martedì 6 dicembre 2011

L'aborto è un po' anche suicidio

di Francesco Agnoli
30-11-2011


Quando uno ha già qualche anno, non necessariamente più di trenta, è preso talvolta dai ricordi. Il volto di un amico non più frequentato, un gioco, un passatempo, un’avventura dolorosa o felice, risalgono dal pozzo della memoria sino alla superficie, con un gusto agrodolce: ciò che è stato non è più, eppure è ancora nostro. Ciò che è stato non possiamo più riprenderlo, purtroppo, e ci sfugge via. Però non è finito per sempre, in verità, perché ha contribuito a renderci ciò che siamo. Ogni esperienza vissuta si imprime più o meno fortemente in noi, nel nostro animo e nel nostro corpo.

Siamo così, un sinolo di materia e forma, di anima e di corpo, come diceva Aristotele. I materialisti non possono capirlo, perché vedono solo materia che si muove. Gli spiritualisti neppure, perché non capiscono cosa c’entri quel corpo, che pure, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, ostinatamente c’è, nonostante il loro desiderio di trascenderlo, di essere puro spirito, di “liberarsi”. Tutta la nostra storia è qualcosa di spirituale e di fisico, una fusione armoniosa e inestricabile. Il nostro affetto, che sentiamo nel cuore, che non tocchiamo, che ci sembra a tratti infinitamente grande, verso la persona amata, si traduce in un abbraccio, in una fatica, in un servizio, insomma in qualcosa di concreto. Il nostro odio diventa parole, sentimenti, gesti, digrignare di denti.

Così, quando abbiamo una relazione con una persona dell’altro sesso, una relazione affettiva naturale, questa diviene col tempo anche unione carnale, fisica, perché la nostra unità lo esige. Esige che amiamo con tutto noi stessi. Ma se abbiamo amato così, non possiamo poi tirarci indietro pensando che sia senza conseguenze: non possiamo divorziare, senza strappare il nostro passato e quindi anche il nostro presente, e il nostro futuro, senza che tutto ciò che ci portiamo addosso urli a noi stessi, di esistere, di essere stato, di essere in qualche modo ancora. Ma soprattutto, visto che è questo di cui si parla in questi tempi, nessuna madre e nessun padre possono pensare, dopo aver concepito un bambino, di potersene disfare impunemente, con un gesto, fisico, una IVG, come si suole dire con terminologia beffarda.

Ciò che è stato concepito, c’è, esiste, e vive nel cuore e nella carne del padre, anche se lo rigetta, perché in lui vive il gesto che ha determinato il concepimento, e la consapevolezza latente del suo significato. Esiste, soprattutto, il concepito, nella psiche, nella carne della madre. Il bambino non è parte della madre, come dicono gli abortisti, cioè proprietà di lei, come una casa o una macchina, come qualcosa che si possiede, ma che è altro da noi, fuori di noi. Quel bambino è parte della mamma esattamente quanto la mamma è parte di quel bimbo. Parte, sempre, in senso carnale, perché il bimbo è formato dall’ovulo della madre, nutrito in simbiosi dalla madre e ospitato dal suo grembo; “parte” anche spirituale, il concepito, perché in un certo senso “tutto ciò che è spirituale è anche carnale” e “tutto ciò che è carnale è anche spirituale”.

Mi sorprende che quando si affronta il problema aborto, questa verità così concreta non sia quasi mai sottolineata.
Quando il feto viene ucciso, intendo, anche una parte della madre viene uccisa: una “parte” fisica e una “parte” spirituale; anche una parte del padre muore, per sempre. Anche una parte del loro amore, se ne va, tanto è vero che vi sono coppie, come raccontano medici che hanno seguito questi casi, che si separano in seguito ad un aborto; altre che resistono, ma senza più amarsi come prima, tenute insieme magari dal rimorso di quello che hanno fatto e dal ricordo di chi ora potrebbe essere con loro.

L’atto chirurgico, è vero, stacca e uccide qualcosa che sembra a sé stante, che appare, superficialmente, una vita autonoma, seppure ospitata: in verità quella vita era sì individuale, unica, ma era anche l’incontro biologico e spirituale delle vite dei suoi genitori; era anche parte del sangue, del corpo, dello spirito, dei pensieri, dei sogni, della madre (e del padre). Trovo conferma di queste mie riflessioni, studiando un po’ la letteratura medica sul post-aborto, ad esempio nei bellissimi saggi dei dottori Rigetti, Casadei e Maggino, compresi nel libro “Quello che resta” (editrice Vita Nuova), sapiente mescolanza di saggi scientifici e di testimonianze di donne.

In questo testo si spiega chiaramente che “il lutto dell’aborto è plurimo, perché le perdite da affrontare sono molteplici e strettamente concatenate le une con le altre… una donna che interrompe la gravidanza soffre sia per la perdita del bambino che per la perdita di una parte della propria immagine come persona (nei diversi ruoli di figlia, donna, compagna, cittadina, appartenente ad una comunità religiosa ecc.)”. Secondo il DSM III dell’American Psychiatric Association, infatti, l’aborto è considerato un evento traumatico in quanto “produce un marcato stress, tale da creare disturbi alla vita psichica; sopprime gli elementi di identificazione (della donna) col bambino; nega la gravidanza ma anche quella parte del sé che si era identificata col bambino”. Le conseguenze, guarda caso, sono di tipo fisico e spirituale: “disturbi emozionali, della comunicazione, dell’alimentazione, del pensiero, della sfera sessuale, del sonno, della relazione affettiva…”.

Assai sintomatica di quanto si è detto finora, mi sembra proprio l’esistenza dei disturbi affettivi e sessuali, che si giustifica appunto come reazione ad un’esperienza sessuale, affettiva, di cui non è rimasto nulla, o meglio di cui permangono sensi di colpa, rabbia, paura, ripensamenti… Le occasioni del manifestarsi della sindrome post-abortiva sono anch’essi assai eloquenti: compaiono di solito in occasione di una nuova gravidanza, di un aborto spontaneo, di perdite affettive, di sterilità secondaria… Ecco perché un’esperienza d’amore che si conclude con un aborto, non rimane limitata a quel rapporto, a quella storia, ma si trascina e ripercuote anche su un’altra esperienza affettiva, proprio perché la donna, la persona, è una, sempre quella, pur nella molteplicità delle esperienze.

