venerdì 28 febbraio 2014

Aborto: una cicatrice che rimane per tutta la vita



aborto_cicatrice_vita

di Anna Fusina


Riportiamo qui di seguito l'esperienza di aborto spontaneo di una mamma di 5 figli.

La mia quarta gravidanza (e quinto figlio, essendo stata una delle precedenti gravidanze gemellare) è arrivata “dal cielo”.
Il test positivo è stato “un colpo”, ma io ho pensato subito che, se ci era stato mandato un figlio, voleva dire che ce la potevamo fare.
La preoccupazione più grande era che tutto andasse per il meglio.
A 5 settimane di gravidanza però sono iniziati i problemi.
Ho avuto un'emorragia improvvisa e mi sono vista il mondo crollare addosso.
Il mio medico, dopo avermi fatto un'ecografia, da cui si vedeva solo un residuo di sangue in utero, mi disse che era troppo presto per poter dire qualcosa, che bisognava attendere almeno altre due settimane per vedere come si evolveva il tutto e che comunque io non avrei potuto fare niente: solo la natura avrebbe deciso.
Le due settimane seguenti sono state interminabili, le emorragie si sono ripresentate ed io ho provato una sensazione bruttissima ed inspiegabile di “svuotamento”. Piangevo senza riuscire a fermare le lacrime: era più forte di me.
Ma non avevo realizzato assolutamente quello che mi stava accadendo.
Alla settima settimana di gravidanza il ginecologo mi rifà l'ecografia transvaginale. Non avevo il coraggio di guardare il monitor e così fissavo il medico in viso. Quando ho visto la sua espressione triste mi sono sentita morire!
Nel monitor si vedeva un grande ematoma e basta!
Il ginecologo però vuole approfondire. Mi esegue l'ecografia esternamente e si accorge che sopra l'ematoma c'è un'altra camera gestazionale ed il cuoricino pulsa forte.
Mi sono scese le lacrime all'istante.
L'emozione è stata ancora più grande quando il medico mi ha detto che la spiegazione di tutto era che anche questa gravidanza (come l'altra mia precedente) era partita come gemellare.
Nelle settimane successive ho continuato ad avere perdite. Mi era stato detto che erano normali, visto l'ematoma, ma io non le ho mai accettate con serenità.
Ero felicissima che la gravidanza ci fosse, la pancia cominciava anche a farsi vedere... Ma io non la “sentivo”.
Anche il giorno di Natale, quando avrei dovuto essere al settimo cielo avendo “Gesù bambino” in grembo, mi sentivo nervosa, irritata... e non riuscivo a spiegarmi come mai.
A 12 settimane ho avuto improvvisamente un'altra emorragia che non dava cenno a fermarsi.
Mi sono recata all'ospedale e sono rimasta bloccata lì a letto per sei giorni.
Il bimbo stava bene, ma l'emorragia aveva dato origine ad un ematoma di 7 cm. Quindi si temeva un'infezione.
Quel ricovero che, sono convinta, non è venuto a caso, mi è stato molto chiarificatore.
Durante la mia permanenza in ospedale passa a farmi visita una mia carissima amica ostetrica che avverte subito il mio stato di tensione interna. Mi dice chiaramente che così non sarei potuta arrivare a temine e mi consiglia di sottopormi ad un massaggio che faceva una sua collega, in quanto ciò mi avrebbe aiutato a riequilibrarmi un po'...
La sera seguente mi sono fatta fare quel massaggio. L'ostetrica si mise all'opera. Iniziò dalla mia testa ed io scoppiai in un pianto incontrollabile e liberatorio.
Alla fine del massaggio non percepivo più il contatto con il letto, mi sembrava di essere in un'altra dimensione, in uno stato di abbandono e di benessere.
Con l'aiuto di questa cara ostetrica ho avuto l'illuminazione: ho capito in quel momento che tutte le mie tensioni, tutte le mie paure, paure di “perdere”..., erano legate a quel coagulo di sangue che avevo in grembo, in quanto lo associavo ad un essere vivente.
Ebbi così la capacità di discernere il coagulo dall'essenza di vita e mi fu chiaro che quell'essere vivente non c'era più dentro di me, ma se ne era andato a 5 settimane, quando avevo avuto le prime emorragie, quei pianti violenti e quel senso di “svuotamento” che non mi era ben chiaro.
Ho metabolizzato solo allora di aver subìto un aborto.
Fino a quel momento avevo una forte confusione inconscia tra vita e morte dentro di me.
Ho deciso quindi di “lasciare andare” quella vita.
Le diedi un nome: Mattia ed immaginandomi due ali che si innalzavano in cielo, la lasciai andare.
Quella sera stessa la mia gravidanza cambiò: sentii in utero come se ci fosse più spazio per quella creatura che stava crescendo dentro di me, come se io inconsciamente l'avessi prima tenuta premuta per far spazio a quell'ematoma che pensavo ricco di essenza di vita.
Il resto della gravidanza fu fisicamente impegnativo, ma psicologicamente molto più sereno.
Ora tra le mie braccia ho Anna, che ha già otto mesi ed è sana, vispa e serena: un angioletto.
Spesso mi “incanto” a guardarla.
Ho sentito un bisogno forte di condividere questa esperienza perché, avendola vissuta, posso affermare che non è assolutamente vero che un aborto si sceglie o si subisce e poi tutto finisce lì...
NO! Un aborto ti penetra, ti colpisce l'inconscio, che tu lo voglia o no, e ti crea “un buco”, una ferita che può anche cicatrizzare se la metabolizzi, ma certo è che quella cicatrice ti resta per tutta la vita!

