Risvegli onlus. Tengo a precisare in particolar modo che questo film non è stato compartecipato da nessuna istituzione interpellata. Con grandi sacrifici economici, mi sono indebitato fino al collo. "La voce negli occhi" è stato in parte finanziato da mio nipote Rosario, che ci ha donato i soldi ricevuti da un risarcimento assicurativo. Il film racconta la nostra storia sin da bambini, fin dagli anni trascorsi insieme in collegio. Io e mio fratello eravamo inseparabili. Una storia toccante, di lotta reale e di bellezza pura con momenti anche leggeri e divertenti, come i flashback di Salvatore. Tra passato e presente, nella speranza di un futuro migliore, il film abbraccia un intreccio di storie dal tono entusiasta e a tratti nostalgico. Lo spazio per i momenti di sofferenza vissuti non saranno tanti perché questo progetto è un grande tributo alla storia di un grande guerriero di nome Salvatore. Molto presto "La voce negli occhi" sarà diffuso. 
 

-Sul set anche qualcuno della vostra famiglia?



Sì, nel mio stesso ruolo ci sono io, e non nascondo che non è stata assolutamente una passeggiata. Molti ricordi, sofferenza, ho pianto in diverse scene, uno strazio interminabile. Ma in tanti ci siamo accorti che accanto a noi c'era Salvatore che ci guidava. Sono contento di aver trovato un grande regista come Rosario Neri, che quando lo conobbi mi disse: “Questo film sarà la mia anima”. Da quel momento iniziò a sistemare la sceneggiatura, ed oggi posso affermare che si tratta di un vero capolavoro. Nel film ci sono anche tanti esordienti, tutti in scena per ricordare un uomo dal forte spirito e coraggio, che seppe sopportare e sorridere al mondo intero dal lettino nel quale è stato costretto negli ultimi quasi 10 anni della propria esistenza. Un set cinematografico straordinario, tutte le persone hanno partecipato gratuitamente. In campo quasi 150 attori provenienti da tutta Italia. Con la partecipazione straordinaria di attori già noti, come Enzo Campisi, Giuseppe Santostefano, Maurizio e Rosalba Bologna, ed Agata Reale, tutti con ruoli molto importanti. I protagonisti principali oltre a me, sono Carmelo De Luca, che interpreta Salvatore, Giovanni Gagliano che fa mio fratello Marcello, e Francesca Tropea nei panni di Rita (mia moglie). Nei panni di mia madre Angela, la quale non ha mollato mai come noi, c'è Maria Maugeri. 
 

- "La voce negli occhi": un film che farà discutere?


Credo proprio di sì. Ovviamente la storia di Salvatore ha scosso la comunità politica e scientifica, imponendo l’urgenza di una riflessione sui parametri assistenziali medici ed etici che segnano il confine tra vita e morte. Sarà uno stimolo importante alla ricerca scientifica e, per altro verso, un richiamo a migliorare la Sanità anche sotto l’aspetto socio-assistenziale.


Fonte: vitanascente.blogspot.it


venerdì 22 aprile 2016

22 Aprile Giornata Nazionale Salute della Donna con CiaoLapo Onlus

22 Aprile Giornata Nazionale Salute della Donna con CiaoLapo Onlus
Il 22 Aprile 2016 è la Prima Giornata Nazionale della Salute della Donna. A Roma, presso l'Aranciera di San Sisto  si terranno dieci tavoli tematici, e ciascuno affronterà un aspetto della salute femminile. Ci sarà anche il tavolo Sessualità, Fertilità e Salute Materna, cui CiaoLapo desidera fare pervenire alcune richieste, importanti per la salute delle donne, delle madri e delle loro famiglie.  
Beatrice Lorenzin, attuale ministro della Salute, ha chiesto alle cittadine di partecipare attivamente ai dieci tavoli di discussione sulla salute femminile, attraverso l'invio di domande e di riflessioni via web. Non potevamo lasciare inascoltata questa richiesta, ed ecco dunque le nostre 10 proposte, che vi preghiamo di condividere il più possibile nelle vostre pagine, sui vostri canali, usando gli hashtag scelti dal Ministero #SD16 #MAMME #fertilità #mentalhealth aggiungendo #CiaoLapo e alcuni o tutti gli hashtag citati in fondo all'articolo.
I canali social da utilizzare sono questi (twitter e facebook), il programma completo della giornata si può scaricare qui.
Per saperne di più, visitate il sito

