martedì 30 aprile 2013

Omaggio alla figura di Jérôme Lejeune medico e scienziato



PAVIA. E' un omaggio alla figura del medico e scienziato francesce Jérôme Lejeune - scopritore della trisomia 21, causa della sindrome di Down - la mostra “Che cos'è l'uomo perché te ne ricordi? Genetica e natura umana nello sguardo di Jérôme Lejeune”, organizzata a Pavia dall'associazione studentesca Ateneo Studenti con il contributo della Commissione permanente degli studenti dell'Università, che si terrà dal 6 al 12 maggio, in due luoghi: dal 6 al 10 maggio nell'androne del Palazzo Botta 2 (via Ferrata 9/a, polo di Ingegneria “Nave” dell'Università) e dall'11 al 12 maggio nel cortile Volta dell'Università Centrale (Strada Nuova 65). Ma ad aprire i lavori con un po' di anticipo, per meglio spiegare le finalità e i contenuti della mostra, sarà una conferenza che si terrà stasera alle 21, in Aula del '400 (piazza Leonardo Da Vinci), con il prof. Pierluigi Strippoli, docente di biologia applicata all'Università di Bologna e studioso di sindrome di Down, e il prof. Stefano Perlini, docente di medicina interna all'Università di Pavia. «E' un grande onore per l'Università di Pavia ospitare una mostra dedicata a questo grande medico e scienziato – dice il professor Perlini – Pavia in fatto di genetica ha detto molto, penso a nomi di genetisti italiani di fama internazionale legati al nostro Ateneo come Arturo Falaschi o Luca Cavalli Sforza. La sfida, ammirevole dal mio punto di vista, che Ateneo Studenti porta avanti con questa mostra, è quella di fondere in un'unica occasione la figura di Lejeune-scienziato e quella di Lejeune-medico e uomo. Perché quello che rese grande questo grande maestro fu la sua capacità di dare un enorme contributo alla scienza mondiale, senza mai dimenticare il lato umano della sua professione: sempre, le famiglie con figli affetti dalla sindrome di Down, trovarono in lui un medico pronto ad ascoltare, spiegare e supportare. Una sfida quotidiana, questa, che vale per tutta la professione medica, in ogni tempo». Attraverso 3 distinte sezioni e 40 pannelli, il percorso espositivo mette al centro dell'attenzione l'uomo e il suo destino proponendo un'indagine sulla "natura umana" a partire dalla testimonianza di Jérôme Lejeune, fondatore della genetica clinica, sino ad affrontare le più recenti acquisizioni della biologia evoluzionista sul determinismo genetico. «La scoperta della trisomia 21 da parte di Jérôme Lejeune fu il frutto di un lavoro portato avanti con grande passione e dedizione – dice il presidente di Ateneo Studenti, Federico Rosa, studente di medicina - Il suo grande cruccio dopo la sua importante scoperta, tuttavia, derivò da quello che lui stesso chiamò nei suoi diari “razzismo cromosomico”: Lejeune, infatti, si rese conto del fatto che l'aver scoperto la causa della sindrome di Down spianava anche la strada alla possibilità di intervenire sulla sua prevenzione con l'aborto e fino alla fine si schierò contro la legalizzazione dello stesso». Realizzata e presentata per la prima volta al Meeting per l'Amicizia tra i Popoli 2012 di Rimini, la mostra gode del Patrocinio della Regione Lombardia, del Comune di Pavia (settore Servizi Sociali), dell'Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Pavia e della Fondazione I.R.C.C.S. Policlinico "San Matteo" ed è stata realizzata anche grazie al contributo di Unione Giuristi Cattolici Pavia "Beato Contardo Ferrini" e Alleanza Cattolica. L'ingresso è gratuito, con la possibilità di prenotare visite guidate chiamando il 340.0951568.