                                                                           Una mamma di cinque figli



mercoledì 26 febbraio 2014

COMUNICATO AMCI (ASSOCIAZIONE MEDICI CATTOLICI ITALIANI) su modifica foglietto illustrativo della pillola del giorno dopo

E’ stata presa, di recente, una decisione alquanto discutibile da parte dell’AIFA (Agenzia italiana del farmaco): quella di rimuovere dal foglietto illustrativo del Levonorgestrel, meglio conosciuto come pillola del giorno dopo, la dicitura: «Il farmaco potrebbe anche impedire l’impianto dell’ovulo fecondato». Che,in pratica, significa: impedire all’embrione di vivere e svilupparsi.
E quindi rimane soltanto la dicitura: «Inibisce o ritarda l’ovulazione».Tale modifica è stata, evidentemente, il frutto di una scelta ben precisa e forse poco ponderata: non si può infatti pensare ad una svista omissiva, oppure ad una variazione linguistica o semantica relativa alla cosiddetta “contraccezione d’emergenza”. Anche perché, per ogni medico è ben chiaro che il Levonorgestrel non agisce come un semplice contraccettivo, soprattutto se somministrato quando la gravidanza potrebbe già essere iniziata ed essere in corso di evoluzione. Tutti i medici cattolici AMCI ritengono che tale modifica costituisca una maliziosa manipolazione dell’evidenza scientifica e tale manipolazione, per noi medici, risulta quindi inaccettabile, da un punto di vista scientifico, prima ancora che morale!
Ecco perché questa modifica del foglietto illustrativo, di cui oltretutto non appaiono evidenziate le reali motivazioni, da un canto se potrebbe sembrare apparentemente banale e poco significativa, è di fatto realmente fuorviante: si va a considerare il Levonorgestrel come un semplice contraccettivo, senza considerare minimamente le potenzialità abortive del farmaco stesso, e le relative implicazioni etiche, scientifiche e di prudenza terapeutica, che dovrebbero essere obbligatoriamente contemplate dallo stesso foglietto illustrativo.
I medici cattolici esprimono quindi tutta la propria indignazione per questa assurda decisione dell’AIFA, che contraddice palesemente tutte le evidenze scientifiche, pubblicate dalla letteratura internazionale e chiedono, pertanto, alle istituzioni ed organi di controllo preposti un’immediata verifica scientifica, su quanto esposto ed i relativi provvedimenti del caso!

Prof. Filippo M. Boscia
Presidente Nazionale AMCI

lunedì 24 febbraio 2014

Opuscoli “Educare alla diversità a scuola”: interpellanza al Presidente del Consiglio


