giovedì 28 marzo 2013

Previene il concepimento oppure elimina l’embrione?

di Bruno Mozzanega

concepimento_contraccettivi d'emergenza_embrione


E’ il quesito che riguarda il meccanismo d’azione dei cosiddetti contraccettivi d’emergenza, la pillola del giorno dopo (Lonel®) e la più recente pillola dei cinque giorni dopo (ellaOne®).
L’attenzione su questi farmaci è tornata d’attualità dopo la presa di posizione dei Vescovi tedeschi che ne considerano lecita la somministrazione in caso di stupro, purché si tratti di un farmaco che prevenga il concepimento.
In realtà il problema riguarda tutti e non soltanto i Vescovi: riguarda certamente la popolazione, ma anche tutti i medici e i ginecologi che vengono frequentemente sollecitati a prescriverla. Lo Stato italiano, infatti, attraverso le sue leggi finalizza la procreazione responsabile alla tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento. E’ l’articolo 1, comma 3, della legge 405 del 1975 che istituisce i Consultori Familiari. Questa tutela è ribadita anche nella Legge 194 del 1978 che, pur permettendo l’aborto in casi che dovrebbero essere eccezionali, proclama la tutela della vita umana dal suo inizio (della vita umana, e non della “gravidanza” che l’OMS vorrebbe fare iniziare dall’impianto in utero). La legge 40 del 2004, da ultimo, nelle procedure di fecondazione assistita riconosce al concepito le tutele che garantisce ai suoi genitori (passaggio mai modificato dal alcuno dei numerosi interventi della Corte Costituzionale).
E’ quindi importante per tutti, oltre che per la Chiesa, sapere se questo farmaco possa o meno prevenire il concepimento e sia, di conseguenza, compatibile o meno con le leggi del nostro Stato, oltre che con la nostra coscienza.
Anticipo la risposta che alla fine risulterà: la risposta è “no”: questi farmaci non sono in grado di prevenire il concepimento se non quando vengano assunti proprio all’inizio del periodo fertile. Nei giorni fertili successivi, invece, questi farmaci non hanno alcun effetto sull’ovulazione e sul concepimento, mentre rendono l’endometrio inospitale per l’embrione; i giorni fertili più prossimi all’ovulazione sono, peraltro, i più fertili del ciclo mestruale e sono anche quelli in cui statisticamente sembrano concentrarsi il maggior numero di rapporti sessuali e in cui si verificano il maggior numero di concepimenti.
La risposta è “no”, ed è esattamente il contrario di quanto sostenuto dalla Organizzazione Mondiale della Sanità e dalle più rappresentative Società Mondiali di Ginecologia, le quali affermano e quasi sentenziano che i contraccettivi d’emergenza rimandano l’ovulazione e quindi impediscono il concepimento.
Prima di addentrarci a valutare i due tipi di pillola, chiariamo cosa significhi “contraccezione d’emergenza”.
-    La contraccezione d’emergenza
Per contraccezione d’emergenza si intende l’assunzione di farmaci o l’inserimento in utero di spirali a seguito di un rapporto sessuale non protetto avvenuto nel periodo fertile del ciclo.
Si tratta evidentemente di tentativi estremi che si trovano a fare i conti con almeno due dati di fatto. Il primo: gli spermatozoi sono già entrati e grazie al muco fertile hanno già attraversato il collo dell’utero e in buona parte hanno già raggiunto la tuba; lì attendono, quiescenti, la liberazione dell’uovo. Il secondo: l’ovulazione è ormai prossima. Nessun farmaco del giorno dopo potrà, naturalmente, impedire in alcun modo questo libero ingresso che avviene immediatamente dopo l’eiaculazione.
A questo punto tutto, nell’organismo femminile, è predisposto verso il concepimento e verso il successivo impianto dell’embrione nell’endometrio che gli ormoni renderanno ospitale.
Per evitare che clinicamente compaia una gravidanza restano solo due modi: impedire che avvenga l’ovulazione e cioè prevenire il concepimento, oppure fare in modo che il figlio concepito non trovi all’interno dell’utero il terreno fertile di cui ha bisogno.
La differenza sostanziale fra le due ipotesi è chiara: nel primo caso non si giunge al concepimento, nel secondo viene attivamente soppresso l’embrione ancora prima che si manifesti la sua esistenza.
Bene. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, la Food and Drugs Administration degli Stati Uniti, l’Agenzia Europea dei Medicinali, le più rappresentative Società Scientifiche internazionali e nazionali dei ginecologi sostengono e divulgano che i contraccettivi d’emergenza prevengono l’ovulazione e non interferiscono con l’annidamento.
Esaminiamo separatamente i due tipi di farmaci utilizzati, e lasciamo da parte l’utilizzo delle spirali: il loro inserimento in utero è dichiaratamente a scopo anti-nidatorio, e questo meccanismo è ufficialmente ben accetto da coloro che sostengono e propugnano la contraccezione d’emergenza.
I farmaci attualmente usati sono due: il Levonorgestrel (LNG, Lonel®), un potente progestinico sintetico, e l’Ulipristal Acetato (UPA, ellaOne®), un potente anti-progestinico sovrapponibile per caratteristiche al Mifepristone meglio noto, quest’ultimo, come RU486.
Vediamo cosa si sa del loro meccanismo d’azione.
-    Levonorgestrel (LNG, Lonel®)
Il farmaco viene presentato come contraccettivo di emergenza da utilizzare entro 72 ore dal rapporto sessuale non protetto, evidentemente avvenuto in uno dei giorni fertili pre-ovulatori.
Si afferma senza alcuna esitazione che il LNG agisce posticipando o inibendo l’ovulazione, e che quindi preverrebbe il concepimento, senza poter in alcun modo interferire con l’annidamento di un embrione eventualmente concepito.
E’ quanto sostenuto dalla Federazione Internazionale dei Ginecologi e Ostetrici (FIGO) negli Statements ufficiali del 2008 e del 2011: “How do Levonorgestrel-only emergency contraceptive pills (LNG ECPs) work to prevent pregnancy?” (per trovarlo basta digitare in qualunque motore di ricerca le parole “FIGO and emergency contraception”).
In realtà, negli studi citati a sostegno di queste affermazioni (la bibliografia), la maggioranza delle donne studiate ovula regolarmente dopo aver assunto il farmaco nei giorni della fase pre-ovulatoria avanzata, e cioè nei giorni più fertili del ciclo. Si osserva un ritardo nella liberazione dell’uovo, nell’80% dei casi, soltanto se il farmaco viene assunto nel primo dei giorni fertili. Ovviamente, però, una donna che assuma il farmaco nel primo giorno fertile a seguito di un rapporto sessuale avvenuto da uno a tre giorni prima, lo assumerà inutilmente in quanto il rapporto era avvenuto in periodo non ancora fertile.
Mi limito ad aggiungere che dagli articoli citati traspare anche che il LNG, somministrato nel periodo fertile pre-ovulatorio, impedisce la formazione di un corpo luteo adeguato rendendo insufficiente la produzione di quegli ormoni (progesterone in particolare) che hanno il compito di preparare l’endometrio all’impianto. Ne consegue una impossibilità per l’embrione di annidarsi.
Va segnalato che LNG assunto nei giorni fertili previene il 70% delle gravidanze, pur essendo inefficace nei giorni più fertili del ciclo, in cui si concentrano il maggior numero di rapporti e di concepimenti. Evidentemente la ragione del suo successo risiede in altro: le modificazioni indotte nell’endometrio.
Per sostenere che LNG non interferisce con l’annidamento, lo Statement cita studi che utilizzano colture di tessuto endometriale prelevato da donne fertili, con cicli normali, e che non avevano ricevuto alcun trattamento ormonale. Viene usata una coltura di un perfetto endometrio luteale e vi si impiantano 46 embrioni. Il Levonorgestrel, aggiunto in coltura, non interferirebbe con l’impianto. Va da sé che si tratta di endometri normali, non di endometri prelevati da pazienti trattate con LNG nel periodo pre-ovulatorio, cioè in quel periodo fertile del ciclo in cui viene prescritto l’uso del farmaco. Il massimo che questi studi consentono di dire è che il Levonorgestrel, assunto 5 giorni dopo il concepimento, in piena e normale fase luteale, non impedisce l’impianto; ma non sono certo questi i giorni in cui viene usata la contraccezione d’emergenza.
Chi voglia approfondire queste mie considerazioni attraverso la valutazione rigorosa dei singoli articoli scientifici, potrà fare riferimento al mio articolo in italiano del 2010, che è agli Atti del Congresso 2010 della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, oppure a quello in Inglese pubblicato nel 2011 da una rivista scientifica internazionale (Mozzanega B. How do levonorgestrel-only emergency contraceptive pills prevent pregnancy? Some considerations. Gynecol Endocrinol 2011;27:439-442).
Desidero soltanto aggiungere un ulteriore dato per qualificare l’attendibilità dello Statement FIGO:
cercandone l’edizione del 2011 mi sono imbattuto per caso nel sito della European Society of Contraception and Reproductive Health (http://www.escrh.eu/about-esc/news/how-do-levonorgestrel). Nel sito, oltre al link per lo Statement, ho trovato i ringraziamenti agli estensori dello Statement stesso “per la loro incredibile attenzione ai dettagli e per la costante preoccupazione di essere sicuri che questo Statement fosse accurato e riflettesse pienamente gli studi più recenti”, e, finalmente (mi incuriosiva sapere chi fossero) ho trovato anche i loro nomi.
La prima a essere ringraziata è Vivian Brache, la prima Autrice di uno studio su ellaOne? che ritroveremo fra breve (Brache V. Immediate pre-ovulatory administration of 30 mg ulipristal acetate significantly delays follicular rupture. Hum Reprod 2010;25:2256–2263). Nello studio su  ellaOne essa conclude che “dall’analisi combinata di diversi studi, il Levonorgestrel somministrato nel periodo fertile avanzato inibisce l’ovulazione soltanto in 7 donne su 48, e cioè nel 14,6% dei casi”.