Premessa

In Italia, 1 gravidanza su sei si conclude purtroppo con una perdita: ogni anno sono circa 150.000 le donne che devono affrontare questo evento, troppo spesso senza alcun sostegno, e troppo spesso subendone pesanti conseguenze, in termini di salute psicofisica.
Questo decalogo riguarda migliaia di famiglie. E' importante che venga letto, recepito e discusso, è importante che questi cambiamenti vengano posti in essere. Le due serie monografiche di The Lancet sulla morte in utero (2011 e 2016), cui CiaoLapo ha partecipato come unica realtà italiana, ci hanno mostrato che per ogni vita salvata, un paese ne ricava un quadruplo guadagno: sopravvivenza e salute della donna, del bambino in utero, del neonato e miglior sviluppo psicofisico del bambino, con un conseguente miglior benessere globale della famiglia. Questo ha importanti ricadute in termini di "risparmio" nella spesa sanitaria e nelle spese assistenziali dello Stato. Quindi, una buona assistenza alle donne in gravidanza conviene davvero a tutti.
Chiediamo dunque al Ministro Lorenzin e al Tavolo di esperti in sessualità, fertilità e salute materna di investire nella salute materno infantile, anche in quella delle 150.000 donne che ogni anno affrontano una perdita per ottenere anche in Italia il quadruplo guadagno.
Noi stiamo già lavorando da 10 anni per questo.

 

I dieci punti per le donne e le famiglie Italiane promossi da CiaoLapo Onlus.

  1.  Applicazione delle Linee Guida Ministeriali sulla natimortalità pubblicate già nel 2008 in tutti i punti nascita italiani;
  2. Adeguato sostegno psicologico e adeguate competenze relazionali da parte di ogni membro dell'equipe curante in tutti i punti nascita, per tutte le donne e i loro compagni, indipendentemente dal tipo di gravidanza (appena iniziata o a termine), di parto (vaginale, cesareo, pretermine o a termine, abortivo o fisiologico), di esito (bambino nato vivo o nato morto);
  3. Adeguata formazione per tutti i membri dell'equipe curante per offrire un sostegno efficace in tutti i casi critici (morte perinatale, diagnosi infausta, patologia fetale, morte fetale, poliabortività, infertilità), nel rispetto delle Linee Guida Internazionali (per approfondimenti consultare i due numeri monografici sulla morte in utero Lancet 2011 e 2016);
  4. Adeguato sostegno all'equipe attraverso audit e sedute di debriefing dopo eventi avversi in sala parto o in TIN per migliorare le
    competenze relazionali del singolo e del gruppo curante, per aggiornare la loro formazione sulla comunicazione e sulla relazione d'aiuto e ridurre il carico di stress e il rischio di burnout;
  5. Adeguato follow-up di tutte le gravidanze sia fisiologiche che a medio ed alto rischio comprese quelle conclusesi con la morte del feto o del neonato, migliorando la rete tra ospedale e territorio in tutte le regioni italiane e lavorando concretamente per ridurre il rischio di depressione post partum o di lutto complicato, sia nella donna che nel partner (esiste la depressione post partum paterna, e spesso si associa a quella materna con ricadute gravissime sulla coppia e sui figli);
  6. Adeguato monitoraggio e sostegno alle gravidanze successive ad una perdita perinatale, con attenzione alla condizione psicologica della famiglia, offrendo un sostegno personalizzato alla madre, stimolando le sue risorse e rispettando la fisiologia ogni volta che si può;
  7. Educazione della popolazione italiana sui fattori di rischio evitabili e non evitabili correlati a perdita perinatale e promozione del cambiamento degli stili di vita associati a esito infausto con apposite campagne informative rivolte ai giovanissimi e ai  giovani;
  8. Riconoscimento del 15 Ottobre come giornata internazionale della consapevolezza e della sensibilizzazione sulla perdita in gravidanza e dopo la nascita in modo da facilitare la rete territoriale, la promozione delle risorse locali attraverso il confronto e lo scambio diretto tra donne, famiglie, operatori dell'area materno infantile e le istituzioni, come da proposta di legge promossa da CiaoLapo Onlus e presentata per la prima volta nel 2012;
  9. Istituzione di un database nazionale che raccolga tutti i dati sulla morte in utero (come già espresso nel modello delle Linee Guida Ministeriali del 2008), così da poter aumentare ed approfondire la conoscenza del fenomeno, valutare tutti i fattori associati e contribuire al corretto inquadramento di ogni singolo caso, al fine di  evitare ricorrenze nelle famiglie a rischio e di raggiungere il tasso statistico di 2 nati morti su 1000, come richiestoci dall'OMS, salvando circa 700 bambini sani ogni anno;
  10. Istituzione di una mappa nazionale dei centri di eccellenza per la ricerca, l'approfondimento diagnostico e la gestione delle gravidanze dopo una perdita perinatale così da permettere ad ogni cittadina di accedere al centro più vicino e più competente secondo i criteri nazionali e internazionali per affrontare la gravidanza successiva in modo il più attento e sereno possibile.
L'Associazione CiaoLapo Onlus da 10 anni rappresenta in Italia circa 10.000 donne colpite da aborto, morte in utero e perinatale. CiaoLapo tutela loro, i loro figli, i loro compagni, le loro famiglie e gli operatori sanitari che le assistono, proponendosi come interlocutore con le realtà scientifiche e assistenziali, le istituzioni e gli enti regolatori per rappresentare la voce dei cittadini e degli operatori dell'area materno infantile nella sfida globale alla riduzione del gap tra il nostro paese e i paesi più virtuosi, per ridurre il numero di eventi infausti e per innalzare gli standard di assistenza. 