di Anna Fusina

Nella seduta n. 176 del 19 febbraio scorso gli On. Gianluigi Gigli e Mario Sberna hanno presentato un'interpellanza (n. 2-00414) al Presidente del Consiglio relativamente alla pubblicazione dei tre opuscoli dal titolo “Educare alla diversità a scuola”, prodotti a cura dell’Istituto Bech e dell’UNAR, ufficio afferente al Dipartimento Pari Opportunità dipendente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Gli Onorevoli interpellanti sottolineano come il contenuto dei suddetti opuscoli, pubblicati sotto l’egida e con il logo della “Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità”, si proponga esplicitamente di “rendere le scuole più aperte e accettanti, scuole delle pari opportunità, che consentano e favoriscano lo sviluppo sano di tutti i ragazzi, indipendentemente dal loro orientamento sessuale; di fornire agli insegnanti gli strumenti per approfondire le varie tematiche legate all’omosessualità, così da diventare essi stessi educatori dell’omofobia”.
In realtà però, affermano Gigli e Sberna, “le ”Pari Opportunità”, secondo gli autori dei tre volumetti, consisterebbero nell’insegnare a tutti gli alunni, dalle elementari alle superiori, che la famiglia padre-madre-figli è solo uno «stereotipo da pubblicità», che i due generi maschio e femmina sono un’astrazione, che leggere romanzi in cui i protagonisti sono eterosessuali è una violenza, che la religiosità è un disvalore, arrivando al ridicolo di censurare le favole in quanto appiattite sulla presentazione di solo due sessi e non già di sei generi o a proporre problemi di matematica che partono da situazioni in cui operano nuovi modelli di famiglie omosessuali”. I tre opuscoli suddetti, a parere degli Onorevoli interpellanti, si collocano in continuità con precedenti iniziative rieducative dello stesso UNAR, dirette ai professionisti dell’informazione, al personale della scuola e agli studenti di ogni ordine e grado (già segnalate con una precedente interpellanza degli stessi onorevoli interroganti rivolta al Ministro dell’Istruzione, depositata in data 14/01/14, alla quale aveva dato risposta il sottosegretario Marco Rossi Doria in data 17/01/14) che scavalcano deliberatamente la libertà e le scelte educative delle famiglie dei ragazzi.
Gli On. Gigli e Sberna rilevano che “di fronte alle proteste e alla richieste di spiegazioni, il Ministero dell’Istruzione ha sostenuto di non sapere nulla dell’iniziativa dell’UNAR e, in particolare, di non aver richiesto e in alcun modo approvato la produzione del materiale didattico predisposto dall’UNAR” e che il sottosegretario del MIUR Gabriele Toccafondi “ha dichiarato in data 15 febbraio 2014 che "il fatto che gli opuscoli sulla diversità siano stati redatti dall'UNAR e diffusi nelle scuole senza l'approvazione del Dipartimento Pari Opportunità da cui dipende, e senza che il ministero dell'Istruzione ne sapesse niente, è una cosa grave”, aggiungendo che “l'UNAR sembra voler imporre un'impronta culturale a senso unico destando preoccupazione e confusione su tutto il sistema educativo.” e che “una materia così delicata richiede particolare attenzione ai contenuti e al linguaggio utilizzati, a maggior ragione visto che si rivolge a ragazzi di tutte le fasce di età".
Gli Onorevoli interroganti evidenziano come il Vice Ministro Maria Cecilia Guerra, titolare della delega per le Pari Opportunità abbia decisamente smentito la paternità dell’iniziativa, affermando di ignorarne addirittura l’esistenza ed abbia stigmatizzato il comportamento del Direttore dell’UNAR, Marco De Giorgi (oggetto fra l'altro di una “nota formale di demerito” da parte del Dipartimento delle Pari Opportunità, per aver diffuso materiale mai prima approvato e addirittura sconosciuto a chi di dovere), criticando la decisione presa da quest'ultimo in totale autonomia e giudicando “non accettabile che materiale dibattito su questi argomenti sia diffuso dagli insegnanti da un Ufficio del Dipartimento Pari Opportunità senza alcun confronto con il Miur”.
Per tutti i suddetti motivi gli interpellanti Gianluigi Gigli e Mario Sberna chiedono al Presidente del Consiglio:
quali iniziative pensi di intraprendere per rispondere all’allarme educativo creato in molte famiglie dalle iniziative dell’UNAR;
in che modo intenda muoversi per ricondurre l’UNAR ai suoi compiti istituzionali evitando per il futuro che tale ufficio possa occuparsi di rieducare gli Italiani e in particolare gli studenti al politically correct del pensiero unico delle associazioni LGBT;
se ritenga opportuno sostituire urgentemente il Direttore dell’UNAR, responsabile di abuso di delega e di essersi sostituito all’autorità politica in iniziative che coinvolgono aspetti molto rilevanti della vita sociale e ambiti molto delicati del processo educativo delle giovani generazioni;
chi abbia autorizzato la spesa di fondi europei generata dalle iniziative del predetto Direttore dell’UNAR e, nel caso essa non fosse stata autorizzata, se non ritenga che lo stesso funzionario debba essere considerato responsabile della spesa non giustificata e come tale tenuto a risarcirla;
se non intenda risolvere immediatamente il contratto con l’Istituto Bach, in essere dal 2012 per evidente uso a fini ideologici del rapporto con la Pubblica Amministrazione.”







Non è così che si difende l’uomo



«Il problema di quella legge del Belgio sull’eutanasia infantile – scrive Franco Bomprezzi – non è religioso, ma semplicemente umano e riguarda quella deriva eugenetica che sembra ormai difficile da arginare, anche perché, in tempi di grande crisi economica, le persone “malate” vengono ritenute come un “costo”, che appare persino inutile, quando si ha la convinzione che non ci sia alcuna possibilità di guarigione e di sopravvivenza dignitosa»
Ho appena sottoscritto un appello internazionale per chiedere a Filippo, re del Belgio, di non firmare la legge, approvata dal Parlamento, che consente il ricorso all’eutanasia infantile.
Forse è tardi, ed è comunque assai difficile che il sovrano belga decida di utilizzare questo strumento estremo per fermare un provvedimento che viene da lontano, sorretto e sospinto persino dal consenso di un’ampia parte della popolazione, stando almeno ai sondaggi. Ma è giusto alzare la voce, ovunque possibile, come hanno fatto ad esempio i medici della SIP (Società Italiana di Pediatria) e gli stessi pediatri di Bruxelles, contro un’aberrazione inaccettabile, che si basa su una serie di pregiudizi e stereotipi dei quali, inutile dirlo, siamo impregnati anche noi, qui in Italia, e non solo.
Prima di tutto la mitologia della sofferenza inaccettabile, tanto più inaccettabile quando riguarda i bambini. In realtà la sofferenza riguarda sicuramente i genitori, mentre un bimbo – per quanto gravemente malato – può certamente soffrire per il dolore fisico, ma è sempre e soltanto un bambino, che percepisce prima di ogni altra cosa l’affetto e il sorriso di chi gli sta accanto. Il dolore fisico si può lenire e annientare con le cure palliative, che finalmente esistono e consentono di eliminare qualsiasi sofferenza inutile e ingiusta.
Anch’io da bambino ho sofferto tantissimo, nei primi anni di vita, per le continue fratture delle ossa fragili, e per il ricorso a ingessature rigide (come si usava allora), mettendo in trazione gli arti su lettini ortopedici che assomigliavano moltissimi a letti di tortura.
Solo un po’ di etere, allora, e tanto, tanto dolore. Ma vedevo il sorriso di mia mamma e di mio papà accanto a me, e sopportavo tutto, perché avevo una voglia smisurata di vivere, e sapevo che non era colpa loro se le mie ossa erano così brutte, storte e rotte.
Certo, si dirà, la mia non era una malattia terminale [Franco Bomprezzi è affetto da osteogenesi imperfetta, N.d.R.], non rischiavo la vita, non ero nelle condizioni previste da una legge – quella belga – che pone molte condizioni cautelative prima della sua applicazione concreta. Ma quelle condizioni sanno di ipocrisia, quando affermano che si può procedere solo in caso di «cosciente comprensione della decisione da parte del bambino che sarà soppresso».
Stiamo scherzando? Quale bambino coscientemente può davvero desiderare di morire? Questa è la premessa a una serie di sotterfugi legali, di dichiarazioni false, con il consenso di genitori di disperati, e di medici che osservano esclusivamente la parte patologica della questione, non essendo tenuti a una valutazione complessiva di carattere bioetico.
Non voglio farne una questione di tipo religioso. Non lo è. O meglio: per chi ha una forte fede religiosa questa legge è sicuramente un obbrobrio e non si capisce come possa un Paese a forte maggioranza cattolica aver così sottovalutato gli aspetti etici della norma. Il problema è semplicemente umano. E siamo alla premessa – già più volte palesatasi, in Olanda e altrove – di una deriva eugenetica difficile da arginare. Una scelta che fa breccia anche perché siamo in tempi di grande crisi economica e le persone “malate” sono un costo, che appare persino inutile quando si ha la convinzione che non ci sia alcuna possibilità di guarigione e di sopravvivenza dignitosa.
Non è così che si difende l’uomo. E in ogni caso: salviamo i bambini, loro sono innocenti.