In sostanza la Brache, insieme a Faundes (altro autore dello Statement), nei propri studi rimarcano che LNG non è in grado di inibire l’ovulazione. Negli Statements, invece, di concerto con agli altri due Esperti della FIGO, sostengono con enfasi, esattamente il contrario e  affermano in modo ufficiale e inappellabile che il meccanismo d’azione principale del Levonorgestrel è quello di impedire o ritardare l’ovulazione.
Questo Statement apparirà come la Verità ufficiale della FIGO, condivisa unanimemente da tutto il mondo della Ginecologia internazionale. In base ad essa i medici effettueranno le proprie scelte etiche e professionali. In base ad essa le donne compiranno le proprie scelte personali, ritenendo che LNG serva a prevenire i concepimenti. Ad essa gli Stati e i Governi faranno riferimento quando si troveranno a legiferare su questi temi vitali
-    Ulipristal Acetato (UPA, ellaOne®)
L’Azienda produttrice, HRA Pharma, sostiene che Ulipristal, somministrato nel periodo fertile del ciclo mestruale e quindi nei quattro – cinque giorni che precedono l’ovulazione, abbia la capacità di posticipare l’ovulazione stessa e quindi impedisca l’incontro di uovo e spermatozoo, anche se somministrata fino a cinque giorni dopo il rapporto. Questo assunto si basa sullo studio di Brache appena citato.
Va ricordato che il concepimento può avvenire soltanto se il coito si è verificato nei quattro – cinque giorni fertili pre-ovulatori, durante i quali il muco cervicale consente agli spermatozoi di entrare nei genitali femminili, e che il concepimento di norma avviene entro 24 ore dalla liberazione dell’uovo.
Nei giorni fertili si verificano, a livello di ovaio e ghiandola ipofisi, i fenomeni che preparano e determinano l’ovulazione: nell’ordine, un progressivo aumento nei livelli di estrogeni (che iniziano a rendere fertile il muco) induce un progressivo rilascio dell’ormone LH. Quest’ultimo, a sua volta, raggiunge valori di  picco che si mantengono per ore; l’ovulazione si verifica  24-48 ore dopo il picco, ma nel 20% delle donne anche tre giorni dopo.
Se visualizziamo questi eventi su di un grafico che rappresenti i quattro – cinque giorni fertili del ciclo mestruale, ci rendiamo conto del fatto che il periodo che precede il rialzo dell’LH si identifica con l’inizio del periodo fertile; quello durante il quale l’LH aumenta coincide verosimilmente con il secondo/terzo giorno fertile del ciclo, mentre i giorni di picco e quelli successivi (24-48 ore dopo il picco dell’LH) sono verosimilmente gli ultimi giorni fertili, quelli immediatamente pre-ovulatori.
Ciò premesso, vi è un unico studio che valuta l’efficacia di Ulipristal (un’unica dose di 30 mg per os) sulla ovulazione, quando viene somministrato nel periodo fertile del ciclo . E’ quello, appunto, di Vivian Brache. Il numero di donne studiate è esiguo: 34; esse vengono suddivise in tre gruppi a seconda che ricevano Ulipristal prima che l’LH inizi ad aumentare, oppure durante la fase di incremento dell’LH, o ancora dopo che il picco dell’LH è stato raggiunto.
L’ovulazione risulta ritardata soltanto nelle otto donne trattate all’inizio del periodo fertile. Se l’LH ha già iniziato a crescere l’ovulazione è ritardata nel 78% dei casi: in 11 donne su 14 (tre donne ovulano e possono concepire). Nelle pazienti in cui il picco dell’LH è già avvenuto l’ovulazione è ritardata in un solo caso su 12: il 92% delle donne studiate ovula.
Di più, nei risultati l’Autrice riporta che un giorno e mezzo due prima dell’ovulazione il farmaco non ha alcuna capacità di impedirla e funziona esattamente come un placebo (“when UPA was given at the time of the LH peak, the time elapsed to rupture was similar to placebo (1.54+-0.52 versus 1.31+-0.48).”)
E’ evidente quindi che ellaOne?, assunta nel periodo fertile del ciclo e cioè prima della ovulazione, non agisce con meccanismo anti-ovulatorio. Anche dando per scontato che un gruppo di otto donne sia un numero adeguato e sufficiente alla statistica e consenta deduzioni universalmente valide, solo il trattamento all’inizio del periodo fertile sembra realmente ritardare l’ovulazione. In questo caso, però, un rapporto risalente da 1 a 5 giorni prima sarebbe avvenuto in un periodo del ciclo verosimilmente non ancora fertile e quindi il Ulipristal verrebbe assunto inutilmente.
Nonostante questo, l’efficacia di ellaOne, segnalata superiore all’80%, non si riduce nel tempo: sia che il farmaco sia assunto nel primo giorno dopo il rapporto a rischio, sia che esso sia assunto invece nel quinto, l’efficacia contraccettiva si mantiene costantemente elevata.
Abbiamo visto che la capacità del farmaco di inibire l’ovulazione si riduce progressivamente nei giorni fertili preovulatori, fino ad azzerarsi negli ultimi due giorni. Se il meccanismo contraccettivo fosse davvero correlato all’inibizione della ovulazione ci si attenderebbe un progressivo calo della sua efficacia col passare dei giorni, man mano che il momento dell’ovulazione si approssima. Invece, come detto, l’efficacia rimane costante. Ciò evidenzia che il meccanismo contraccettivo va ricondotto ad altro, in particolare alla sua azione di inibizione dell’endometrio.
Infatti l’assunzione di una sola dose di Ulipristal altera profondamente la recettività del tessuto, sia che essa avvenga a metà della fase follicolare, prima ancora che inizino i giorni fertili, sia che essa avvenga esattamente a metà ciclo nel giorno stesso dell’ovulazione o in quello immediatamente successivo, sia che essa avvenga infine a metà della fase luteale, proprio nei giorni in cui l’embrione dovrebbe impiantarsi. Viene meno l’espressione di quelle proteine che rendono l’organismo materno accogliente nei confronti del figlio il quale, non dimentichiamolo mai, geneticamente è altro dalla madre e verrebbe trattato da corpo estraneo e rigettato.
L’effetto inibitorio sulla maturazione dell’endometrio è diretto: è legato alla inibizione dei recettori tissutali per il Progesterone (esattamente lo stesso meccanismo con cui agisce la RU486) e si verifica anche con i dosaggi più bassi di Ulipristal (1 mg e 10 mg di): le dosi di Ulipristal che servono per determinarlo sono più basse di quelle necessarie ad inibire i follicoli. L’effetto inibitorio sull’endometrio, infine, non risulta correlato a variazioni nei livelli degli ormoni del ciclo mestruale, che si osservano soltanto con dosaggi di Ulipristal più elevati.
In conclusione, le donne che assumono Ulipristal dopo un rapporto sessuale avvenuto nel periodo fertile del ciclo mestruale prevalentemente ovulano e possono concepire. Gli spermatozoi sono già entrati e l’uovo viene liberato: nulla osta al concepimento. L’endometrio, però è irrimediabilmente compromesso, indipendentemente dal momento in cui Ulipristal venga assunto.
D’altra parte, la grande e reclamizzata novità di ellaOne?, presentata come “la pillola dei cinque giorni dopo”, è proprio quella di essere totalmente efficace anche se presa cinque giorni dopo il rapporto sessuale avvenuto nel periodo fertile del ciclo: se immaginiamo un rapporto sessuale avvenuto il giorno prima dell’ovulazione, con il concepimento entro le successive 24 ore (e quindi 48 ore dopo quel rapporto sessuale), come potrà invocarsi un’azione anti-ovulatoria e anti-concezionale per un agente chimico assunto fino a cinque giorni da quel rapporto e quindi tre giorni dopo il concepimento? Si avrà esclusivamente un’azione anti-annidamento.
Ma questo effetto non è compatibile, come sopra si è detto, con i principi fondamentali su cui si fondano le nostre Leggi e la nostra stessa Costituzione.
-    Conclusioni
Come concludere questa riflessione?
La prima riflessione riguarda le persone. Sono vittime di una disinformazione organizzata che origina dal pragmatismo dei Paesi anglosassoni, in cui il numero di gravidanze indesiderate non si riduce.
Una violenza, la disinformazione, che cade su di una popolazione totalmente sprovvista (e forse volutamente tenuta tale) degli strumenti di conoscenza che le consentirebbero di valutare i messaggi che insistentemente giungono. Soprattutto quando a esprimerli sono Società Scientifiche alle quali si presta fede in modo incondizionato.
La seconda riflessione riguarda i Medici che volessero rifiutare la prescrizione di questi farmaci. Io personalmente non li prescrivo. Certamente mi appello alla mia coscienza. Tuttavia non ritengo di dover presentare alcuna dichiarazione di “obiezione di coscienza alla legge” per motivare la mia scelta professionale. Infatti la Legge finalizza la procreazione responsabile alla tutela della salute della madre e del prodotto del concepimento, cioè del concepito, la nostra prima cellula.
Non prescrivere farmaci che non rispettano il concepito nel contesto attuativo della procreazione responsabile è un atto di rispetto totale per la legge, e certamente non di obiezione.
Altrettanto urgente è un’opera di informazione attuata su vasta scala e con strumenti idonei.
La conoscenza dei meccanismi del ciclo mestruale e della fertilità, ma soprattutto la consapevolezza piena che da ogni concepimento è chiamato a esistere “Uno di noi”, dovranno essere il caposaldo su cui si fonda la responsabilità nella procreazione e la motivazione a scelte conseguenti che escludano dal novero dei contraccettivi i metodi che agiscono dopo il concepimento.
E’ la scelta di fondo, il discrimine. E’ anche ciò che prevede la nostra Legge.