Per questo l’aborto si può configurare, almeno in parte, anche come un suicidio, o, come scrivono alcuni psicologi, un “lutto complicato” in cui si “rende necessaria l’elaborazione sia della perdita dell’oggetto (il bimbo), sia della perdita simultanea e concreta di una parte del Sé”, sia aggiungerei, di un perdita almeno parziale del rapporto col coniuge. Ha scritto la dottoressa Lerda, su una rivista fortemente a sostegno della 194 come Contraccezione, sessualità e salute riproduttiva: “Sia che la donna cerchi di cancellarne il ricordo, sia che continui a sentirne il peso, si tratta comunque di un lutto che si porterà dietro tutta la vita. È una scelta che influenzerà anche il rapporto con il partner e con gli eventuali partner successivi, una scelta che peserà nuovamente in caso di altre gravidanze”.

tratto da: www.labussolaquotidiana.it

La “Sindrome post aborto” è presente anche nei bimbi sopravvissuti

di Stefano Bruni*
*pediatra

Si parla e si scrive con una certa frequenza delle sofferenze e delle problematiche di salute fisiche e mentali delle donne che decidono di abortire. Anche su questo sito sono stati segnalati studi scientifici (ed anche io personalmente ho segnalato parecchi link su questo argomento) che sottolineano come l’interruzione volontaria di gravidanza possa avere in molti casi conseguenze devastanti per chi la vive sulla propria pelle.
Un po’ meno si parla della sofferenza del feto che viene abortito benché siano disponibili alcuni studi scientifici sulla sensibilità dolorifica del feto nell’ambiente uterino. Si tende invece ad oscurare le problematiche e le sofferenze dei bambini sopravvissuti ad un intervento abortivo, mentre praticamente mai si affronta il problema della sofferenza psicologica cui vanno incontro i bambini sopravvissuti all’aborto di un fratellino, o sopravvissuti, a seguito di una pratica di fecondazione assistita, alla soppressione di un certo numero di embrioni “soprannumerari” e non desiderati.
Si tratta di quella che gli autori definiscono “PASS”: Post Abortion Survivors Syndrome. Una sindrome, appunto, cioè una serie di segni e di sintomi ben codificati. In una sua lettera all’Editore (una forma di comunicazione scientifica che un autore fa agli addetti ai lavori utilizzando una rivista scientifica peer reviewed) del Southern Medical Journal di qualche anno fa (2006), il Dr Philip Ney psicologo e psichiatra del Department of Family Practice, Faculty of Medicine, University of British Columbia, Victoria, British Columbia (Canada) descrive segni e sintomi della PASS, una sindrome simile, ma non sovrapponibile in tutto e per tutto, a quella cui vanno soggetti i sopravvissuti ad altre catastrofi (campi di concentramento, disastri aerei, guerre, attentati terroristici, …).
Sullo stesso argomento il Dr Ney aveva pubblicato in precedenza un altro lavoro sul Child Psychiatry and Human Development (1983), intitolato:  “A consideration of abortion survivors” (è solo un estratto ma il lavoro intero è acquistabile online per chi fosse interessato a leggerlo). In sintesi, gli studi effettuati dal Dr Ney lo hanno portato a concludere che i bambini che realizzano che i propri genitori hanno precedentemente (o successivamente alla loro nascita) abortito un fratellino sono ad alto rischio di sviluppare disturbi dello sviluppo o patologie psichiatriche (depressione, psicosi, aggressività, suicidio, insofferenza nei confronti dell’autorità, …).
Alla determinazione di questi disturbi concorrono diversi elementi. Tra gli altri:
1. la paura del bambino nei confronti di genitori che si sono dimostrati capaci di sopprimere la vita di un essere umano di cui invece avrebbero dovuto curarsi; il bambino si sente a rischio di essere rifiutato da un momento all’altro come il fratellino abortito e vive nella paura e nell’incertezza di essere non amato;
2. il senso di colpa (“perché sono in vita io e non gli altri?”) che si genera nel bimbo sopravvissuto come se la scelta di sopprimere il fratellino e mettere al mondo lui fosse in qualche modo legata a lui stesso;
3. una sensazione di onnipotenza o di megalomania nel bambino sopravvissuto che si sente più forte degli altri, più forte della morte stessa, indistruttibile dal momento che è sopravvissuto;
4. l’atteggiamento di sovra-protezione, per i sensi di colpa dei genitori, di cui il bambino viene fatto oggetto;
5. le attese impossibili che il genitore ha sul bambino quando questo è vissuto come «figlio-sostituto» del figlio abortito;
6. un disturbo dell’attaccamento con entrambi i genitori che può portare anche all’abuso o all’abbandono nei confronti del figlio “sopravvissuto”.
Questi sentimenti contrastanti di colpa e di onnipotenza, di abbandono e di iperprotezione talora coesistono paradossalmente e si accompagnano ad un’esposizione al rischio di autolesionismo (il bambino, poi ragazzo e infine adulto si mette in situazioni di pericolo) o di sviluppare malattie psicosomatiche o psichiatriche. In un’altra lettera all’editore, questa volta del Canadian Journal of Psychiatry (1993; 38(8): 577-578), il Dr Philip Ney spiega anche che sebbene ci sarebbe tanto da studiare e da capire relativamente a quanto accade nelle donne che abortiscono o nei bambini sopravvissuti a questa scelta, questi argomenti sono considerati taboo dalla stessa comunità scientifica ed è molto difficile (se non addirittura deliberatamente scoraggiato) per un ricercatore compiere indagini scientifiche su questi temi.
Si dirà che il Dr Ney è persona evidentemente credente e contraria all’aborto e che dunque nelle sue ricerche c’è un bias, un “pre-concetto”.  Tuttavia, se quanto affermato dal Dr Ney è vero (ed io credo che lo sia anche perché le evidenze in questo senso sono tante) allora forse il pre-concetto non toglie obiettività ai credenti contrari all’aborto ma piuttosto la toglie a coloro che sono favorevoli a questa pratica.