*Direttore responsabile di «Superando.it».

Fonte: superando.it

(Pubblicato per gentile concessione di superando.it )

LA MODIFICA DEL FOGLIETTO ILLUSTRATIVO DELLA PILLOLA DEL "GIORNO DOPO" VIOLA IL DIRITTO DI OBIEZIONE DI COSCIENZA

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COMUNICATO STAMPA 11 -2014
«La libertà di pensiero, di coscienza e di religione, è uno dei fondamenti di una società democratica». La solenne affermazione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo deve essere ricordata in questi momenti nei quali il diritto all'obiezione di coscienza dei sanitari alle pratiche abortive è messo in discussione oppure decisamente negato, in Italia e in Europa.
I Giuristi per la Vita sono già intervenuti a difesa del diritto all'obiezione di coscienza all'aborto, rappresentando cinque associazioni davanti al Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa per opporsi al Reclamo della CGIL che sosteneva che l'alto numero di medici obiettori impedisse un efficiente servizio e determinasse condizioni di lavoro troppo gravose per i non obiettori: la memoria dei Giuristi per la Vita ha dimostrato l'assoluta infondatezza delle tesi del sindacato e – dati ministeriali e scientifici alla mano – l'irrilevanza del numero degli obiettori sul “servizio IVG”, purtroppo assai efficiente in Italia.
Ciò che ora viene pesantemente aggredito è il diritto all'obiezione di coscienza dei medici e dei farmacisti alla prescrizione e alla distribuzione delle “pillole dei giorni dopo”. Con una forzatura giuridica e scientifica, questi preparati sono stati classificati come "contraccettivi", quando gli studi onesti e approfonditi hanno dimostrato che essi – oltre ad essere anche rischiosi per la salute della donna – possono avere l'effetto di impedire l'annidamento del concepito, determinandone la morte.
A suo tempo, ciò fu reso possibile utilizzando l'ambigua espressione «interruzione volontaria della gravidanza» utilizzata dalla legge sull'aborto, che permise di ritenere che l'azione antiannidamento non integrasse la pratica oggetto della legge 194.
Oggi è stato compiuto un passo ulteriore: sulla Gazzetta Ufficiale del 4 febbraio è stata pubblicata la revisione del foglietto illustrativo del Norlevo, cancellando l'azione di possibile impedimento dell'impianto dell'embrione. Ora, secondo quel foglietto revisionato dall'AIFA, il Norlevo si limiterebbe a "inibire o ritardare l'ovulazione".
Occorre affermare con forza che il provvedimento si basa su dati scientifici accuratamente selezionati per nascondere quella parte di azione del preparato che, poiché non sempre riesce ad impedire il concepimento, provvede ad uccidere gli embrioni; non solo: come dimostra la dichiarazione di Emilio Arisi, Presidente della Società Medica Italiana per la Contraccezione, questa opera di falsificazione scientifica è stata messa in atto specificamente per colpire gli obiettori. Il dr. Arisi, per niente interessato alle sollecitazioni della coscienza dei suoi colleghi, si è rallegrato perché sarebbe caduto «definitivamente l’appiglio che consentiva ai medici obiettori di coscienza di negare la somministrazione della contraccezione di emergenza»; scrupolo che il dr. Arisi considera «un atteggiamento inaccettabile».
«La sfida dello stato democratico è di mantenere la tensione verso i suoi valori fondamentali nel rispetto del principio di legalità»: così il Comitato Nazionale di Bioetica concludeva il documento del 12/7/2012 sull'obiezione di coscienza, ampiamente valorizzata e sostenuta.
Si sceglie, invece, la strada della verità ufficiale – affermata con la forza delle leggi e dei provvedimenti amministrativi e che, sebbene falsa, non può essere messa in discussione – e con la spinta repressiva verso professionisti sanitari, come i medici e i farmacisti, non solo preparati e aggiornati, non solo attenti al rispetto dei valori espressi dai Codici deontologici, ma anche ubbidienti alla coscienza e non disposti a chiudere gli occhi sulla realtà.
I Giuristi per la Vita saranno accanto a loro.