Fonte: prolifenews.it

mercoledì 27 marzo 2013

Infertilità. Non è detta l'ultima parola.



  Infertilità, non è detta l’ultima parola + DVD
di Anna Fusina
La speranza nella soluzione del problema dell’infertilità, sempre più diffuso, c’è e si chiama naprotecnologia, un nuovo metodo, scoperto di recente, per aiutare le giovani coppie.
Infertilità. Non è detta l’ultima parola” è il titolo del libretto con DVD allegato, edito da Mimep-Docete.  Il film su DVD offre la consulenza medica di due noti ginecologi: la Dott.ssa Raffaella Pingitore e il Dott. Michele Barbato..

Abbiamo chiesto alla Dott.ssa Pingitore, specialista in ostetricia e ginecologia chirurgica all’Ospedale Regionale di Lugano ed alla Clinica Luganese Moncucco in Svizzera e medico consulente della Napro Tecnology dal 2009 di illustrarci questo nuovo metodo contro l'infertilità.
Dott.ssa Pingitore, innanzitutto, cosa si intende per infertilità?
 Per infertilità si intende una difficoltà di concepimento spontaneo, in una coppia che per 1 anno di seguito ha cercato una gravidanza senza successo. E’ un problema che concerne attualmente circa il 10% delle coppie e che sta aumentando negli ultimi anni.
       Come è possibile oggi risolvere questo problema?
 Ci sono vari modi per affrontare il problema dell’infertilità.
Attualmente i centri di trattamento per infertilità offrono una serie di analisi standard per ricerca di cause di infertilità, la stimolazione ovarica con concepimento spontaneo, oppure l’inseminazione intrauterina o la fecondazione in vitro.
     Cos'è la Naprotecnologia? 