http://laprovinciapavese.gelocal.it

venerdì 26 aprile 2013

Ostetriche: l'approccio ai genitori di bambini con sindrome di Down


Domenica 5 maggio si celebrerà l’annuale Giornata Internazionale dell'Ostetrica e per l’occasione il Collegio delle Ostetriche di Modena ha organizzato un incontro aperto sul tema “Comunicare con cura, il primo approccio ad una coppia a cui nasce un bambino con sindrome di Down”. L’incontro è fissato per venerdì 3 maggio alle 16,30 presso il Policlinico Universitario di Modena - aula B della Clinica Ostetrica: i relatori saranno l’ostetrica Monica Romani e Monica Corradini, che fanno parte di MeteaPerTe, associazione per il pieno sviluppo e potenziamento delle persone con abilità differenti. La Giornata Internazionale dell'Ostetrica proseguirà alla sera presso La Lanterna di Diogene, a Bomporto in via Argine Panaro 20, per una cena sociale a sostegno della struttura stessa, che ha subito danni ingenti per il sisma del maggio scorso. La Lanterna di Diogene è una cooperativa sociale nata dai sogni di alcune persone per dare risposta al desiderio che quasi tutti esprimono quando devono affrontare il mondo del lavoro: fare un lavoro che piace, che dia soddisfazione, con persone con le quali si sta bene. Un'attività in cui possono lavorare anche persone con problemi come sindrome di down, psicosi, paralisi cerebrale infantile. Riguardo la professione di ostetrica va sottolineato che nel settembre scorso, nel centro storico di Modena, è stata inaugurata la nuova sede del Collegio delle Ostetriche della provincia di Modena, che si trova in un palazzo storico in piazzale Boschetti 8. Le ostetriche modenesi sono circa 300. Dopo un lungo percorso accademico che porta alla laurea triennale (laurea abilitante), possono accedere a master professionalizzanti e alla laurea magistrale. La nornativa in vigore permette alle ostetriche «l'autonomia decisionale, l'indipendenza culturale e operativa, la responsabilità professionale». Le ostetriche, dopo l’iscrizione all'albo professionale, operano promuovendo e tutelando la salute olistica della donna, in campo sessuale-riproduttivo e dell'età evolutiva, rispetto agli eventi naturali-fisiologici relativi alle fasi del ciclo vitale: la vita intrauterina, la nascita, la pubertà-adolescenza, la gravidanza, il parto, il puerperio, l'età fertile, l'età matura, la menopausa-il climaterio. Gli ambiti operativi di competenza dell'ostetrica sono l'area ginecologica, neonatale e ostetrica. In tali contesti si prende cura della persona sia da un punto di vista clinico (midwifery cure), che di supporto (midwifery care) nonché educativo e informativo (midwifery educator). Le ostetriche lavorano in regime di dipendenza in Aziende pubbliche o private, di interdipendenza e come libere professioniste. Per questa importante professione riveste un ruolo fondamentale il Collegio di appartenenza, al quale spetta il compito di garantire ai cittadini il legittimo esercizio dell’attività da parte dei professionisti che sono iscritti, svolgendo azione di vigilanza deontologica e disciplinare, di tutela delle prerogative, dell'indipendenza e del decoro della professione, oltre ad assumere a livello locale il ruolo di rappresentanza presso tutte le istituzioni e università, nonché a livello regionale e nazionale. Il Consiglio rimane in carica tre anni ed è eletto dalle iscritte. Per il triennio 2011-2014 il presidente per Modena è Silvia Vaccari, vicepresidente Eugenia Finelli, segretaria Nadia Rimondi, tesoriere Silvia Guerra, consiglieri Fiorella Bortolotti, Simona Di Matteo, Cristina Vai.



Fonte: Gazzetta di Modena


giovedì 25 aprile 2013

La bambina miracolo: guarisce improvvisamente da leucemia e sindrome di Down

La piccola Clara, nata prematura, si è aggrappata alla vita ed è guarita dalla leucemia e la sindrome di Down: un apparente miracolo.
Nata prematura, a 28 settimane, con diversi problemi a cuore e occhi, la piccola Clara era anche affetta da leucemia e sindrome di Down. Dopo una breve cura, leucemia e trisomia 21 sono misteriosamente sparite

LM&SDP
I medici sono rimasti allibiti. I genitori sono al settimo cielo.
E’ la storia della “bambina miracolo”: Clara McLoughlin, nata a Dublino (Irlanda) il 7 agosto 2012 a ventotto settimane di gravidanza. Un parto prematuro che vedeva coinvolto anche il fratellino gemello che, tuttavia, non è sopravvissuto.

Quando è nata pesava soltanto 1,14 chili, presentava diversi problemi agli occhi e perfino un buco nel cuore – che dovevano essere curati. Ma questo, rispetto a quanto scoperto poco dopo, poteva essere il meno: la neonata, infatti, era anche affetta da leucemia e risultata positiva alla trisomia 21 (la sindrome di Down). A motivo di ciò, riporta l’Indipendent, la bambina è stata trasferita all’Unità Intensiva Neonatale del Rotunda hospital.