tratto da: www.uccronline.it
 

domenica 4 dicembre 2011

La pillola ellaOne: un’altra conferma del piano inclinato

Autore: Tanduo, Luca e Paolo  Curatore: Leonardi, Enrico
Fonte: CulturaCattolica.it

mercoledì 30 novembre 2011

Dopo approvazione da parte dell’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco che ha ritenuto la “pillola dei 5 giorni dopo” ellaOne un contraccettivo di emergenza, simile alla “pillola del giorno dopo”, e non un farmaco abortivo, con la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale essa diventa commerciabile anche in Italia.
Potrà essere messa in vendita nelle farmacie italiane come farmaco di classe “C”, ovvero a carico del paziente, avrà un costo di 35 euro e potrà essere impiegata solo da donne che avranno effettuato preventivamente un test di gravidanza.
Questa limitazione, che pure ha creato non poche polemiche, è solo una magra consolazione per chi si opponeva ad una nuova banalizzazione dell’aborto e della sessualità specie tra i giovani. Inoltre non sarà possibile controllare se le donne che riceveranno la pillola la useranno subito o la terranno per un successivo rapporto non protetto nel quale potrebbe invece risultare positivo il test della gravidanza.
La pillola ellaOne agisce tra il momento della fecondazione e quello dell’annidamento nell’utero, sfruttando l’azione del principio attivo ulipristal acetato, ovvero la versione sintetica dell’ormone sessuale femminile chiamato progesterone. Secondo la casa farmaceutica il principio attivo dell'ulipristal acetato contenuto in ellaOne consente di ridurre del 98% il rischio di gravidanza indesiderata se assunto entro i 5 giorni successivi al rapporto considerato a rischio. Le percentuali diminuiscono se la pillola è assunta oltre le 120 ore. Secondo chi sostiene questo farmaco, il solo effetto indotto è quello di inibire e ritardare il rilascio dell’ovulo da parte delle ovaie attraverso una sorta di “simulazione di fecondazione”, in modo da impedire che avvenga una fecondazione, ma la realtà è diversa: infatti l’azione anti-ovulatoria sembra manifestarsi regolarmente soltanto all’inizio del periodo fertile (il secondo e terzo giorno fertile del ciclo), inoltre è opportuno ricordare che l’effetto della pillola parte dal momento dell’assunzione della stessa. In caso di rapporto in periodo non fertile l’assunzione della pillola sarebbe inutile. In caso di rapporto non protetto nel periodo fertile del ciclo l’assunzione della pillola ellaOne non sarà efficace come contraccettivo perché l’ovulazione avrà avuto già luogo, la fecondazione potrebbe quindi essere avvenuta prima dell’assunzione. Si avrà esclusivamente un’azione anti-annidamento, cioè contragestativo, cioè abortivo. Assurdo sostenere che la gravidanza ha inizio quando l’embrione si annida, la gravidanza inizia con il concepimento. Gli ultimi studi dicono che l’embrione già nelle tube nel percorso che lo porta verso l’utero scambia messaggi tramite ormoni con la madre.
Ancora una volta si realizzerà un aborto a domicilio. Sì, perché il farmaco attraverso il principio attivo ulipristal acetato contribuisce anche ad impedire l’annidamento dell’embrione nel caso in cui sia avvenuta la fecondazione, modificando l’endometrio e il rivestimento uterino di modo che questo non sia predisposto a supportare un’eventuale gravidanza. Sul sito dell’HRA pharma si trova “The primary mechanism of action is thought to be inhibition or delay of ovulation, but alterations to the endometrium may also contribute to the efficacy of the medicinal product”.
La donna sarà sottoposta ad un grosso dosaggio ormonale e sarà lasciata ancora più sola, l’uomo sarà ancora meno coinvolto. Questo avrà sicuramente un impatto a livello educativo. Le conseguenze a livello psicologico dell’avvenuto aborto non saranno per nulla minori per le donne; un sessuologo e psicoterapeuta su Avvenire dice “abortire con una pillola realizza quello che si definisce "proporzionalità traumatica", ossia l’idea che la sofferenza è minore se l’embrione è più piccolo. In realtà, è sempre presente nella donna il senso di colpa, tipico della sindrome del post-aborto”. Inoltre nessuno indica e ricorda le controindicazioni delle pillole, si parla tanto di salute della donna e non si dice mai che assumere ormoni o alterarne le dinamiche può creare problemi alle donne che li assumono, se pensiamo poi che la maggior parte delle “utenti” saranno giovanissime già possiamo immaginare i risultati.
Dovrebbe far riflettere quanto è possibile trovare sul sito dell’HRA pharma: sul Summary of product characteristics della pillola ellaOne troviamo scritto “Children and adolescents: Safety and efficacy of Ellaone was only established in women 18 years and older”, eppure noi lasceremo che sia possibile reperirlo in tutte le farmacie anche alle minorenni. La Società italiana della contraccezione SIC e la Società Medica Italiana per la Contraccezione SMIC il 6 giugno 2011 hanno emanato un paper nel quale sostengono che in base alle leggi vigenti, la prescrizione e somministrazione dei contraccettivi d’emergenza è consentita anche a minorenni fino a 13 anni d’età. Negli ultimi anni con la diffusione dell’uso delle pillole come la Norlevo, 360mila confezioni all’anno distribuite in Italia, il 55% di esse alle giovanissime, si è contemporaneamente registrato un costante incremento nell’abortività spontanea; gli aborti spontanei sono aumentati di 11.000 unità all’anno nel 2001 (+20%), di 17.000 all’anno nel 2005 (+30%) e di 22.000 unità all’anno nel 2007 (+37%), con incrementi del +67% nel 2005 e +80% nel 2010 nelle giovanissime.