NaPro Tecnologia è l’acronimo di tecniche di procreazione naturali. Si è sviluppata negli anni 90 negli USA e si sta diffondendo in Europa, soprattutto nei paesi del nord. La NaPro Technology
spinge la ricerca di cause di infertilità molto più approfonditamente che nei centri usuali di trattamento dell’infertilità, corregge le cause e favorisce il concepimento naturale, ossia frutto dell’unione dell’uomo e della donna, in condizioni fisiologiche nel grembo della donna.
Queste tecniche, presentate per la prima volta in Italia durante un convegno svoltosi a Milano il 20 febbraio,  hanno suscitato vivo interesse in ambito medico, infermieristico ed in altri operatori della salute.  È probabile che grazie a questo incontro altri medici intraprendano la formazione specifica, così da rendere la NaProTecnologia disponibile ad un più grande numero di coppie.

     Qual è la differenza tra la Naprotecnologia e gli altri metodi naturali?

  In generale i metodi naturali permettono di identificare la fase fertile nel ciclo di una donna per dirigere i rapporti sessuali che più probabilmente porteranno al concepimento in questo periodo fertile del ciclo. Ai metodi naturali la NaPro Technology aggiunge il trattamento medicamentoso e chirurgico delle cause che impediscono un concepimento naturale.

 Rispetto alle tecniche di fecondazione artificiale, quali sono le percentuali di successo   ottenute con questo trattamento?

 Mentre le tecniche di fecondazione artificiale riferiscono una probabilità di concepimento che varia tra il 15% e il 20% per ciclo di trattamento, gli studi dimostrano che la NaPro Technology ha una efficacia del 50-60% dopo 2 anni di trattamento.
  Come funziona, in concreto, questo nuovo metodo contro l'infertilità?

 Si tratta di imparare la registrazione dei marcatori della fertilità lungo il ciclo riproduttivo della donna e intervenire con medicamenti o operazioni laddove si riscontra un problema. La NaPro Technology utilizza tutte le più moderne e avanzate tecniche farmacologiche e chirurgiche, già
convalidate insieme con un approccio che tenga conto del benessere integrale della coppia.
 A chi ci si devono rivolgere le coppie che hanno problemi di infertilità  e vogliono provare questo nuovo metodo?

 Sul sito europeo della NaPro Technology (
fertilitycare.net) vi è la lista dei medici europei formati in questa disciplina. In Italia la ginecologa dr.ssa Maria Konecka (m.konecka@gmail.com) è il primo medico ad essere formato nella NaPro Technology.

martedì 26 marzo 2013

La nuova rupe tarpea

“Uccidere un bimbo non è reato”. I filosofi blasonati che giustificano l’infanticidio. Intanto in Europa si eliminano i neonati disabili 