«I medici – dichiara la mamma Helen Kavanagh – non ci avevano dato molte speranze e non si aspettavano che sopravvivesse, e valutavano la situazione ora per ora. Hanno consultato dei consulenti per osservare il suo caso, perché era così unico».

Per poter offrire una qualche cura, i medici hanno somministrato una dose di farmaco dopo soli due giorni dalla nascita, al fine di attaccare le cellule cancerogene della leucemia. Dopo questo primo intervento, la bambina ha reagito e iniziato a mettere su peso.
Nel frattempo, la piccola Clara era anche stata sottoposta a un intervento laser per curare gli occhi e un’operazione per riparare un buco nel cuore – una situazione globale apparentemente disperata.

Nel mese di novembre 2012 e in seguito nel febbraio 2013, i medici hanno eseguito dei test genetici al fine di monitorare lo stato della leucemia e la trisomia 21.
A questo punto sono iniziate le sorprese: la leucemia era sparita, rivelandosi una condizione transitoria – anche se non spiegabile. Se la leucemia era “misteriosamente” svanita, di certo sarebbe rimasta la sindrome di Down, poiché un fattore cromosomico non può in teoria comportarsi allo stesso modo.

Doppia sorpresa: anche la trisomia 21 non c’era più. Era come «se il gene avesse lasciato il suo corpo», racconta la mamma di Clara.
Ora, gli scienziati stanno tentando ci capire come la bambina abbia sviluppato sia la leucemia che la sindrome di Down – ma soprattutto come sia possibile che tutte e due queste condizioni siano sparite senza lasciare apparentemente traccia. La bambina, infatti, dopo 91 giorni di ospedale è tornata a casa e, come dichiarato dai coniugi McLoughlin, sta benissimo, pesa 20 chili, cresce ed è vivace.
«E’ molto difficile per le persone che non l’hanno vista, credere a tutto ciò – aggiunge la mamma – ma lei è perfetta e felice».

Fonte: lastampa.it

martedì 23 aprile 2013

Inaugura a Palazzo Ducale la mostra su Jérôme Lejeune

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Jérôme Lejeune: il medico dallo sguardo umano che ha scoperto il nesso tra la trisomia 21 e la sindrome di Down. La Mostra sulla sua vita e la sua ricerca alla Sala Laurana del Palazzo Ducale di Pesaro dal 23 aprile al 6 maggio. Dal 23 aprile al 6 maggio nella Sala Laurana del Palazzo Ducale di Pesaro, si terrà la Mostra dal titolo “Che cos’è l’uomo perché te ne ricordi? Genetica e natura umana nello sguardo di Jérôme Lejeune”. Il punto di partenza del percorso espositivo è la testimonianza del Prof. Jérôme Lejeune, medico pediatra francese, scopritore della trisomia 21 come causa genetica della Sindrome di Down, pioniere della genetica clinica e strenuo difensore della vita umana.

Attraverso il suo sguardo sulla realtà e sui suoi pazienti, la Mostra propone al pubblico un’indagine sulla “natura umana”, che culmina nella domanda che Lejeune si pose: “conoscere per curare o per selezionare?” Nella sua straordinaria esperienza umana e professionale, Lejeune era mosso dall’idea che ogni uomo è “unico” e “insostituibile”, e senza compromessi la sua ricerca perseguì sempre il vero bene dell’uomo e dell’umanità, tanto da essere in corso la sua causa di beatificazione.

La Mostra, già presentata nella scorsa edizione del Meeting di Rimini a cura della Associazione Euresis e della Fondazione Jérôme Lejeune è molto attesa in città ed è stata organizzata con il patrocinio del Comune di Pesaro, dell’Ordine dei Medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Pesaro e Urbino e del CSV Marche e grazie alla collaborazione di ben dieci Associazioni che si sono unite a Ester di Paolo, mamma di una ragazza affetta dalla sindrome di Down, promotrice dell’iniziativa, col desiderio di far conoscere a tutti la storia di Lejeune: Medicina e Persona, Centro culturale Città Ideale, Amici del Sindacato delle Famiglie, Centro di Aiuto alla Vita, Centro di Solidarietà, Compagnia delle Opere, Diesse Marche, Scienza e Vita, Anffas e La Nuova Scuola.