In questo paper inoltre si oppongono a quanto scritto dal Consiglio Nazionale di Bioetica (CNB) il 28-5- 2004, e al Codice di deontologia medica del 2001 art.22 che stabiliscono una “clausola di coscienza” per i medici nelle prescrizioni di contraccettivi d’emergenza che contrastino con la propria coscienza. Si oppongono alla nuova presa di posizione del CNB del 25-02-2011 che estende la “clausola di coscienza” anche ai farmacisti. Questo sta diventando un punto decisivo, infatti, spostando il tema dell’aborto e la sua realizzazione dall’ospedale all’uso farmacologico di queste pillole, decisivo diventa il diritto dei farmacisti di obiettare secondo coscienza, anche di fronte a prescrizione medica. Purtroppo in Italia anche l’ordinamento giuridico andrebbe aggiornato per evitare equivoci e proteggere questo diritto. Non si tratta, infatti, di farmaci salva vita; inoltre il tentativo di imporre ad ogni farmacia un medico non obiettore contrasta con la realtà dei fatti, converrebbe allora sostenere che all’interno della stessa ASL il farmaco debba essere reperibile senza imporre nulla alle farmacie che si opponessero alla vendita di questi farmaci potenzialmente abortivi. I numeri se letti bene parlano chiaro.
La commercializzazione di queste pillole ha anche un aspetto economico non secondario. L’HRA Pharma, la farmaceutica francese è già produttrice della pillola della giorno dopo. Impressiona il fatturato di questa azienda francese, 43,7 milioni di euro nel 2010 con un utile di 7,53 milioni. Solo in Italia con la vendita della pillola del giorno dopo ha avuto utili di 82.663 euro (dati tratti da èVita del 17 novembre 2011). Significativi sono gli scopi che si prefigge quest’azienda, come si trova facilmente sul sito dell’HRA Pharma: “Mettere a disposizione delle popolazioni più povere i propri prodotti è uno degli impegni aziendali che proprietà e management hanno assunto fin dal primo momento. HRA ha profuso sforzi significativi nello stabilire legami consolidati con ONG internazionali e autorità locali. L’Azienda partecipa a numerose iniziative che hanno lo scopo di promuovere l’educazione alla contraccezione e di facilitare l’accesso ai prodotti nelle aree più remote e povere del mondo”. Nella versione inglese che descrive il NorLevo program lanciato nel 2001 appare chiaro quali sono gli elementi da contrastare perché impediscono una più rapida diffusione dei loro prodotti “to facilitate access to emergency contraception for women on low incomes or who live in remote areas, or those countries where traditionally, social and religious norms and government policies have restricted access to emergency contraception”.

mercoledì 13 luglio 2011

"Da vita a vita. Viaggio alla scoperta della riproduzione umana"

Bruno Mozzanega   
Settembre 2010 SEU, 222 pagine
Prezzo: 30 €


Introduzione

“Da Vita a Vita giunge alla terza edizione. Le sue motivazioni originarie non sono cambiate; sono aumentate, inevitabilmente, le conoscenze scientifiche, e l’esigenza di un’informazione esauriente e corretta si è fatta, se possibile, ancora più urgente e pregnante. Scrivere questo libro è innanzitutto la risposta a un dovere. Faccio parte dell’Università, Istituzione che ha compiti sia di Ricerca sia di Formazione, e avverto l’impegno di approfondire le conoscenze relative alla biologia della riproduzione umana e, al contempo, di divulgarle perché possano diventare patrimonio comune. Acquisire queste informazioni è molto importante sia per i ragazzi, che necessitano di informazioni corrette su cui impostare futuri comportamenti, sia per i giovani che si apprestano a vivere le loro esperienze sessuali, sia ancora per gli adulti che, nella vita di coppia, intendano affrontare responsabilmente il momento centrale della procreazione. Divulgare queste conoscenze risponde, tuttavia, anche a un mio profondo bisogno interiore: è tale l’incanto dell’origine della vita, in ogni suo istante, anche soltanto sotto il profilo biologico, che non posso pensare rimanga tesoro di pochi. La vita che nasce non si esaurisce in una serie di eventi mirabili che si ripetono da millenni; essa porta in sé anche lo stupore e la magia di un evento unico, che trascende la biologia e si fa irripetibile: la comparsa di un essere umano unico, il cui patrimonio genetico è inscritto già nella prima cellula fin dai suoi primissimi istanti di vita, nel momento stesso del concepimento. Riconosco, al proposito, che in alcuni passaggi del libro finisco con l’identificarmi in questo piccolo essere umano, e con il coinvolgere in questa identificazione anche lo stesso lettore. Non ritengo sia improprio: non viene meno il rigore scientifico, traspare soltanto la profonda consapevolezza che questo viaggio alla scoperta della riproduzione umana è in fondo, per ciascuno, un viaggio alla scoperta della propria storia. Il libro è diretto soprattutto ai ragazzi (in particolare a loro e ai loro insegnanti è rivolta la prima parte), ai giovani e agli studenti che vogliano approfondire le loro conoscenze. Ma è diretto anche agli operatori del settore, a chi tiene corsi di educazione sessuale, alle coppie che desiderino vivere responsabilmente la propria capacità di procreare. Sono consapevole del fatto che l’informazione biologica non basti al fine di una completa educazione alla sessualità: certamente ne fa parte, ma non la esaurisce; l’informazione biologica è tuttavia indispensabile per cogliere il senso pieno della sessualità e per far sì che la sua concreta espressione sia accompagnata, sempre, dalla consapevolezza di sé e dal rispetto dell’altro, sia esso la persona amata sia esso il figlio. In questa nuova edizione ho aggiornato le informazioni scientifiche e aggiunto dei capitoli nuovi; non li cito, compaiono nell’indice. Mi sono inoltre permesso alcune considerazioni personali, che ho posto a chiusura dell’opera: un tentativo di capire le difficoltà che tuttora ostacolano iniziative organiche di educazione sessuale; iniziative che dovrebbero partire da un’informazione accurata sugli aspetti biologici per fornire a ognuno quella conoscenza senza la quale nessuna scelta può definirsi autenticamente libera. Garantire e promuovere la libertà di ciascuno nel rispetto dell’altro è in tutti i campi, compreso quello della procreazione, un dovere primario della società civile.”