di Giulio Meotti

Nel 1977 l’allora chirurgo generale degli Stati Uniti, C. Everett Koop, scomparso tre settimane fa e salutato dalla stampa liberal come il grande pioniere della sanità americana, tenne un discorso che fece scalpore al parterre dell’American Academy of Pediatrics, intitolato “The slide to Auschwitz”. “L’infanticidio è messo in pratica e sono preoccupato perché non c’è protesta”, disse il medico-ministro. “Sono preoccupato perché quando i primi 273 mila tedeschi, anziani, disabili e ritardati furono uccisi nelle camere a gas non ci fu protesta neppure allora da parte della professione medica e non fummo molto lontani da Auschwitz”. Sono trascorsi trentasei anni da quello storico j’accuse di Koop e l’infanticidio, l’eutanasia dei bambini, o come viene chiamato da altri più eufemisticamente “aborto post nascita”, è diventato mainstream.
Il “rottweiler di Darwin”, il professor Richard Dawkins, l’autore di “The God Delusion”, ha appena dichiarato che i feti, i bambini non nati, sono “meno umani” di un maiale adulto. “Riguardo a cosa sia ‘umano’ e alla moralità dell’aborto, ogni feto è meno umano di un maiale adulto”. Dawkins ha così giustificato l’uccisione di neonati disabili: “Moralmente non vedo obiezione, sarei a favore dell’infanticidio”. Della stesso avviso il professor Steven Pinker, docente ad Harvard, appena arrivato in Italia col suo libro “Il declino della violenza” (Rizzoli), per il quale i nuovi nati non sono ancora “persone”.
Le nuove teorie sull’infanticidio, moderna versione della Rupe Tarpea, si formano nel Centro per la bioetica fondato da Peter Singer presso la Monash University di Melbourne. “Se paragoniamo un nuovo nato deficiente a un cane o a un maiale, scopriremo che il non umano ha capacità superiori”, ha scandito il professor Singer, che per questo è stato soprannominato “il filosofo della soluzione finale”. “Pensare che la vita di un neonato abbia uno speciale valore perché è piccolo e grazioso è come pensare che un cucciolo di foca, con la sua soffice pelliccia bianca e i suoi occhioni tondi, meriti più protezione di un gorilla”. Nel 1997 Singer fu invitato a tenere una conferenza sull’eutanasia in Svezia. Il cacciatore di nazisti Simon Wiesenthal si rifiutò d’incontrarlo perché, disse, “è inaccettabile un professore di morale che giustifica l’uccisione di nuovi nati handicappati”. George Pell, arcivescovo di Melbourne, dove Singer insegnava prima di atterrare nel celebre campus di Princeton nel Massachusetts, gli ha dichiarato guerra, chiamandolo “il ministro della propaganda di Erode”. Per il New York Times la sua popolarità a Princeton è simile a quella di Albert Einstein negli anni Quaranta all’Institute for Advanced Studies. Il New Yorker, in una celebre gigantografia, lo ha definito il filosofo più influente al mondo.
E’ vero, perché non c’è teoria filosofica che abbia scatenato più clamore di quella di Singer negli ultimi vent’anni. La sua assunzione da parte dell’Università di Princeton, la più conservatrice tra le otto prestigiose università della Ivy League, ha scatenato un chiasso mediatico non inferiore al mancato ingaggio del teorico dell’amore libero, Bertrand Russell. Il Wall Street Journal ha paragonato l’assunzione di Singer a quella del nazista Martin Bormann, accusando l’ateneo di aver “gettato in mare la concezione della dignità umana che da due millenni caratterizza la civiltà occidentale”. Vegetariano, evoluzionista di sinistra, militante socialdemocratico, paladino degli animalisti che devolve parte del suo stipendio in beneficenza, Singer ha fondato le teorie sull’eutanasia infantile in vigore oggi in Europa: “Ci sono molti esseri che sono consapevoli e capaci di provare piacere e dolore ma che non sono razionali e quindi non sono delle persone”, ha scritto il famoso bioeticista. “Molti animali non-umani rientrano in questa categoria, alcuni infanti e altri deficienti mentali. Dato che gli infanti sono indifesi e moralmente incapaci di commettere un crimine, chi li uccide non ha le scusanti spesso concesse per l’uccisione di un adulto. Niente di tutto ciò mostra comunque che l’uccisione di un bambino dovrebbe ritenersi grave quanto quella di un adulto”. E’ nata anche una Princeton Students Against Infanticide.
Da anni stanno uscendo saggi importanti di bioeticisti e filosofi che giustificano l’eutanasia dei nuovi nati. Jeff McMahan ha scritto ad esempio in “The ethics of killing” (Oxford University Press) che “l’infanticidio è giustificabile” in caso di “gravi disabilità mentali” del bambino. “La ragione per cui non ci sono differenze intrinseche fra neonati e feti è che un feto potrebbe essere un nuovo nato prematuramente”. Quindi l’aborto e l’infanticidio hanno la stessa valenza morale.
In Inghilterra il professore del King’s College Jonathan Glover ha giustificato l’infanticidio sulla base del fatto che “va considerata l’autonomia della persona la cui vita è in gioco, se valga la pena di essere vissuta”. La filosofa utilitarista Helga Kuhse ha articolato la legittimità dell’uccisione degli handicappati in “Should the Baby Live? The Problem of Handicapped Infants”, un libro che ha scritto insieme a Singer. Sulla rivista Journal of Applied Philosophy, con il saggio “Consciousness and the Moral Permissibility of Infanticide”, gli studiosi Nicole Hassoun e Uriah Kriegel hanno sostenuto che “non è permesso uccidere una creatura soltanto quando questa è cosciente; è ragionevole pensare che ci sono casi in cui i neonati non sono coscienti; quindi è ragionevole pensare che sia lecito uccidere alcuni nuovi nati”.
Hugo T. Engelhardt jr, autore del “Manuale di bioetica”, non esclude la possibilità dell’infanticidio osservando che “il dovere di preservare la vita di un neonato generalmente viene meno con il diminuire delle possibilità di successo nonché della qualità e della quantità della vita, e con l’aumentare dei costi del conseguimento di tale qualità”. Il noto bioeticista ha coniato la definizione di “straniero morale” per indicare tutti quegli esseri umani (non nati, gravi ritardati mentali, dementi, comatosi, in stato vegetativo, ecc.) che non avrebbero titolo a essere considerati “persone” perché privi della capacità di esprimere biasimo o lode e quindi, appunto, estranei alla comunità sociale. I due premi Nobel che hanno decifrato la struttura del Dna, Francis Crick e James Watson, hanno dichiarato che dovrebbe essere istituito un periodo di due giorni di osservazione dopo la nascita in cui i bambini non sono ancora pienamente “persone” e quindi soggette a possibile eutanasia. Una delle università mediche reali della Gran Bretagna, il Royal College of Obstetricians and Gynaecologists, ha invitato la comunità medica a studiare la possibilità di consentire l’eutanasia di neonati seriamente disabili. L’università ha sostenuto che “l’eutanasia attiva” dovrebbe essere considerata per il bene generale delle famiglie, per risparmiare ai genitori i turbamenti emotivi e le difficoltà finanziarie di crescere i bambini più gravemente ammalati. “Un bambino molto disabile può significare una famiglia disabile”. Joy Delhanty, docente di Genetica all’Università di Londra afferma: “Penso che sia immorale sforzarsi di mantenere in vita bambini che soffriranno per molti mesi o anni a causa di affezioni molto gravi”.
Richard Nicholson, redattore del Bulletin of Medical Ethics, che ha ammesso di aver accelerato la morte di due bambini neonati gravemente disabili negli anni Settanta, quando era un medico neo laureato, afferma: “Non mi opporrei a questa pratica”, riferendosi anche “al dolore, all’afflizione e al disagio” dei bambini gravemente disabili.
Scandalo hanno generato le tesi del professor John Harris, perché è un membro della commissione governativa di Genetica umana e professore di Bioetica all’Università di Manchester: “E’ possibile sopprimere in caso di gravi anomalie fetali finché è un feto ma non possiamo uccidere un neonato. Che cosa pensa la gente che cambi nel passaggio lungo il canale vaginale da rendere giusto uccidere un feto a un’estremità del canale ma non all’altra?”.
In Europa l’infanticidio sta diventando una prassi. Secondo uno studio realizzato da Veerle Provoost, una ricercatrice dell’Università di Gand, la metà dei bambini colpiti da malattie gravissime e deceduti in Belgio entro il primo anno di vita sono stati aiutati o lasciati morire, ricorrendo, quindi, a una forma non dichiarata di eutanasia e non prevista per i minorenni. Per questo oggi il Belgio sta studiando come estendere l’eutanasia anche ai bambini. Lo studio di Provoost calcola che per 150 bambini è risultato che la morte è dovuta alla decisione “di mettere fine alla vita” del piccolo paziente, adottata mediante la sospensione del trattamento capace di prolungarne l’esistenza, la somministrazione di oppiacei e l’impiego di prodotti tesi esplicitamente a provocare la morte del bambino. Nel 30 per cento dei casi non si trattava neppure di malati terminali, ma di bambini che non avrebbero potuto avere “una qualità della vita accettabile”. In questi casi “è insensato prolungare la loro esistenza a ogni costo”, ha dichiarato José Ramet, primario all’ospedale universitario di Anversa e presidente della società belga di pediatria.
Il Liverpool Care Pathway (Lcp) è il protocollo seguito negli ospedali britannici che indica come i medici debbano accompagnare alla morte i malati in fin di vita. Il protocollo prevede l’interruzione di alimentazione e idratazione. Alcune settimane fa, sulle pagine dell’autorevole British Medical Journal è stato rivelato che il protocollo è applicato anche ai bambini con disabilità. Un medico inglese che vuole rimanere anonimo ha raccontato la vicenda di un bambino nato con una lista molto lunga di anomalie congenite. I genitori del neonato malformato erano d’accordo sull’applicazione del Lcp e speravano che morisse in fretta. “Si auguravano che gli venisse una polmonite e che non soffrisse. Ma nella mia esperienza di medico ho visto che non si può sapere quanto sopravviveranno i bambini nati con malformazioni”.
Un anno fa è apparso sul prestigioso Journal of Medical Ethics il saggio di due studiosi italiani che fanno ricerca in Australia, Alberto Giubilini e Francesca Minerva: “Se pensiamo che l’aborto è moralmente permesso perché i feti non hanno ancora le caratteristiche che conferiscono il diritto alla vita, visto che anche i neonati mancano delle stesse caratteristiche, dovrebbe essere permesso anche l’aborto post nascita”. Ovvero: al pari del feto, anche il bambino già nato non ha lo status di “persona”, pertanto l’uccisione di un neonato dovrebbe essere lecita in tutti i casi in cui è permesso l’aborto, anche quando il neonato non ha alcuna disabilità ma ad esempio costituisce un problema economico o di altra natura per la famiglia. Le loro idee sono state sdoganate anche in Italia: Maurizio Mori, direttore del master di Bioetica all’Università di Torino, in gennaio li ha invitati a parlare. “Alle idee di Singer di trent’anni fa, quando non eravamo nemmeno nati, noi abbiamo aggiunto solo un pezzetto: il fatto che non occorra che il neonato sia disabile per poterlo uccidere”. L’infanticidio dovrebbe essere consentito per le stesse ragioni per cui è permesso l’aborto. “L’essere ‘umano’ non è di per sé ragione sufficiente per attribuire a qualcuno il diritto alla vita”, affermano i due studiosi. “Sia il feto sia il neonato sono certamente esseri umani ma né l’uno né l’altro sono ‘persone’ nel senso di ‘soggetto di un diritto morale alla vita”’.
Il pioniere dell’infanticidio è il dottor Eduard Verhagen. Sono tre le categorie di neonati secondo cui per questo pediatra olandese si può porre fine alla loro vita. La prima: “I bambini destinati a morire in breve tempo nonostante il sostegno ininterrotto di tecnologia medica invasiva. Questi sono bambini con una patologia di fondo, quale può essere l’assenza di reni, polmoni non sufficientemente sviluppati, eccessiva prematurità (come per i neonati di meno di 22 settimane) e per i quali la morte è un fatto inevitabile”. Secondo gruppo: “Pazienti che necessitano di un trattamento intensivo e che, dopo questo periodo di cure, potrebbero anche sopravvivere, ma le cui prospettive di vita, dal punto di vista della qualità dell’esistenza, sono davvero miserevoli”. Differenti tipologie di bambini possono rientrare in questa categoria: i bambini con gravi malformazioni cerebrali (come nel caso della oloprosencefalia) o che hanno riportato gravi danni neurologici (come nel caso di asfissia o di gravi emorragie cerebrali). “I bambini di questa categoria si prevede che muoiano non appena il trattamento delle cure intensive venga interrotto”. Terzo gruppo: bambini “che non dipendono da un trattamento medico intensivo, e la cui sofferenza è sostenuta e grave e non può essere alleviata in alcun modo. Un esempio di quest’ultimo caso sono i bambini che sopravvivono grazie al sostegno di una tecnologia sempre più avanzata, ma per i quali appare presto chiaro che, finito il trattamento intensivo, la loro vita sarà piena di sofferenze intollerabili e senza la speranza di alcun miglioramento”. In sintesi, l’infanticidio è stato esteso anche a bambini non terminali ma semplicemente disabili.
I parametri giudicati sufficienti per deliberare un intervento di “life-ending”, o come la chiamano in Olanda di “terminazione”, sono la “mancanza di autosufficienza”, “mancanza di capacità di comunicazione”, “dipendenza ospedaliera”, “aspettativa di vita”. “Euthanasia in Severely Ill Newborns”. E’ il titolo dell’ormai famoso articolo del New England Journal of Medicine nel quale i due pediatri olandesi Verhagen e Pieter J. J. Sauer annunciarono al mondo il “Protocollo di Groningen”, il documento medico più esplosivo e controverso degli ultimi dieci anni. Nel 2004, il centro medico di Verhagen all’Università di Groningen invase le prime pagine di tutte le principali testate internazionali con l’ammissione che avevano praticato l’eutanasia pediatrica. Da qui la decisione di pubblicare le linee guida per l’eutanasia neonatale che l’ospedale aveva eseguito nel porre fine alla vita di 22 neonati tra il 1997 e il 2004.
Anche l’Hastings Center Report, una delle principali riviste di bioetica del mondo, ha pubblicato un saggio di Hilde Lindemann e Marian Verkerk, “Ending the Life of a Newborn”, in cui i due autori sostengono che “porre fine attivamente a una vita qualche volta può essere più umano di aspettare la morte di una persona”. Verhagen ha ammesso di aver praticato l’eutanasia su quattro bambini nei tre anni precedenti alla pubblicazione attraverso l’iniezione letale di morfina e di midazolam (un potente sedativo).
A Norimberga i medici tedeschi furono impiccati perché colpevoli di infanticidio. Oggi l’introduzione e la legittimazione di quello stesso crimine viene discussa sulle pagine delle più prestigiose riviste accademiche e lo si pratica nei corridoi delle migliori unità neonatali d’Europa. Come scrive Mireille Horsinga-Renno nel libro sull’eutanasia nazista “Cher Oncle Georg”, “qual è l’oggetto della civiltà se non quello di far sbocciare il fiore fragile di una speranza collettiva (che si poggia sul rispetto della dignità di ciascuno) sul letame e la sporcizia? Forse il letame sta di nuovo esalando i suoi miasmi? Come il comignolo del castello di Hartheim che sputava il suo fumo di morte”.