Se condividi questi 10 punti, diffondili attraverso i social network usando gli hashtag ufficiali della campagna ministeriale.
Twitter: @SaluteDonnaMin
hashtag: #SD16 #CiaoLapo #MAMME #morteperinatale #saluteperinatale #endingpreventablestillbirths

lunedì 18 aprile 2016

“Dimmi una parola”: una canzone per il Giubileo della Misericordia





Intervista ad Andrea Piccirillo, autore con Massimo Versaci della canzone “Dimmi una parola”, brano scritto per il Giubileo della Misericordia


di Anna Fusina


Andrea Piccirillo è un giovane cantante, autore e compositore laureato al DAMS di Torino. Nel suo percorso artistico e di formazione professionale si conta la partecipazione a numerosi eventi, in collaborazione con Hope Music, ed a diverse rappresentazioni teatrali. I suoi brani si muovono tra pop e Christian Music.
Andrea Piccirillo organizza anche laboratori musicali e percorsi formativi per le scuole e per gli oratori, con l’obiettivo di far diventare la musica uno strumento di incontro educativo, di relazione e di crescita. Tra le varie attività che svolge nell’ambito educativo-artistico c’è anche quella di actor-coach per i bambini del programma di RAI YOYO “Le storie di Gipo”.

Andrea, perchè hai scritto la canzone “Dimmi una parola”?

R: Questo brano è nato per essere presentato ad un concorso di brani inediti per il “Giubileo della misericordia”.
Ho scoperto questo concorso per caso su Facebook e dopo aver letto il bando, incuriosito e stimolato dalla proposta, mi sono messo a lavorare sulla musica e sul testo. Il tempo utile per la composizione non era molto e durante la fase di scrittura mi sono accorto di aver bisogno di un confronto per poterlo portare a termine. Ho deciso quindi di chiedere aiuto a Massimo Versaci, che oltre ad essere uno degli autori di “Emmanuel” (Inno della XV Giornata Mondiale della Gioventù del 2000) è anche musicista, cantante, direttore del Grande Coro Hope. Massimo è una persona molto disponibile e soprattutto competente. Con lui il lavoro è stato fluido e in un pomeriggio ricco di scambi di idee abbiamo scritto il brano “Dimmi una parola” nella sua versione definitiva. Successivamente è stato arrangiato da Fabrizio Ronco. In questi anni di Hope Music School, ho imparato che condividere con altri il proprio percorso musicale aiuta a crescere come artisti ma soprattutto come persone.

Cos'è per te la misericordia?
R: La misericordia è la capacità di andare oltre le fragilità umane e oltre i limiti dell’uomo. Sia che chiediamo perdono, sia che perdoniamo, dobbiamo essere umili, riconoscerci piccoli e dimostrarci grandi nella comprensione senza giudizio. Non è facile, ma dobbiamo allenarci a chiedere scusa, grazie e permesso, come ci consiglia Papa Francesco. Io come cantante ed autore cerco di utilizzare la musica come uno strumento di incontro e di relazione con gli altri e con questo brano voglio dire che spesso, quando siamo in difficoltà, la Parola di Dio può aiutarci a guarire.


Il ritornello della tua canzone dice: "Dimmi una parola e mi potrò salvare"...

R: Prendo spunto dal Vangelo di Matteo, cap. 8, quando dice: «Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. »
Prima di scrivere questo brano mi sono fatto diverse domande e mi sono documentato sul tema della misericordia. Fra le tante cose che ho letto questa è quella che mi ha colpito di più. Questo brano ci dice che anche nella sofferenza non siamo soli e che nulla è impossibile a Dio. Tutti quanti abbiamo bisogno di essere perdonati e dobbiamo imparare a chiedere perdono, affidandoci alla “Sua” parola, ecco perché ho deciso di inserire questa frase proprio nel ritornello e di utilizzarla come titolo: Signore … DIMMI UNA PAROLA … e mi potrò salvare, aiutami a guarire dalle mie fragilità, aiutami a guarire dall’egoismo, dall’indifferenza, dall’invidia che provo per gli altri, ecc...