La Mostra sarà inaugurata nel giorno di apertura, previsto per martedì 23 aprile alle 18 al Palazzo Ducale di Pesaro.

Orari: tutti i giorni (anche i festivi) dalle 16,30 alle 19,30. Sono possibili e consigliate visite guidate su prenotazione per famiglie, gruppi, classi scolastiche o comunità parrocchiali, anche in orari diversi, cioè al mattino o dopo le 21.

Per prenotarsi telefonare al numero 349/3691912.

L’ingresso e le visite guidate sono gratuiti.
da Centro Servizi per il Volontariato

fonte: www.viverepesaro.it


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lunedì 8 aprile 2013

Sindrome di Down: ricercare per curare. La testimonianza del Prof. Pierluigi Strippoli




di Anna Fusina


J. Lejeune  

Pierluigi Strippoli è professore associato di Biologia Applicata e Responsabile del Laboratorio di Genomica del Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale dell’Università di Bologna.
E’ un ricercatore che si ispira all'opera scientifica di Jérôme Lejeune, il genetista scopritore della Sindrome di Down,  per tentare di svilupparne le intuizioni con i moderni strumenti della genomica.


Prof. Strippoli, in che modo l’opera di Jérôme Lejeune ha incrociato la sua vita e cosa è nato da questo incontro?

Ho iniziato a fare ricerca sul cromosoma 21 umano nel 1998, poco dopo il mio ingresso in Università nel ruolo di Ricercatore.
Iniziò allora la mia collaborazione con la Professoressa Maria Zannotti, che era stata allieva del Prof. Jérôme Lejeune a Parigi nel 1967 e nel 1969, e aveva portato a Bologna questo tema di ricerca.
In un primo tempo esitavo ad occuparmi di questo ambito, ero convinto che fosse già "sovraffollato".
Invece, con mio stupore, mi accorsi che i gruppi di ricerca che studiavano i meccanismi con cui il cromosoma 21 causa la sindrome di Down, dove è anormalmente presente in tre esemplari invece di due, erano molto pochi relativamente alla frequenza e alla importanza di questa condizione genetica.
In effetti, pur con risorse molto ridotte, fu nel nostro Laboratorio dell'allora Dipartimento di Istologia, Embriologia e Biologia Applicata che una collega del mio gruppo, Lorenza Vitale, poté identificare uno dei geni del cromosoma 21 umano passato inosservato nella mappa "completa" già pubblicata nel contesto del "Progetto Genoma", un risultato seguito dalla pubblicazione di altri studi di genetica molecolare relativi allo stesso cromosoma.
Tuttavia, negli ultimi anni, la difficoltà nel reperire fondi per i nostri progetti di ricerca e un certo scoraggiamento complessivo mi avevano allontanato di fatto dalla ricerca sulla sindrome di Down. In seguito al suggerimento fortuito di intervenire al congresso denominato "Lejeune Conference", promosso a Parigi nel marzo 2011 dalla Fondazione Lejeune per incentivare la ricerca di una terapia della trisomia 21, ho potuto incontrare Ombretta Salvucci, ricercatrice a Washington e, attraverso di lei, la famiglia del Prof. Lejeune, venendo in contatto diretto con la storia di questo medico e genetista.
Sebbene mi fosse noto il suo ruolo storico nella scoperta, pubblicata nel 1959, che la sindrome di Down è dovuta ad un cromosoma 21 in eccesso, quando sino ad allora si chiamavano in causa sifilide, alcolismo o persino immoralità dei genitori, non immaginavo la profondità delle sue intuizioni scientifiche sulle possibili vie da esplorare per cercare una cura, né mi era mai parso così chiaro che fosse ragionevole investire le proprie energie in questa impresa, per lui "meno difficile che spedire un uomo sulla luna".
Via via emergeva ai miei occhi un uomo di intelligenza ed umanità straordinarie, unito nel suo essere medico, pediatra, genetista, scienziato, marito e padre, uomo di fede (sono rimasto molto colpito dal fatto che sia in corso la sua causa di beatificazione).
Al ritorno in aereo ho letto il piccolo splendido libro "La vita è una sfida", la storia di Lejeune scritta dalla figlia Clara, rimanendone profondamente impressionato.