Bruno Mozzanega è ricercatore universitario presso la Clinica ginecologica e ostetrica dell’Università di Padova.
Da sempre ha affiancato alle attività cliniche, scientifiche e didattiche proprie del ruolo, un costante impegno di collaborazione con la scuola per offrire ai giovani una informazione corretta sulle tematiche della biologia riproduttiva.

martedì 12 luglio 2011

Considerazioni su ellaOne® (Ulipristal Acetato)

Fra pochi giorni l’AIFA si esprimerà in relazione alla immissione in commercio di ellaOne® quale “contraccettivo di emergenza”. Ai fini di questa decisione ritengo che sia necessario valutare con la maggiore precisione possibile quale sia il suo effettivo meccanismo d’azione che appare essere, almeno prevalentemente, post-concezionale, e domandarsi se esso sia compatibile o meno con un quadro legislativo posto a tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento, e ancora domandarsi se esso sia utile in un quadro ambientale in cui il prevenire è divenuto prioritario in tutti i temi che riguardano la salute e sembra essere invece, in questo caso, sistematicamente omesso se non del tutto ignorato.


1.   Il quadro legislativo.

La Legge che delinea il significato della procreazione responsabile, della quale la contraccezione non può che porsi come semplice strumento, è la Legge n. 405 del 1975 che istituisce i Consultori Familiari: nel suo art.1 essa pone come obiettivo della procreazione responsabile la “tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento”, e il concepito è indiscutibilmente l’individuo che origina dall’incontro dell’uovo e dello spermatozoo.
La Legge n. 40 del 2004 che disciplina la procreazione medicalmente assistita, assicura esplicitamente i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito che viene posto sullo stesso piano degli altri soggetti e al centro della normativa. Questa tutela è stata ribadita nei vari interventi della Corte Costituzionale.
Del resto la Legge n. 194 del 1978 sulla tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza
 pone come principio fondamentale, nell’art.1, la tutela della vita umana dal suo inizio. La Legge n. 194 del 1978 riconosce alla madre che si trovi in grave conflitto la possibilità di scegliere fra la propria vita o la propria salute e la vita del figlio, come una sorta di bilanciamento fra due valori ugualmente importanti, lasciando la decisione ultima alla donna. Ma questa facoltà (ed è l’unica eccezione nel contesto sopra descritto) viene consentita a condizioni precise:
-        a gravidanza diagnosticata ed in evoluzione (e la diagnosi è successiva all’impianto);
-        attraverso una procedura finalizzata ad evitare l’aborto, che aiuti la donna a superarne le cause.
E’ l’unica ipotesi ammessa, e la legge prevede tutta una serie di compiti affidati ad enti, istituzioni e alla società stessa affinché l’aborto possa limitarsi a dolorose eccezioni e si sviluppi una cultura di rispetto della vita sin dal suo inizio.
E dunque neppure la L.194/78 consente di eliminare il concepito prima che si annidi. Anzi, la L.194/78 affida ai consultori, ad enti e regioni il compito di informare, promuovere e sostenere la procreazione responsabile.
Va da sé che le nostre Leggi e i nostri princìpi escludono esplicitamente che i metodi post-concezionali possano essere strumenti della procreazione responsabile.


2.   Il meccanismo d’azione di Ulipristal Acetato

Si sostiene che Ulipristal somministrato nel periodo fertile del ciclo, e quindi nei quattro - cinque giorni che precedono l’ovulazione, abbia la capacità di posticipare l’ovulazione stessa e quindi impedisca l’incontro di uovo e spermatozoo.
Va premesso che il concepimento può avvenire soltanto se il coito si è verificato nei quattro - cinque giorni fertili pre-ovulatori, durante i quali il muco cervicale consente agli spermatozoi di entrare nei genitali femminili, e che il concepimento di norma avviene entro 24 ore dalla liberazione dell’uovo.
Nei giorni fertili si verificano, a livello della ghiandola ipofisi, i fenomeni che preparano e determinano l’ovulazione: nell’ordine, un progressivo aumento nel rilascio dell’ormone LH che culmina, dopo 48 ore, nel picco stesso dell’LH che a sua volta, nel giro di ulteriori 24-48 ore, esita nella liberazione dell’ uovo (1).
Se visualizziamo questi eventi su di un grafico che rappresenti i quattro – cinque giorni fertili del ciclo mestruale, ci rendiamo conto del fatto che il periodo che precede il rialzo dell’LH si identifica con l’inizio del periodo fertile; quello durante il quale l’LH aumenta (48 ore) coincide verosimilmente con il secondo e terzo giorno fertile del ciclo, mentre i giorni successivi (24-48 ore dopo il picco dell’LH) sono verosimilmente gli utimi giorni fertili, quelli immediatamente pre-ovulatori.
Ciò premesso, vi è un unico studio che valuta l’efficacia di Ulipristal (un’unica dose di 30 mg per os) sulla ovulazione, quando viene somministrato nel periodo fertile del ciclo (2). Il numero di donne studiate è esiguo: 34; esse vengono suddivise in tre gruppi a seconda che ricevano il farmaco prima che l’LH inizi ad aumentare, oppure durante la fase di incremento dell’LH, o ancora dopo il picco dell’LH.
L’ovulazione risulta ritardata soltanto nelle otto donne trattate all’inizio del periodo fertile. Se l’LH ha già iniziato a crescere l’ovulazione è ritardata in 11 donne su 14. Nelle pazienti in cui il picco dell’LH è già avvenuto l’ovulazione è ritardata in un solo caso su 12.
Va da sé che è per lo meno inesatto affermare che ellaOne® assunta nel periodo fertile del ciclo, e cioè prima della ovulazione, agisca con meccanismo anti-ovulatorio. Anche dando per scontato che un gruppo di otto donne sia un numero adeguato e sufficiente alla statistica e consenta deduzioni universalmente valide, solo il trattamento all’inizio del periodo fertile sembra realmente ritardare l’ovulazione. In questo caso, però, un rapporto risalente da 1 a 5 giorni prima sarebbe avvenuto in un periodo del ciclo verosimilmente non ancora fertile e quindi il farmaco verrebbe assunto inutilmente.
Quando invece Ulipristal viene assunto nei successivi giorni fertili, i tre o quattro giorni che precedono l’ovulazione, la maggioranza delle donne ovulano regolarmente ed evidentemente possono concepire; l’endometrio, invece, risulterà gravemente  compromesso e sarà del tutto inadeguato all’impianto.
Infatti l’assunzione di una sola dose del farmaco altera profondamente la recettività del tessuto, sia che essa avvenga a metà della fase follicolare (3) (prima ancora che inizi il rialzo dell’LH), sia che essa avvenga esattamente a metà ciclo nel giorno stesso dell’ovulazione o in quello immediatamente successivo (4), sia che essa avvenga infine a metà della fase luteale (5) (proprio nei giorni in cui l’embrione dovrebbe impiantarsi).
L’effetto inibitorio sulla maturazione dell’endometrio è diretto: è legato alla inibizione dei recettori tissutali per il Progesterone (esattamente lo stesso meccanismo con cui agisce la RU486) e si verifica anche con i dosaggi più bassi di Ulipristal (1 mg e 10 mg di). L’effetto inibitorio sull’endometrio, infine, non risulta correlato a variazioni nei livelli degli ormoni del ciclo mestruale, che si osservano soltanto con dosaggi di farmaco più elevati.
In conclusione, le donne che assumono il farmaco dopo un rapporto sessuale avvenuto nel periodo fertile del ciclo mestruale prevalentemente ovulano e possono concepire. L’endometrio, però è irrimediabilmente compromesso, indipendentemente dal momento in cui il farmaco venga assunto.
D’altra parte, la grande e reclamizzata novità di ellaOne®, presentata come “la pillola dei cinque giorni dopo”, è proprio quella di essere totalmente efficace anche se presa cinque giorni dopo il rapporto sessuale avvenuto nel periodo fertile del ciclo.
Se immaginiamo un rapporto sessuale avvenuto il giorno prima dell’ovulazione, con il concepimento entro le successive 24 ore (e quindi 48 ore dopo quel rapporto sessuale), come potrà invocarsi un’azione anti-ovulatoria e anti-concezionale per un farmaco assunto fino a cinque giorni da quel rapporto e quindi tre giorni dopo il concepimento? Si avrà esclusivamente un’azione anti-annidamento.
Ma questo effetto non è compatibile, come sopra si è detto, con i principi fondamentali su cui si fondano le nostre Leggi e la nostra stessa Costituzione.