IL PRESIDENTE
Avv. Gianfranco Amato

fonte: giuristiperlavita.org

mercoledì 19 febbraio 2014

Spettacolo musicale "I COLORI DELL'ANIMA"



Sabato 22 febbraio ore 20,45 presso Alta Forum di Campodarsego - Entrata libera con prenotazione obbligatoria allo 0499290177

 
 
"I COLORI DELL'ANIMA": spettacolo musicale sul valore della vita umana, interpretato dalle Scintille di Luce.
Un inno alla sacralità della vita! Uno spettacolo emozionante e coinvolgente, rivolto a un pubblico di  tutte le età.
40 giovani che credono profondamente nel valore inestimabile della vita, metteranno in scena una storia vera, una storia di speranza che farà da filo conduttore allo spettacolo.
L'obiettivo è quello di diffondere una cultura per la vita che difende, onora e custodisce la vita sempre, senza scendere mai a compromessi...Il tutto alternato a ballo, espressione corporea, canto, simboli, video...

domenica 16 febbraio 2014

Il kit pro-gender in classe? Sconfessato il grande bluff

Le "pari opportunità" secondo gli autori dei tre volumetti intitolati "Educare alla diversità a scuola" consisterebbero nell’insegnare a tutti gli alunni, dalle elementari alle superiori, che la famiglia padre-madre-figli è solo uno «stereotipo da pubblicità», che i due generi maschio e femmina sono un’astrazione, che leggere romanzi in cui i protagonisti sono eterosessuali è una violenza, che la religiosità un disvalore...

Ma a sconfessare l’operazione (vedi Avvenire di ieri) è proprio il Dipartimento per le Pari Opportunità, per bocca di Maria Cecilia Guerra, il viceministro che ne ha la delega: «Di questa ricerca ignoravo addirittura l’esistenza».
Gravissimo, visto che i tre volumi erano spacciati proprio sotto l’egida altisonante della "Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità". Di seguito, i nomi degli autori: Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) e Istituto Beck.

Ora dal Dipartimento delle Pari opportunità arriva «una nota formale di demerito al direttore dell’Unar, Marco De Giorgi», per la diffusione nelle scuole di materiale mai approvato, e addirittura mai conosciuto da chi di dovere. Se non bastasse, sconosciuto anche al Miur, il ministero dell’Istruzione: «L’Istituto Beck – ricostruisce Guerra – sulla base di un contratto con l’Unar che risale al 2012, ben prima che io esercitassi la delega alle Pari opportunità nel luglio 2013, ha prodotto il kit per insegnanti.

L’Unar ha poi autorizzato la diffusione di questo materiale con il logo della Presidenza del Consiglio - Pari Opportunità senza che il direttore me ne desse alcuna informazione...». Non è una questione formale, vista la gravità degli argomenti: «Una materia così sensibile – spiega il viceministro – richiede particolare attenzione ai contenuti e al linguaggio. Questa attenzione, quando si parla a nome delle istituzioni, ricade nella responsabilità delle autorità politiche, che devono però essere messe nella condizione di esercitarla!».

Incredibile anche l’esclusione del Miur, soprattutto in considerazione del violento impatto su bambini e adolescenti: «Non è accettabile – conclude Guerra – che materiale didattico su questi argomenti sia diffuso tra gli insegnanti da un ufficio del Dipartimento Pari opportunità senza alcun confronto con il Miur».

Proprio come notavamo ieri su queste pagine, non è che l’argomento bullismo non sia urgente e attuale, anzi, ma l’imposizione di punti di vista quanto meno discutibili e il capovolgimento di valori e tradizioni millenarie non sono certo la chiave: «Sono convinta che l’educazione alle diversità sia cruciale», ma «la finalità non deve mai essere quella di imporre una visione unilaterale del mondo, quanto di sollecitare nei giovani senso critico, rispetto di ogni specificità e identità, a partire da quelle che coinvolgono l’ambito affettivo e valoriale».

"Il fatto che gli opuscoli sulla diversità siano stati redatti dall'Unar e diffusi nelle scuole senza l'approvazione del Dipartimento Pari Opportunità da cui dipende, e senza che il Ministero dell'Istruzione ne sapesse niente, è una cosa grave, chi dirige Unar ne tragga le conseguenze". Lo dichiara in una nota Gabriele Toccafondi, Sottosegretario al Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, in merito all'introduzione nelle scuole dei manuali di educazione alla diversità, curati dall'Ufficio Nazionale antidiscriminazioni razziali. "L'Unar - prosegue Toccafondi - sembra voler imporre un'impronta culturale a senso unico destando preoccupazione e confusione su tutto il sistema educativo. Una materia così delicata richiede particolare attenzione ai contenuti e al linguaggio utilizzati, a maggior ragione visto che si rivolge a ragazzi di tutte le fasce di età".

  
 
Fonte: avvenire.it

mercoledì 12 febbraio 2014

La pillola del giorno dopo non è abortiva? Non ci sono prove. Perché l’Aifa ha cambiato parere?