Fonte: Il Foglio

Scoperta la possibile causa della sindrome di Down



USA. Scienziati del Sanford-Burnham Medical Research Institute trovano in una proteina la possibile causa dell’alterazione nello sviluppo del cervello nella sindrome di Down

lm&sdp


Si è appena celebrata la Giornata Mondiale della Sindrome di Down, che ecco arrivare la notizia dagli Stati Uniti di una scoperta che potrebbe spiegare l’azione del cromosoma 21 nell’alterazione dello sviluppo cerebrale nelle persone affette dalla Trisomia 21.

Dietro ai difetti nelle funzioni cognitive e comportamentali delle persone Down vi sarebbe una proteina, suggeriscono i risultati di un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature Medicine.
Questa proteina, chiamata “nexin 27”, o SNX27, pare sia inibita nella produzione a causa del cromosoma 21, per cui risulta che nelle persone con sindrome di Down vi sia una scarsa produzione di proteine SNX27 e un conseguente danno alle funzionalità del cervello.

Lo studio dei ricercatori Usa, condotto su modello animale, ha mostrato che nei topi con Trisomia 21, cui si era ripristinata la produzione di SNX27, miglioravano sia la funzione cognitiva che il comportamento in generale.
«Nel cervello – spiega il professor Huaxi Xu, principale autore dello studio – la proteina SNX27 mantiene alcuni recettori sulla superficie delle cellule recettori, che sono necessari ai neuroni nell’operare correttamente. Quindi, nella sindrome di Down, noi crediamo che i difetti cognitivi e di sviluppo siano almeno in parte da imputare alla deficienza di SNX27».


Fonte: lastampa.it

lunedì 25 marzo 2013

“Ventun minuti”

In questi giorni ancora non mi sento capace di scrivere liberamente…
ci sono troppe emozioni  a cui dare un proprio luogo, per decantare.
Ne approfitto per dare il giusto spazio a questa bellissima lettera d’amore che tempo fa mi ha donato un papà. La lettera è per il suo bambino con sindrome di Down, Francesco, che ha la stessa età della mia Emma. Stefano ha in mente un grande progetto, e la passione lo aiuterà di sicuro… io spero di aver contribuito a fargli conoscere la persona giusta per realizzarlo!
Per ora grazie Stefano, le parole che usi sono talmente belle che il tuo racconto sembra poesia…!