3.   Il contesto ambientale

I dati che emergono dalle relazioni ISTAT del 2005*, del 2008** e del 2010*** (6) segnalano un tasso di IVG in costante riduzione, ma un costante incremento nella abortività spontanea.
In particolare, rispetto al 1988 (ma anche al 1993), anno in cui gli aborti spontanei erano 55.000, essi sono aumentati di 11.000* unità all’anno nel 2001 (+20%), di 17.000** all’anno nel 2005 (+30%) e di 22.000*** unità all’anno nel 2007 (+37%). Nel 2010 è segnalato un incremento estremamente elevato nell’abortività spontanea delle donne oltre i 35 anni di età e soprattutto delle 40-44enni (gli aborti spontanei sono oltre 33.000 nella decade 35-44 anni). E’ però a carico delle giovanissime che si registrano gli incrementi massimi: +67% nel 2005 e +80% nel 2010. Va ricordato, a questo proposito, come le teen-agers siano le maggiori consumatrici di Norlevo®, la “pillola del giorno dopo” a base di Levonorgestrel: il 55% delle 360.000 confezioni annue, e come esse tendano ad agire non in un’ottica di prevenzione, ma al contrario in un’ottica di emergenza.
E’ drammatico l’incremento dai 66.000 casi del 2001 ai 77.000 del 2007, in un periodo di soli sei anni e in assenza di qualunque modifica significativa sia nella popolazione sia nelle sue abitudini. E’ un incremento non giustificato che deve far riflettere.
Non mi dilungo sulla disponibilità del Cytotec® (misoprostolo) nelle Farmacie e sul suo possibile utilizzo nella clandestinità. Allego un mio contributo del 2008 (7). Esiste certamente una rete di operatori sanitari italiani in grado di assistere le donne nella clandestinità e Silvio Viale ne ha illustrato i modi in termini minuziosi, (http://www.lucacoscioni.it/cytotec_legittima_difesa) lamentando le restrizioni (minime peraltro) alle quali è stata sottoposta la sua prescrizione (8). Il farmaco, se utilizzato fra la sesta e la settima settimana di gravidanza, ha  un’efficacia intorno al 95%. Se anche solo la metà degli aborti spontanei in più, cioè 10.000 sui 22.000, rappresentasse quel 5% di aborti clandestini farmacologici che non vanno a buon fine e richiedono il completamento in ospedale,  otterremmo numeri impressionanti.
In questo contesto l’immissione di un ulteriore prodotto come Ulipristal, che condivide le proprietà anti-progestiniche della RU486, non farebbe altro che allargare la disponibilità di sostanze capaci di determinare l’aborto anche dopo la positivizzazione del test di gravidanza.
Non può infine sfuggire che, una volta reso disponibile, ellaOne® potrà essere acquistato e conservato dalla donna e venire utilizzato solamente in caso di gravidanza accertata. La richiesta alla donna di un test di gravidanza negativo appare quindi illusoria, se non addirittura ingenua.