La pillola non ha alcun effetto sulla salute pubblica e «le evidenze prodotte non sono assolutamente in grado di escludere gli effetti antinidatori, il cui esito è l’aborto». Intervista a Renzo Puccetti
«La pillola del giorno dopo è un farmaco potenzialmente abortivo. Mi sorprende che l’Aifa abbia cambiato la dicitura, eliminando questa informazione dalle avvertenze del farmaco». Renzo Puccetti, medico e docente di bioetica, membro della Research Unit della European Medical Association, referenti di Promed Galileo e socio fondatore dell’Associazione Scienza&Vita, confessa il suo stupore di fronte all’improvviso mutamento di parere dell’Aifa sulla pillola a base di levonorgestrel e prodotta dalla Norlevo. «L’autorità del farmaco italiana – spiega a tempi.it – dovrebbe rendere pubblico l’iter e i passaggi che hanno portato a questo cambiamento. Dovrebbe spiegare quale letteratura scientifica è stata citata e come è stata vagliata. E da ultimo dovrebbe comunicare se questo mutamento di parere è l’esito di una istanza partita dall’azienda produttrice della pillola».
Perché tutte queste richieste? La pillola non è già stata sdoganata dalle autorità del farmaco straniere come “contraccettivo d’emergenza”, smentendo ogni suo potenziale effetto abortivo?
Non appartiene alla metodologia scientifica proporre cambiamenti di dicitura sugli effetti di un farmaco solo sulla base dell’autorità che le ha proposte. Si devono controllare le pubblicazioni. Anche nel lavoro del giornalista si va sempre a vedere qual è la fonte primaria, soprattutto se si sta scrivendo un articolo delicato. Non ci si basa soltanto sulle informazioni degli altri giornali. È vero che ci sono dei “position statement”, pareri, sia da parte della Federazione internazionale ginecologia e ostetricia del 2008, sia da parte dell’Associazione ginecologi americani del 2013, che escludono che la pillola possa indurre un aborto, ma la loro attendibilità scientifica lascia molto a desiderare. Si basa su una letteratura specialistica qualitativamente bassa.
Sta dicendo che l’Aifa potrebbe aver eliminato dalle informazioni della pillola il rischio di aborto, basandosi su pubblicazioni scientificamente poco attendibili?
Vorrei sapere come sono arrivati a cambiare la dicitura. La posizione più corretta, dal punto di vista scientifico, sulla pillola del giorno dopo è che le evidenze prodotte non sono assolutamente in grado di escludere effetti antinidatori del farmaco, il cui esito è l’aborto. Sono aspetti estremamente tecnici, ma importantissimi dal punto di vista etico.
Perché insiste nel dire che gli studi che smentiscono gli effetti abortivi della pillola non sono credibili?
Purtroppo è abbastanza diffuso in tutto l’ambito della cosiddetta salute riproduttiva trarre conclusioni forti da ricerche deboli o, peggio, da dati sperimentali che non le confermano assolutamente. Quando si va a vedere i position statement sulla pillola del giorno dopo di quelle associazioni che smentiscono i suoi effetti potenzialmente abortivi, uno penserebbe di trovare un’estesa citazione della letteratura scientifica, viceversa si trova una citazione di tutte le voci bibliografiche orientate e largamente omissive. Inoltre molti di quegli studi giungono alle loro conclusioni grazie alla citazione di altre pubblicazioni che però – se si va a controllare – non dicono affatto quello che gli è stato fatto dire. In quasi tutti le pubblicazioni che propagandano i benefici della pillola del giorno si assiste a questo sovvertimento della realtà. C’è un controllo di qualità estremamente basso su questi studi, molti dei quali pubblicati da autori che o sono in rapporto di collaborazione con le aziende produttrici di questo farmaco o sono in rapporto di collaborazione con strutture che lo dispensano. Difficile dar loro credito.
L’autorità del farmaco italiana rischia di trarre in inganno i consumatori, i medici, i farmacisti, non facendo una corretta informazione? Non c’è un problema deontologico?
Questa domanda è stata affrontata anche all’interno del dibattito scientifico. Sono stati contati almeno cinque studi, fra varie popolazioni, europee e americane, e tutti sono concordi sul fatto che vi sono tantissime donne che non assumerebbero un prodotto che è venduto come contraccettivo d’emergenza quando ha un meccanismo d’azione che è anche solo possibilmente di tipo abortivo. Molte donne affermano che se stessero assumendo uno di questi presidi, venute a conoscenza di questo meccanismo, lo interromperebbero.
Alla luce di questi studi, qualcuno potrebbe aver pensato che fosse meglio eliminare il problema, almeno solo sulla carta. Che effetti potrebbe avere questo comportamento?
Qui si tratta di un problema enorme che riguarda la validazione del consenso informato. Allorquando mi venga prescritto un medicamento che possa essere confliggente con quelle che sono le mie convinzioni etiche si può addirittura profilare un danno alla persona. E che la pillola del giorno dopo possa provocare l’aborto è contemplato dalla letteratura scientifica. Questo fatto non si può ignorare. Basti rimandare al lavoro di Bruno Mozzanega, che ha pubblicato 170 lavori sulle riviste internazionali. Un minimo di serenità nel verificare i dati di cui tutti gli esperti sono a conoscenza.
Perché non si riesce?
C’è un problema di correttezza per quanto riguarda la trasparenza. Quando le comunità scientifiche prendono determinate posizioni sarebbe corretto che allegassero alla presa di posizione una “disclosure” sui loro possibili conflitti d’interesse. D’altra parte, l’autore quando fa una pubblicazione deve comunicare quelli che sono i possibili conflitti d’interesse.
Potrebbe però esserci un motivo sociale e umanitario dietro questo inganno. Meglio la pillola del giorno che abortire in ospedale, si dice.
In realtà la pillola del giorno dopo non ha fermato gli aborti, dove è stata utilizzata. È un dato ormai acclarato in letteratura. Conosciuto e dimostrato da almeno quattro revisioni della letteratura, di cui tre dall’istituto più prestigioso in questo senso che è l’istituto Cochrane. In Francia, per esempio, l’ultimo dato dice che a fronte di 1 milione e 100 mila pillole del giorno dopo distribuite anche nelle scuole, nell’ultimo anno ci sono stati 220 mila aborti, con un tasso di abortività nettamente più alto fra le adolescenti francesi che quelle italiane. Che la diffusione della pillola del giorno dopo non esplichi alcun effetto nell’ambito della salute pubblica è un dato consolidato.