Nel tuo brano dici: "Ogni errore è sempre un'occasione, il punto di partenza per essere migliore"…

R: Gli errori sono dei punti di partenza, delle occasioni per ripartire e forse sono addirittura necessari per crescere e diventare persone migliori. Fin da quando ero piccolo sento la frase “sbagliando si impara”. Ed è vero, perché il cammino di ognuno di noi può essere ricco di cadute, ma nella fede siamo chiamati a rialzarci, sicuri di trovare sempre una Parola di conforto.

Si può ascoltare la canzone “Dimmi una parola” al seguente link:
Qui di seguito il testo:

DIMMI UNA PAROLA
(Testo e musica: Andrea Piccirillo / Massimo Versaci)

Non ricordo più gli errori che ho fatto
ho già perso il conto
Tutta colpa del mio cuore distratto
non mi ero accorto
Che per gli altri non ho avuto tempo
e ora vedi come pago caro
il rumore di questo silenzio
retrogusto amaro

Dimmi una parola
ne basterà una sola
e mi potrò salvare aiutami a guarire
se c’è una strada
voglio a camminare e da qui
ho grande voglia di ricominciare

Ho giudicato sempre le persone
pensando di sapere
ed ho ferito con le mie parole
taglienti come lame
è cosi che io mi sono perso
ho paura di restare solo
e da qui dove mi trovo adesso io chiedo
chiedo il tuo perdono

Dimmi una parola
ne basterà una sola
e mi potrò salvare
aiutami a guarire
se c’è una strada
inizio camminare e da qui
ho grande voglia di ricominciare

Ogni errore
è sempre un’occasione
il punto di partenza
per essere migliore
Dammi forza
io busso alla tua porta
coi segni delle mie ferite
pentito e a mani vuote

Dimmi una parola
ne basterà una sola
e mi potrò salvare
aiutami a guarire
se c’è una strada
inizio camminare e da qui
ho grande voglia di ricominciare
io si

Fonte: vitanascente.blogspot.it


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lunedì 29 febbraio 2016

Giornata mondiale delle malattie rare: #UniamoLaVoce



di Anna Fusina

Si celebra oggi la nona Giornata Mondiale delle malattie rare.
In più di 80 Paesi questa giornata è dedicata alle malattie che colpiscono meno di 5 persone su 10.000.
Le malattie rare conosciute e diagnosticate oscillano tra le 7.000 e le 8.000, ma la cifra sta aumentando con il progredire della ricerca scientifica, in particolare della ricerca genetica.
Secondo l'Osservatorio Malattie rare, in Italia le persone affette da malattie rare sono due milioni, di cui il 70% bambini.
Molte volte per queste malattie non esistono cure definitive, ma solamente terapie che ne alleviano i sintomi.
Le industrie farmaceutiche non sono interessate a sviluppare la ricerca e produrre i farmaci destinati alla cura delle malattie rare, poiché i capitali investiti per tale scopo non vengono poi recuperati attraverso la vendita di tali farmaci, a causa dell'esiguo numero di persone a cui sono destinati. Ecco perché essi vengono definiti “farmaci orfani”.
Ma i malati rari hanno gli stessi diritti di tutti gli altri malati.
Il tema della Giornata 2016 è “La voce del paziente”. Con questo tema si vuole riconoscere il ruolo fondamentale che le persone affette da malattie rare possono avere nel miglioramento della propria vita ed in quella di chi li assiste, esprimendo in prima persona le proprie esigenze nei tavoli decisionali.
Lo slogan per il 2016 : “Unitevi a noi nel far sentire la voce delle malattie rare” è stato scelto per fare appello a tutti i cittadini ad unirsi alla comunità dei malati di patologie rare al fine di comprendere quale impatto hanno queste malattie nella vita delle persone che ne sono colpite e delle loro famiglie, per romperne l'isolamento e migliorarne la qualità di vita.
A questo scopo, la Federazione Italiana Malattie Rare lancia la campagna social #UniamoLaVoce .
La campagna, come riporta il sito www.uniamolavoce.org, “è stata ideata per coinvolgere l'opinione pubblica nel realizzare e condividere un vero e proprio grido liberatorio che "dia voce ai pazienti affetti da malattie rare."
Attraverso la forza delle rete, si cerca di connettere tutti e far sentire le persone che vivono situazioni particolari meno sole.
Tutti sono invitati a pubblicare un video con il proprio urlo e, attraverso il meccanismo della "social mention", invitare i propri amici a fare la stessa cosa.
Si potrà partecipare anche attraverso una foto che immortali l'urlo, oppure semplicemente scrivendo un tweet di solidarietà per la causa con l'hashtag #UniamoLaVoce. La campagna sarà attiva fino a sabato 5 marzo e i contributi faranno parte dell'album della Giornata delle Malattie Rare 2016.
Per maggiori informazioni, consultare il sito www.uniamolavoce.org .




Giornata internazionale per le malattie rare 2016 rare disease day