La contraccezione d’emergenza e il Levonorgestrel

Da ultimo due parole sulla contraccezione d’emergenza con Levonorgestrel (Norlevo® o Levonelle®) e sulle modalità attraverso le quali le Società Scientifiche più rappresentative divulgano l’informazione circa il suo meccanismo d’azione, attraverso Posizioni ufficiali che inevitabilmente vengono recepite come Verità.
La Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia (FIGO), in una sua Posizione Ufficiale (9) del 2011 che conferma i contenuti già espressi nel 2008, sostiene che il meccanismo d’azione principale del Levonorgestrel è quello di impedire o ritardare l’ovulazione.
Studi recenti (2,10-12) invece iniziano ad ammettere, in contrasto con quanto finora preteso e riportato ufficialmente nella Posizione (9) della FIGO, che il Norlevo® non è in grado di interferire con l’ovulazione, se non quando venga somministrato prima che i livelli dell’LH inizino a salire, e cioè soltanto all’inizio del periodo fertile.
Questo dato rimanda anche il meccanismo d’azione del Norlevo® a effetti prevalentemente post-concezionali e anti-annidamento, anche quando venga assunto prima dell’ovulazione.
E’ evidente la necessità di rivalutare con cura anche questi dati scientifici, al fine di poter discernere se l’uso del Levonorgestrel sia realmente compatibile con la tutela della vita umana dal suo inizio, come ribadito e preteso nella legislazione vigente.
Concludo con una nota polemica: la ESC (European Society for Contraception and Reproductive Health), nella pagina web (http://www.escrh.eu/about-esc/news/how-do-levonorgestrel) di cui riporto l’immagine in coda alla bibliografia, ringrazia esplicitamente i quattro estensori dello Statement (9) “per la loro incredibile attenzione ai dettagli e per la costante preoccupazione di essere sicuri che questo Statement fosse accurato e riflettesse pienamente gli studi più recenti”.
La prima a essere ringraziata è Vivian Brache, la prima Autrice di uno studio (2) del 2010, in cui essa conclude (terz’ultimo paragrafo della discussione) che “dall’analisi combinata di diversi studi, il Levonorgestrel somministrato nel periodo fertile avanzato inibisce l’ovulazione soltanto in 7 donne su 48, e cioè nel 14,6% dei casi”. Basandosi sui medesimi dati bibliografici la stessa Brache, insieme agli altri Esperti della FIGO, sosterrà con estrema enfasi esattamente il contrario nello Statement del 2011 (9) in cui si afferma, in modo ufficiale e definitivo, che il meccanismo d’azione principale del Levonorgestrel è quello di impedire o ritardare l’ovulazione.
Questo Statement apparirà come la Verità ufficiale condivisa unanimemente da tutto il mondo della Ginecologia internazionale.
In base ad essa i medici effettueranno le proprie scelte etiche e professionali. Ad essa gli Stati e i Governi faranno riferimento quando si troveranno a legiferare su questi temi vitali.


BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
 

  1. Behre HM, Kuhlage J, Gassner C, Sonntag B, Schem C, Schneider HP, Nieschlag E. Prediction of ovulation by urinary hormone measurements with the home use ClearPlan Fertility Monitor: comparison with transvaginal ultrasound scans and serum hormone measurements. Hum Reprod 2000;15:2478-82
  2. Brache V, Cochon L, Jesam C, Maldonado R, Salvatierra AM, Levy DP, Gainer E, Croxatto HB. Immediate pre-ovulatory administration of 30 mg ulipristal acetate significantly delays follicular rupture. Hum Reprod 2010;25:2256–2263


  3. Stratton P, Hartog B, Hajizadeh N, Piquion J,  Sutherland D, Wei Q, Merino M, Lee YJ, Nieman LK. A single mid-follicular dose of CDB-2914, a new antiprogestin, inhibits folliculogenesis and endometrial differentiation in normally cycling women. Hum Reprod 2000;15:1092–1099.
  4. Stratton P, Levens ED, Hartog B, Piquion J,  Wei Q,  Merino M, Nieman LK. Endometrial effects of a single early luteal dose of the selective progesterone receptor modulator CDB-2914. Fertil Steril 2010;93:2035-2041
  5. Passaro D, Piquion J, Mullen N, Sutherland D, Zhai S, Figg WD, Blye R, Nieman LK. Luteal phase dose±response relationships of the antiprogestin CDB-2914 in normally cycling women. Hum Reprod 2003;18:1820-1827
  6. ISTAT 2010, Capitolo 3:7-9
  7. Mozzanega B. La diffusione del Cytotec pone tanti inquietanti interrogativi: “l’altro” aborto clandestino quello con le compresse antiulcera. Newsletter di Scienza & Vita 2008;  n°18, 24 Novembre
  8.  http://www.lucacoscioni.it/cytotec_legittima_difesa
  9. http://www.escrh.eu/sites/escrh.eu/files/attachments/moafinal2011eng.pdf
  10. Durand M, Koistinenc R, Chirinosa M, Rodríguez JL, Zambrano E, Seppälä M, Larreaa F. Hormonal evaluation and midcycle detection of intrauterine glycodelin in women treated with levonorgestrel as in emergency contraception. Contraception 2010;82:526–533
  11. Mozzanega B, Cosmi E. Come agisce il levonorgestrel nel prevenire la gravidanza quando viene usato come contraccettivo d’emergenza (LNG ECPs)?  Considerazioni sullo statement congiunto di ICEC e FIGO. Atti 86°Congresso Nazionale SIGO, Milano 14-17 Novembre – 2010
  12. Mozzanega B, Cosmi E. How do levonorgestrel-only emergency contraceptive pills prevent pregnancy?  Some considerations. Gynecol Endocrinol 2011;27:439-442. Epub 2010 Jul 29



                                                   Bruno Mozzanega
                                                   Ricercatore Universitario presso la
                                                   Clinica Ginecologica di Padova


venerdì 8 luglio 2011

Sento dunque sono
Sensi e  sensazioni del feto

        
a cura di Carlo Bellieni

Edizioni Cantagalli

Anno: 2011
 
Prezzo : 13,00 €

Sento dunque sono parla con semplicità e immediatezza dello sviluppo della sensorialità fetale; vi hanno contribuito alcuni dei ricercatori internazionali più autorevoli ed esperti in questo campo. Cosa ode il feto nel grembo materno, e cosa apprende dai suoni e dalle voci che sente? Sapevate che le preferenze alimentari si sviluppano prima della nascita? È vero che un feto sente dolore? Queste sono solo alcune delle domande a cui questo libro risponde. Sette capitoli densi e affascinanti scritti da specialisti di tutto il mondo, che vi riveleranno quello che non avreste mai immaginato sulla vita prenatale.