di Francesco Amicone

Fonte: tempi.it

martedì 11 febbraio 2014

La pillola è abortiva, anche se la sua scheda lo nega

di Renzo Puccetti
Produzione di Levonorgestrel
Basta un poco di zucchero e la pillola va giù. Nel ruolo di edulcorante della pillola del giorno dopo non c'è bisogno di Mary Poppins, più semplicemente si fa carico dell'impresa nientepopodimeno che l'agenzia italiana del farmaco, AIFA, attraverso la revisione della scheda tecnica del Levonorgestrel come preparato somministrato dopo il rapporto sessuale. Nella gazzetta ufficiale del 4 febbraio è riportato che la vecchia dicitura che avvertiva del possibile meccanismo antinidatorio della molecola, un meccanismo eticamente criptoabortivo, è stata modificata per cui si dice che la pillola del giorno dopo “inibisce o ritarda l’ovulazione”.
«Cade definitivamente l’appiglio che consentiva ai medici obiettori di coscienza di negare la somministrazione della contraccezione di emergenza. Si colma così un gap noto da anni a tutta la comunità scientifica», è il commento soddisfatto di Emilio Arisi, presidente della Società della Contraccezione. Ah, scienza, scienza, quando ne sento parlare a proposito di questi argomenti, mi vengono in mente i versi del Metastasio: "che vi sia, ognun lo dice, dove sia, nessun lo sa". Nessuno più di un incallito pro-life come il sottoscritto sarebbe lieto di apprendere che la pillola del giorno dopo e quella dei cinque giorni dopo non agiscono come abortivi, ma per farlo dovrebbe essere convinto da argomenti un po' più solidi di quelli, debolissimi, ex auctoritate. Dispiace che si debba scendere in aspetti tecnici, ma dal momento che si invoca la scienza, come si dice, se scienza dev'essere, che scienza sia.
Siamo piuttosto certi che tra la documentazione che l'agenzia del farmaco produrrà a sostegno della decisione vi saranno sicuramente gli studi del gruppo del Karolinska Institutet e quelli del gruppo dell'Istituto Cileno di Medicina Riproduttiva, entrambi vengono in genere assunti come la prova provata che la pillola del giorno dopo non è abortiva. Ma gli studi non sono come il whisky nei saloon che si tracanna tutto d'un sorso senza badare bene alla qualità della materia, le conclusioni, soprattutto se sono studi finanziati da enti distributori del farmaco, o se gli autori hanno qualche interesse con le aziende produttrici, vanno sorseggiate meditandone pregi e difetti. Nel primo studio gli autori non hanno rilevato alcuna differenza statisticamente significativa nel tasso di adesione degli embrioni ad un preparato tridimensionale di endometrio aggiungendo Levonorgestrel o placebo, concludendo da ciò che la pillola del giorno dopo non impedisce l'annidamento dell'embrione. Non so se gli esperti dell'Aifa hanno preso in considerazione l'articolo scientifico pubblicato da Mozzanega e Cosmi su Gynecological Endocrinology nel 2011 che rilevavano come questo modello era ben lungi dal replicare le condizioni di reale somministrazione del Levonorgestrel. Gli stessi espertissimi non so se abbiano pensato ad un altro elementare criterio scientifico: la dimensione del campione. Non ci vuole molto, basta un piccolo software statistico e mettendo dentro i dati di quello studio ci si accorge che la differenza tra i campioni non è nulla, ma è ben presente, ed è del 16%, essa non raggiunge la differenza statisticamente significativa perché il campione è troppo piccolo, per escludere con certezza la significatività serviva un numero di casi almeno dieci volte maggiore. Negli studi di Croxatto e coll. gli autori hanno invece verificato gli effetti del Levonorgestrel somministrato prima o dopo l'ovulazione rilevando nel primo caso un'efficacia del 100% e nessuna differenza statisticamente significativa rispetto alle gravidanze attese in assenza di farmaco nel secondo caso.
Questi dati provano l'assenza di effetti abortivi? Per nulla. Essi dimostrano solo che la pillola del giorno dopo è più efficace se somministrata prima dell'ovulazione. A questi studi si possono sollevare una marea di critiche metodologiche ma si tratta di elementi molto tecnici da riservare alle sedi appropriate, due cose però spiccano su tutte e sono più facilmente comprensibili. Per escludere che la differenza rilevata rispetto alle attese sia statisticamente significativa in questo studio il campione avrebbe dovuto essere cento volte più grande. È come se gli autori si fossero messi alla ricerca di un microbo con un microscopio capace di vedere oggetti soltanto cento volte più grandi del microbo in questione e così concludere che il microbo non c'è perché non si vede. Il secondo aspetto che gli esperti dell'Aifa e il professor Arisi speriamo ci possano spiegare è un vero e proprio arcano: tra le donne che hanno assunto il Levonorgestrel prima dell'ovulazione non si è verificata nessuna gravidanza pur ovulando nell'80% dei casi. Deve trattarsi di uno stranissimo effetto antiovulatorio per cui l'ovulazione c'è, nessun ritardo è documentato (nello studio pubblicato da Croxatto e coll. nel 2004 che ha esplorato questo parametro, il ritardo della rottura del follicolo ovarico si è verificato con la stessa incidenza nel gruppo trattato rispetto al placebo), la gravidanza viene evitata nel 100% dei casi, eppure gli esperti dell'Aifa ci vogliono convincere che la pillola del giorno dopo ha agito bloccando o ritardando l'ovulazione. È un effetto antiovulatorio a cui viene ricondotta la cosiddetta "disfunzione ovulatoria" di cui è però parte integrante l'inibita produzione di progesterone post-ovulatoria, un effetto notoriamente associato all'abortività precoce. Si pregano gli interlocutori di non rifugiarsi nella storiella dei possibili effetti sul muco cervicale e gli spermatozoi perché trattasi di meccanismi dimostrati inesistenti da almeno cinque studi. Per l'altra molecola, la pillola dei cinque giorni dopo, Mozzanega e coll. hanno appena pubblicato una revisione dei dati sulla rivista Reproductive Sciences che distrugge la tesi degli effetti solo ovulatori. Di tutto questo egli ci parlerà al convegno del 3 maggio che si svolgerà al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum il giorno precedente la Marcia per la vita in cui personalmente potrò aggiungere un po' di dati.
La schiera di quanti la pensano come me, Mozzanega e Cosmi è piuttosto lunghetta: Chris Kahlenborn, Walter B. Severs, Joseph B. Stanford, Rafael T. Mikolajczyk, Emilio Jesús Alegre-del Rey ed altri ancora tutti autori di pubblicazioni scientifiche sull'argomento regolarmente omesse nei documenti di consensus emanate da società scientifiche da cui invano attendiamo una disclosure dei possibili conflitti d'interesse.
Adesso si apre un contenzioso che crediamo finirà davanti ai giudici. Al dottor Arisi, che esultante crede che da oggi saremo obbligati a prescrivere quelle pillole, siamo ben felici di dare una piccola delusione perché non so se ne è al corrente, ma c'è una cosetta che nel codice di deontologia medica si chiama clausola di coscienza; alla luce di questa scriteriata decisione, essa diventa un bene ancora più prezioso da difendere con l'unghie e coi denti. Se lo mettano bene nella testa, noi quelle pillole non le prescriveremo mai.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
 (http://www.lanuovabq.it/it/articoli-la-pillola-e-abortiva-anche-se-la-sua-scheda-lo-nega-8401.htm)