Le conseguenze di questo incontro sono state molteplici, ad esempio: ho ripreso un atteggiamento di forte ipotesi positiva che le nostre competenze in Medicina, Genetica e Genomica, e Bioinformatica fossero proprio quelle necessarie a tentare di proseguire il lavoro di Lejeune, che fino all'ultimo lavorò per cercare di comprendere i meccanismi con cui il cromosoma 21 causa i sintomi, in vista di una cura; dopo molti anni passati in Laboratorio sono tornato in Clinica, su suggerimento diretto della Signora Birthe, moglie del Prof. Lejeune, dove, seguendo il pediatra Prof. Guido Cocchi all'Ospedale Sant'Orsola di Bologna, ho avuto molte nuove idee su come indirizzare le ricerche del nostro Laboratorio in modo più mirato, e allo stesso tempo ho constatato la commovente ricchezza umana e affettiva di questi bambini e dei loro genitori; ho osservato come il disturbo cognitivo sia meno grave di quello che si ritiene comunemente, il problema prevalente è quello di espressione verbale, che Lejeune attribuiva ad una "intossicazione cronica" delle sinapsi cerebrali causata da qualche prodotto del cromosoma in eccesso; ho infine lanciato con convinzione iniziative di raccolta di fondi per le nostre ricerche, riscontrando l'interesse inatteso di persone ed enti privati (per informazioni vedere link alla fine di pagina: http://apollo11.isto.unibo.it/).

Qual è lo scopo delle sue ricerche?

Lo scopo immediato è quello di produrre molteplici mappe strutturali e funzionali del cromosoma 21 umano, studiato sia in tessuti normali sia in cellule trisomiche, per identificare quali specifici geni siano "critici" per lo sviluppo dei sintomi.
Credo che dalla generazione di queste mappe e soprattutto dalla loro sovrapposizione potranno venire molti spunti per i passi successivi, ossia chiarire almeno alcuni dei meccanismi molecolari con cui il cromosoma 21 in eccesso causa le manifestazioni della sindrome. Lo scopo finale è quello di arrivare a proporre interventi terapeutici mirati basati sulla interazione con le vie metaboliche presumilmente maggiormente responsabili dei sintomi.
Un cruccio di Lejeune era proprio la difficoltà di indirizzare risorse e ricerche in questa direzione, data l'opinione prevalente nella comunità scientifica che fosse possibile "risolvere" il problema della trisomia 21 con la diagnosi prenatale e l'aborto selettivo.
Al di là delle ovvie problematiche etiche implicate in questa visione, risulta evidente da una semplice analisi della letteratura scientifica che di fatto il prevalere di filoni di ricerca, e quindi di tempo, energie e risorse, indirizzati all'affinamento dei metodi di diagnosi prenatale si è associato di fatto ad un molto minore sforzo nella direzione della ricerca di una cura, che rimane il vero scopo della Medicina, come Lejeune sostenne nel suo memorabile discorso di accettazione del premio  William  Allan” a San Francisco il 3 ottobre 1969.

Qual è lo stato delle ricerche sulla diagnosi prenatale della sindrome di Down?

Le ricerche sulla diagnosi prenatale hanno sinora avuto come esito concreto solo la possibilità dell'aborto selettivo di feti con sindrome di Down in caso di test positivo. L'uso di metodi invasivi, come la villocentesi e l’amniocentesi, porta ad una conoscenza anticipata della diagnosi che non dà vantaggi ai fini della salute del feto, al contrario è associato allo 0.6-0.7% di rischio aggiuntivo di aborto (conseguente alla manovra): in pratica un caso ogni 150 analisi circa, una possibilità concreta. E rimane il rischio, seppure molto basso, di errori diagnostici.
Nuovissimi test di imminente diffusione possono invece permettere la diagnosi basandosi su un prelievo di sangue materno, che contiene comunque molecole di DNA fetali, senza i rischi connessi alle manovre invasive. Questi metodi aumenteranno probabilmente la richiesta di test diagnostici prenatali, che già oggi esitano in Europa nella scelta dell'aborto in circa il 90% dei casi in cui il test è risultato positivo per la diagnosi di trisomia 21.
Non si può escludere che se in futuro diventerà possibile somministrare cure intrauterine a vantaggio dei feti con trisomia 21 tali metodi non invasivi potrebbero essere utili per individuare i feti da curare. Attualmente comunque non vi è questa possibilità.

Può descrivere la sua attività di ricerca e lo spirito che la anima?