 

Ventun minuti
Ventuno lunghissimi minuti. Tanto ci hai messo, Francesco, a mangiare 5 grammi di latte. Te li ho stillati goccia a goccia con la siringa sulla lingua, seduto sul lettino di quella stanzetta scarna e asettica, tu in braccio a me. Era mezzanotte e ho contato i minuti. Ventun minuti.
Io in 21 minuti potrei correre per 5 kilometri, se mi impegno. Dovrei correre forte, è quasi oltre le mie possibilità. Ma potrei accettare la sfida e tentare di vincere una battaglia. Tu, invece, la tua battaglia l’hai già vinta, la prima di una serie credo, perchè sembra esserci una guerra all’orizzonte. Ma la nostra dottoressa preferita dice di stare tranquilli, che quelli come te li conosce bene, eh sì, dice che sei un Highlander, un guerriero pronto a combattere. Anche se qualcuno pensa che tu la guerra l’hai già persa.
Quando qualche ora dopo la nascita venne il primario (perchè in questi casi viene il primario) a dirci “purtroppo” ormai era tardi, noi lo sapevamo già. Lo sapevamo dal momento in cui hai visto la tenue luce della sala parto, dal momento in cui hai pianto per la prima volta, dal momento in cui ti abbiamo scrutato in viso per cercarne i segni. Ma in realtà lo sapevamo anche da prima, sì, Francesco, credo lo sapessimo fin dall’inizio e quando dopo le prime avvisaglie tua mamma decise di non fare l’amniocentesi fu chiaro a tutti che sarebbe andata così. Ma fino all’ultimo ho sperato che così non fosse. Non serve raccontarti ora cosa è passato per la testa in quei mesi, sappi solo che è bastato vederti, prenderti in braccio ancora avvolto nel telo verde della sala parto perchè in un sol colpo tu spazzassi via tutti i dubbi, tutte le incertezze e restituissi a me, a 42 anni, un nuovo vigore e un nuovo significato. Non è vincere una guerra questo?
Quando qualche ora dopo la nascita venne il primario (perchè in questi casi viene il primario) a dirci “purtroppo” ormai era tardi, già la parola “purtroppo” l’avevamo cancellata dal nostro vocabolario, come anche “diverso”, “speciale”, “uguale”, dove ipocrisia e pietà si fondono e altro non fanno che mostrare quanto sia inutile il cambiar nome alla realtà. Certo, trovarsi con un cromosoma in più in tutte le cellule non è cosa da sottovalutare, comporta delle preoccupazioni per noi e una seria ipoteca sul nostro futuro. Ma per quel futuro c’è tempo.
Così, Francesco, tu che le battaglie sei già abituato a vincerle, hai voluto metterci alla prova e non contento della tua sindrome di Down hai voluto comprendere nel pacchetto una malattia rara che solo i chirurghi tra qualche mese potranno guarire. Nel frattempo ci hai fatto assaggiare la paura, lo sconforto, l’impotenza. E la speranza. E l’entusiasmo di combattere assieme. Io e te abbiamo trascorso insieme diciassette notti nella stanzetta scarna e asettica della chirurgia pediatrica di Padova, tu alimentato da una macchina e io a tenerti la mano, a raccontarti delle avventure che ho passato e di quelle che faremo assieme. Cominciando poi, piano piano, a darti il latte che la mamma ci lasciava alla sera nel barattolino celeste. Così, in quei primi 21 minuti, abbiamo capito che siamo una squadra, che dobbiamo combattere assieme, che insieme possiamo farcela.
Ecco, Francesco, 21 minuti che riassumono 42 anni. Io che pensavo di aver visto tutto, di essere arrivato, di aver vinto le mie sfide, in 21 minuti ho capito che per 42 anni mi sono solo allenato per correre la gara più bella: quella insieme a te.

Papà.

FrancescoI

http://www.guardaconilcuore.org/

domenica 24 marzo 2013

La verità su ellaOne, la “pillola dei cinque giorni dopo”

di Anna Fusina

 

 E’ online, sul sito della prestigiosa rivista internazionale Trends in Pharmacological Sciences (http://www.cell.com/trends/pharmacological-sciences//retrieve/pii/S0165614713000370?_returnURL=http://linkinghub.elsevier.com/retrieve/pii/S0165614713000370?showall=true) l’articolo: “Ulipristal acetate in emergency contraception: mechanism of action”. Gli autori, i Ginecologi padovani Bruno Mozzanega, Erich Cosmi e Giovanni Battista Nardelli, Direttore quest’ultimo della Clinica Ginecologica dell’Università, discutono il meccanismo d’azione di Ulipristal Acetato (UPA), commercializzato come ellaOne per la contraccezione di emergenza (CE).
Ogni compressa di ellaOne contiene UPA micronizzato 30 mg (equivalente a UPA non micronizzato 50 mg) ed è efficace fino a 120 ore dal rapporto non protetto.
I produttori – riferiscono gli autori - sostengono che UPA agisca ritardando l’ovulazione ed escludono qualsiasi interferenza con l’impianto dell’embrione. Essi basano le loro conclusioni su quattro studi sperimentali che valutano gli effetti di UPA sull’ovulazione e sull’endometrio umano e queste conclusioni vengono integralmente recepite dalle più autorevoli agenzie del farmaco internazionali. La FDA statunitense si limita ad aggiungere che alterazioni dell’endometrio potrebbero contribuire all’efficacia di UPA, mentre l’EMA (European Medicines Agency) menziona solamente il posticipo dell’ovulazione. Le più importanti società scientifiche e molte reviews si rimettono completamente a queste conclusioni e ripetono che ellaOne, somministrato immediatamente prima dell’ovulazione, ritarda significativamente la rottura del follicolo.


I tre medici padovani, tuttavia, esaminando  in modo approfondito i medesimi articoli, mettono in discussione le conclusioni di cui sopra, sia riguardo agli effetti sull’ovulazione sia riguardo a quelli sull’endometrio:

-         EllaOne e ovulazione
Un solo studio (Brache. Hum Reprod 2010;25:2256) valuta gli effetti di UPA nel periodo fertile: in esso si afferma che UPA può ritardare la rottura del follicolo anche se somministrato immediatamente prima dell’ovulazione, un dato che viene enfatizzato nel titolo. In questo studio si rileva che gli effetti di UPA sono fortemente dipendenti dai livelli dell’ormone luteinizzante (LH) al momento della somministrazione del farmaco: prima dell’inizio della crescita di LH, la capacità di UPA di ritardare l’ovulazione era del 100%; dopo l’inizio ma prima del picco di LH, essa scendeva al 78.6%, mentre dopo il picco cadeva all’8.3%.


Inoltre, nel riportare l’intervallo fra la somministrazione di UPA e la rottura del follicolo, la Brache riporta letteralmente che “quando UPA veniva dato al momento del picco di LH, la distanza temporale fra l’assunzione del farmaco e l’ovulazione era simile a quella osservata col placebo (1.54  ± 0.52 versus 1.31  ± 0.48)”.  Secondo gli studiosi padovani, questo dato indica con chiarezza che sia il placebo sia l’Ulipristal sono ugualmente inefficaci quando vengono somministrati circa due giorni prima dell’ovulazione; il che è l’opposto di quanto affermato dalla Brache nelle sue conclusioni.


Poiché i giorni fertili sono i 4-5 precedenti l’ovulazione più il giorno stesso dell’ovulazione, i Ginecologi padovani concludono che UPA è in grado di ritardare l’ovulazione soltanto se viene assunto nei primi giorni fertili, mentre nei giorni più fertili (il pre-ovulatorio e i due giorni intorno a esso), UPA si comporta come un placebo.