domenica 2 febbraio 2014

Jérôme Lejeune, la scoperta della trisomia 21 e la ricerca di una cura per la sindrome di Down



La troveremo. E’ impossibile che non riusciamo a trovarla.
E’ una impresa intellettuale meno difficile che spedire un uomo sulla luna.”
(Jérôme Lejeune)

In occasione del mese per la vita il Movimento per la Vita di Campodarsego propone un incontro dal titolo “Jérôme Lejeune, la scoperta della trisomia 21 e la ricerca di una cura per la sindrome di Down”.
L'incontro si svolgerà giovedì 6 febbraio alle ore 20,30 presso il Cinema Teatro Aurora di Campodarsego (Padova) in Piazza Europa.
Interverrà il Prof. Pierluigi Strippoli, professore associato di Biologia Applicata e Responsabile del Laboratorio di Genomica del Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale dell’Università di Bologna.
La serata ha l'intento di far conoscere la figura di Jérôme Lejeune e di approfondire il concetto di ricerca per la cura.
Il giovane medico parigino Jérôme Lejeune ha identificato nel 1959 la causa della sindrome di Down nella presenza all'interno delle cellule di un cromosoma in eccesso: le persone con sindrome di Down possiedono tre copie del cromosoma 21 (trisomia 21), anzichè due.
Con questa scoperta viene fondata la genetica medica moderna, poichè per la prima volta un sintomo clinico viene correlato ad una alterazione del materiale genetico.
Lejeune, medico per vocazione, è diventato ricercatore per necessità: la sua ricerca scientifica era mossa dal desiderio di conoscere per poter curare, e curare significa prendersi cura di ogni singola persona.
Egli fino all'ultimo ha lavorato per cercare di comprendere i meccanismi con cui il cromosoma 21 in eccesso causa i sintomi, in vista di una cura.
Il genetista Pierluigi Strippoli è un ricercatore che si ispira all’opera scientifica di Jérôme Lejeune, per tentare di svilupparne le intuizioni con i moderni strumenti della genomica.
Il suo gruppo di ricerca si propone di studiare sistematicamente le possibili correlazioni tra genotipo e fenotipo nella sindrome di Down, per comprenderne i meccanismi genetici alla base e quindi individuare possibili nuovi approcci terapeutici.

Per informazioni:

Movimento per la Vita e Centro Aiuto alla Vita di Campodarsego: Tel. 3402429359 / e-mail: mpvcampodarsego@libero.it
- Anna Fusina – e-mail: annafusina@gmail.com