Sostanzialmente abbiamo avviato dall'autunno 2012 tre progetti principali, entusiasti della possibilità di poter almeno tentare di portare un contributo alla prospettiva di un miglioramento concreto della disabilità intellettiva  tipica della sindrome di Down.
Il "Progetto Geni 21" è già in corso e si propone di realizzare mappe geniche di espressione orientate alla caratterizzazione dell'attività dei geni del cromosoma 21.
Abbiamo ideato, realizzato e pubblicato un software di analisi bioinformatica  molto potente, TRAM (Transcriptome Mapper), che ora stiamo utilizzando intensivamente per identificare i geni del cromosoma 21 maggiormente attivi nel cervello.
Stiamo scrivendo un progetto parallelo più grande e di più largo respiro, "Progetto Genoma 21", basato sullo studio delle cellule ottenibili con un prelievo di sangue dai bambini trisomici ed eventualmente dai loro genitori, per lo studio sistematico e mai sinora eseguito del genoma, del trascrittoma e del metiloma di ogni soggetto, associato alla raccolta sistematica e approfondita di tutti i dati clinici. Queste analisi sono molto nuove e costose, ma confidiamo di arrivare, nel tempo, a studiare un numero significativo di soggetti, inclusi quelli di controllo.
Infine abbiamo avuto l'idea di iniziare a ristudiare, semplicemente, l'opera scientifica di Lejeune. Stiamo rintracciando i suoi articoli scientifici pubblicati a partire dagli anni '60 fino ai primi anni '90, incredibilmente attuali se si pensa che in Genetica gli articoli diventano "datati" nell'arco di pochi anni. Questi lavori sono una fonte straordinaria di intuizioni ed idee spesso rimaste non verificate, e che oggi potrebbero essere sottoposte al vaglio dei moderni mezzi della genomica e della bioinformatica.

Esiste una distinzione netta tra normalità e patologia nell'ambito del genoma?

Il miglioramento delle tecniche di indagine ha mostrato che, anche in assenza di sintomi clinici evidenti, tutti gli individui umani portano un carico di mutazioni genetiche più o meno grande.
Nel discorso al Premio "William Allan" prima citato,  Lejeune ha prefigurato questa situazione, chiedendosi come si poteva stabilire una soglia netta che distinguesse normalità e patologia nel mosaicismo, ossia una condizione in cui parte delle cellule hanno un corredo cromosomico normale e parte hanno trisomia. Si chiedeva, nel 1969: “Ammettendo che la presenza del 50 per cento di cellule mutate sia patologica, cosa diremo di chi ne ha il 40, il 20 o il 5 per cento?
Sono rimasto veramente colpito quando ho scoperto che solo nel 2005, Rehen e collaboratori hanno effettivamente dimostrato che nei cervelli umani di individui normali il 2% dei neuroni ha trisomia del cromosoma 21, e lo studio era limitato a questo solo cromosoma...
Questo dato sorprendente, già riconfermato, mostra la difficoltà nell'applicare schemi precostituiti, come il concetto di "perfezione", alla realtà biologica.
Siamo tutti imperfetti.

Vorrei infine ricordare che il Prof. Lejeune chiamava i suoi piccoli pazienti "diseredati", unendo genialmente nel termine la loro condizione biologica di portatori di un patrimonio ereditario errato alla condizione sociale di abbandono in cui spesso versano, e sosteneva:
"La gente dice: "Il prezzo delle malattie genetiche è alto. Se questi individui potessero essere eliminati precocemente, il risparmio sarebbe enorme!".
Non può essere negato che il prezzo di queste malattie sia alto, in termini di sofferenza per l’individuo e di oneri per la società. Senza menzionare quel che sopportano i genitori!
Ma noi possiamo assegnare un valore a quel prezzo: è esattamente quel che una società deve pagare per rimanere pienamente umana".

Vi è una forte responsabilità della società nel supportare in tutti i modi e nel non lasciare sole le famiglie delle persone con disabilità.

sabato 6 aprile 2013

ELVIRA PARRAVICINI , LA NEONATOLOGA CHE HA INVENTATO LA “COMFORT CARE” PER NEONATI TERMINALI



di Anna Fusina

Elvira Parravicini

La dott.ssa Elvira Parravicini, neonatologa e Assistente di clinica pediatrica alla Columbia University di New York, si è specializzata in Pediatria e Neonatologia all’Università di Milano.
Nel 1994 si è trasferita a New York e dal 1998  lavora al Columbia University Medical Center.
E’ fondatrice del primo neonatal hospice, un reparto ospedaliero concepito con lo scopo di curare i bambini che nascono già terminali, in quanto affetti da sindromi non compatibili con la sopravvivenza, dove viene praticata la comfort care, un’attività medica che dà dignità alla vita di un bambino appena nato, permettendo che sia curato ed amato in tutti gli istanti della sua molto breve vita.