Nonostante questi limiti evidenti, tuttavia, l’efficacia di UPA nel prevenire le gravidanze è molto alta (≥80%) e non diminuisce, in qualunque dei cinque giorni successivi al rapporto non protetto esso venga assunto. Questo è sorprendente – a detta degli studiosi padovani - se si pretende di affermare che l’efficacia di UPA sia dovuta alla sua azione anti-ovulatoria, la quale decresce con l’avvicinarsi dell’LH al suo picco: l’efficacia dovrebbe progressivamente ridursi col trascorrere dei giorni e l’avvicinarsi dell’ovulazione.
D’altra parte, - si chiedono - come potrebbe mai UPA, se assunto dopo l’ovulazione, ritardare una rottura del follicolo che può anche essere avvenuta fino a quattro giorni prima? (è il caso di un rapporto nel giorno pre-ovulatorio con assunzione del farmaco 5 giorni dopo). Tutto questo suggerisce che l’efficacia di ellaOne si basi su altri meccanismi, in particolare sui suoi effetti endometriali. 

-         EllaOne e l’endometrio
Bruno Mozzanega e i suoi co-Autori riportano, a questo proposito, che gli studi sperimentali concludono che la quantità di UPA necessaria per modificare la morfologia endometriale è più bassa di quella richiesta per alterare la crescita dei follicoli. L’effetto inibitorio dell’UPA si esplica direttamente sul tessuto endometriale attraverso l’inibizione dei recettori per il progesterone e si osserva anche dopo una singola somministrazione della sua dose più bassa.
Lo studio prosegue con l’analisi dei tre articoli che riportano gli effetti di Ulipristal sull’endometrio:
Quando UPA non micronizzato (1-100 mg) viene somministrato nella fase medio-follicolare, una fase che precede il periodo fertile, tutte le dosi inibiscono la maturazione luteale dell’endometrio in egual modo (Stratton. Hum Reprod 2000;15:1092). L’ovulazione viene certamente posticipata, ma il periodo fertile non è ancora iniziato. L’effetto inibitorio sull’endometrio dura a lungo: si osserva anche nelle fasi luteali fortemente ritardate che seguono la rottura di un nuovo follicolo dominante e persiste fino al flusso mestruale successivo. Questo significa che tutti i rapporti non protetti che si verificassero in quel ciclo dopo l’assunzione di Ulipristal potrebbero portare al concepimento, ma senza alcuna possibilità di annidamento.


Se UPA non micronizzato (10-100 mg) viene somministrato nella fase luteale iniziale, si osserva sempre una riduzione dello spessore endometriale, senza variazioni nei livelli luteali di estrogeni e progesterone (Stratton. Fertil Steril 2010;93:2035). Inoltre, le dosi più alte, 50 mg – equivalente a ellaOne – e 100 mg, inibiscono significativamente l’espressione endometriale (legata al progesterone) di quelle sostanze che  indicano che l’endometrio è pronto per l’annidamento: le “node-addressine” periferiche appaiono significativamente diminuite, e questo si associa a fallimento dell’impianto. Le cellule del trofoblasto (cioè le cellule periferiche dell’embrione attraverso le quali lo stesso si nutrirà), infatti, iniziano l’annidamento legandosi con le  proprie L-selectine alle addressine dell’endometrio.


Quando, infine, UPA non micronizzato viene somministrato nella fase medio-luteale, a singole dosi da 1 a 200 mg, le dosi più alte inducono costantemente un sanguinamento endometriale anticipato. Questo effetto si osserva anche nel 50% delle donne trattate con 50 mg, la dose equivalente a ellaOne (Passaro. Hum Reprod 2003;18:1820).


Tutte queste osservazioni – affermano Mozzanega e co-Autori – evidenziano che gli effetti endometriali di Ulipristal possono interferire con l’annidamento dell’embrione e che l’elevata efficacia di ellaOne nella contraccezione d’emergenza probabilmente è dovuta a questi effetti endometriali, piuttosto che a effetti anti-ovulatori.
E’ esattamente il contrario di quanto divulgano l’OMS, le maggiori agenzie internazionali del farmaco e le più rappresentative società scientifiche: esse infatti sostengono che ellaOne sia antiovulatorio e quindi prevenga il concepimento, mentre invece i dati scientifici indicano un meccanismo d’azione prevalentemente post-concezionale e di contrasto all’annidamento.





"IO SONO...DA QUANDO?"





Al via il grande concorso video "IO SONO .. DA QUANDO" (La Vita miracolo o casualità) 
che coinvolgerà adolescenti e giovani dai 15 ai 19 anni.  La partecipazione al concorso è gratuita
e la scadenza è il 20 aprile 2013 . Ecco il  regolamento.


 
Stiamo amando la Vita da 25 anni e abbiamo sentito l'esigenza di guardarla attraverso gli occhi degli adolescenti e dei giovani, accogliendo le loro opinioni.
E' stato naturale pensare ad un concorso  dove i ragazzi (singoli o a gruppi ) possono esprimere il loro punto di vista sulla VITA, riflettendo in particolare sul periodo che va dal concepimento alla nascita. Questo inizio di Vita è visto come un causale incontro tra due cellule o è la scelta d'amore dei genitori che genera un vero e proprio miracolo ? (miracolo o casualità)
 A loro il compito di produrre un VIDEO di massimo 8 minuti con questo scopo e di inviarlo entro il 20 aprile 2013. (le modalità sono contenute nel regolamento)
I video verranno esaminati da una commissione composta da esperti del settore, dei temi e rappresentanti dell'associazione che stabiliranno una graduatoria secondo dei semplici criteri.
Il video vincitore verrà proiettato il 25 maggio 2013 durante il MUSICAL "IO SONO" in occasione del 25° del Centro AIUTO VITA e verranno premiati i primi 3 classificati.
A tutti un attestato ricordo dell'esperienza.
Thanks & Credits
- Agenzia Tecnodue di Giovanni B. - Ecco la cartolina del concorso
"L'immagine scelta è un uomo dentro un tunnel con la testa rivolta verso una luce che proviene dall'alto; la metafora è chiara: la vita può intrappolarti in un tunnel, ma se hai il coraggio di alzare gli occhi e di andare verso la Luce la tua esistenza ha un sapore completamente nuovo."

Fonte: cavlegnago.it

martedì 19 marzo 2013

Conosci i tuoi Diritti? - Video Pro Life



Video autoprodotto in cui, utilizzando la tecnica dei cartelli (forma espressiva degli anni 60, risalente al videoclip "Subterranean homesick blues" di Bob Dylan) denuncio la violazione di un diritto fondamentale, quello alla Vita.
La tragica percentuale di aborti in Europa (fonte: Osservatore Romano vatican.va/news_services/or/or_quo/comme­nti/2010/053q01b1.html ), mi ha fatto riflettere sul problema. Non chiamiamo l'aborto una "libera scelta" ma consideriamolo per quello che è: un attacco frontale contro i diritti universali dell'uomo, inalienabili (it.wikipedia.org/wiki/Dichiarazione_uni­versale_dei_diritti_umani).
La modalità con cui è girato lo spot, a tratti "cartoonesco", vuole destare la curiosità proprio nei bambini, gli adulti di domani, che si troveranno loro volta a battersi per i principi elementari della vita.
La loro, e di chi non ha voce per farsi ascoltare.

Soggetto e idea: Federico Bason - Musiche: Cabal

http://www.youtube.com/watch?v=yAxwST5wnNQ