-      Dott.ssa Parravicini, cosa significa per lei essere medico? Perchè fa la neonatologa?

Dott.ssa Parravicini: “Mi ha sempre stupito la promessa di felicità che si prova quando nasce un bambino in sala parto. Tutti sono entusiasti e lui non sa fare niente, non è intelligente, ha bisogno di tutto ... Ma perché?
Tutti sono entusiasti e 'presi' da questa nuova presenza perché lì c'è una promessa di compimento e di felicità.
Allora, come medico, ho sempre voluto collaborare a realizzare questa promessa di felicità, prendendomi cura di neonati malati.”


- Cos'è la "comfort care"?

Dott,ssa Parravicini:  “È una terapia medica e infermieristica che si prende cura di bimbi con una vita molto breve. È perciò impostata sul dare conforto a questi bimbi, così che la loro vita, anche cortissima, sia serena e piena di amore. Cerchiamo di garantire delle condizioni di conforto al bimbo, lo lasciamo in braccio ai genitori, così che si senta amato e rimanga al caldo, gli diamo da mangiare o garantiamo un minimo di idratazione, così che non soffra fame o sete. E poi trattiamo il dolore.”

- Quando ha iniziato ad applicare la “comfort care”?

Dott.ssa Parravicini: “Nel 2006 ho avuto i primi 2 casi: ho incontrato le mamme di due  bambini destinati a morire poco tempo dopo la nascita e mi sono chiesta: “Questi bimbi sono così preziosi per i loro genitori, come posso aiutarli da un punto di vista medico?”
E mi sono resa conto che si possono fare tantissime cose per aiutarli. Non è proprio vero quello che alcuni dicono, che 'non c'è più niente da fare'! Al contrario c'è molto, moltissimo da fare, da  inventare: basta essere attenti ai loro bisogni personalissimi!”


- Per quali bimbi viene usata la "comfort care"?

Dott.ssa Parravicini: “Sono bimbi diagnosticati con malattie cosiddette 'life-limiting', cioè per cui la medicina non può fornire guarigione o prolungare la vita. Ci son anche bimbi trattati per lungo tempo in terapia intensiva, che magari hanno subito delle operazioni e che diventano terminali. Ancora, la medicina NON può guarirli, ma possiamo fare tantissime cose per rendere la loro breve vita piacevole e piena di amore.”


- Qualcuno parla di accanimento terapeutico...

Dott.ssa Parravicini:No, assolutamente, noi sosteniamo una vita che è data e la seguiamo finché c'è. Quando il bambino ci dà  segni che viene la fine, rispettiamo questi segni, seguiamo il lavoro di un Altro, quell’Altro che ha voluto che questo bimbo vivesse, anche per pochi minuti.”


- Su cosa è centrata la diagnosi prenatale oggi, a suo parere?

Dott.ssa Parravicini: “Purtroppo è centrata sulla identificazione di problemi nel feto per 'evitare' che nasca, ma questo è proprio contrario alla ragione per cui la medicina è nata, che è:  aiutare chi chiede aiuto.”

- Qual è il suo approccio ai genitori nel comunicare loro la diagnosi del figlio?

“Dott.ssa Parravicini: Mi propongo come un medico che vuole aiutare  il loro bambino ad avere la più bella vita possibile.
I genitori capiscono che io voglio bene al loro bimbo e non possono essere di meno, anzi!”


- Come considera l'aborto?

Dott.ssa Parravicini: “Per me non esiste, non è una pratica 'medica' che io considero.”


- Ci sono donne intenzionate ad abortire che alla proposta della "comfort care" cambiano idea?

Dott.ssa Parravicini: “Il desiderio più profondo del cuore di una donna è di amare il proprio figlio.
A volte  però ci sono situazioni difficili, difficilissime, di povertà, abuso, ecc. e allora mi trovo a tentare di sostenere questo desiderio. Molte volte queste donne mi seguono, a volte no.
È un mistero, come è un mistero che questi bimbi nascano per vivere per un così breve tempo.
Ogni vita, breve o lunga che sia, è vita; è data ed in quanto tale va rispettata.