venerdì 1 luglio 2011

LA BELLEZZA DELLA VITA



Da un dibattito in classe
un video pro Vita su Youtube

“Essere madri è una fantastica avventura… Non sprecare questo dono! Per un aiuto rivolgiti senza timore al Centro di aiuto alla vita della tua città”: è questo l’appello che una studentessa lodigiana, Martina Tortora, ha lanciato attraverso You Tube dopo aver assistito ad un dibattito sull’aborto tenutosi nella sua classe. Il video frutto delle sue emozioni è ora visibile all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=-8X9x8qMXSw: volti sorridenti di bimbi si alternano ad immagini di feti ancora in gestazione, portando l’attenzione di chi guarda su un interrogativo semplice, ma sostanziale, ovvero come sia possibile che, in un momento storico in cui la vita animale e vegetale viene tutelata come sacra, ci sia ancora qualcuno che sceglie scientemente di spegnere il cuore di un bambino.(C.P)

Tratto da “Avvenire” – 8 aprile 2010 pag. 12

“L’ALTRO” ABORTO CLANDESTINO QUELLO CON LE COMPRESSE ANTIULCERA

di Bruno Mozzanega *

Il Cytotec (misoprostolo) è un farmaco per la terapia dell’ulcera gastrica, ma viene usato in tutto il mondo per indurre l’aborto grazie alla sua capacità di provocare le contrazioni uterine.
Il Cytotec è già usato nei protocolli di Ivg farmacologica in associazione alla RU-486, ma induce l’aborto anche da solo. E’ inoltre disponibile nelle farmacie dietro presentazione di ricetta medica non ripetibile.
Ad usarlo per l’aborto clandestino sembrano essere le straniere, ma stupirebbe che il “mercato” italiano ignorasse un metodo così “sicuro” sia per la donna che per il medico.

I dati scientifici sono concordi: il sito della Fda (http://www.fda.gov ) ne descrive gli effetti abortivi prima ancora di quelli terapeutici e Pub Med, rassegna delle maggiori riviste internazionali (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed ), segnala 330 articoli sul tema “Misoprostol and first trimester abortion” e 233 su “Misoprostol and second trimester abortion”. Ne emerge un’efficacia superiore al 90% nei primi tre mesi e del 70-80% fino al sesto mese di gravidanza.
La divulgazione del metodo in rete è ampia: siti stranieri spiegano come procurarsi e usare il farmaco (http://www.womenonwaves.org/set-274-en.html ), ma altrettanto esplicito è il sito dei radicali italiani (http://www.lucacoscioni.it/cytotec_legittima_difesa ).
Nel Congresso del 2006 a Roma (www.fiapac.org ), la Federazione internazionale operatori di aborto e contraccezione ha definito il Cytotec “farmaco salvavita” data la sicurezza per la salute della donna. I delegati italiani erano un migliaio: una rete capillare di operatori in grado di usare il farmaco per indurre l’aborto.
Solo pazienti straniere, però, ne ammettono l’uso. Lasciate sole con la raccomandazione di espletare l’aborto a casa e prive di medici “di fiducia” collegati al Servizio sanitario nazionale, in caso di complicanze si rivolgono all’ospedale e rivelano l’assunzione del Cytotec.
E le italiane? E’ improbabile che il medico italiano che pratica l’aborto clandestino ricorra ancora alla tecnica chirurgica che richiede un coinvolgimento diretto, lascia tracce e lo espone al rischio di denuncia, quando invece dispone di metodi che lo tengono al di fuori di tutto.
Gli aborti clandestini – è bene ricordarlo – sono ancora una realtà quantificata in 20mila casi all’anno; ad essi si aggiungono 73mila aborti spontanei, aumentati, rispetto al 1982, di 17mila casi all’anno (Istat, 2008): un incremento medio del 30% che però nelle minorenni sfiora il 70%.

Se questo surplus di aborti spontanei rappresentasse anche solo in parte gli insuccessi (5-10%) del Cytotec ne emergerebbe un sommerso di aborto illegale di dimensioni inimmaginabili a carico soprattutto delle giovanissime, le stesse che già abusano della “pillola del giorno dopo”.
Per ricorrere all’aborto farmacologico clandestino la donna deve trovare un medico “di fiducia” e certamente esiste in Italia una rete di sanitari in grado di assisterla. Dopo la diagnosi di gravidanza, che è un fatto privato grazie ai test reperibili in farmacia, la donna si rivolge al medico prescelto; un’ecografia confermerà la presenza di un embrione vivo.
L’utilizzo del Cytotec sarà autogestito: 4 compresse inserite profondamente in vagina più eventualmente altre 4 il giorno successivo. Il farmaco si ottiene con facilità: ogni medico può prescriverlo, o acquistarlo da sé e fornirlo; una confezione contiene 50 compresse.
Se tutto procederà senza complicanze, il medico resterà disponibile e alla fine, con un’ecografia, accerterà l’assenza di materiale in utero. Di questa gravidanza non resterà traccia. Esce da ogni contabilità. E’ quanto succede in oltre il 90% dei casi.
Nel caso di complicanze, la paziente sarà ricoverata per “aborto spontaneo” e sottoposta a revisione della cavità uterina. La donna italiana, attentamente seguita, non ha motivo di rivelare l’assunzione del farmaco.
I quesiti aperti però sono inquietanti. Il Cytotec è disponibile nelle farmacie. I medici abortisti tacciono: nessuna opposizione ad un aborto ormai libero, autogestito e sicuro. (...)

*Dipartimento di Scienze Ginecologiche e della Riproduzione Umana – Università di Padova


Tratto da  Newsletter nr. 18 di Scienza e Vita

mercoledì 29 giugno 2011

“Telefono Rosso”: consulenza gratuita per le future mamme.

 di Anna Fusina




È lo speciale Servizio Medico gratuito del Centro Studi per la Tutela della Salute della Madre e del Concepito istituito all’Università del Sacro Cuore di Roma. Si chiama “Telefono Rosso” e risponde al numero 06/305.00.77. Il suo scopo è quello di rimuovere dubbi e paure delle gestanti riguardanti complicanze o malformazioni dei loro nascituri.

Fondato presso il Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” nel 1988, “Telefono Rosso” è stato uno dei primi servizi attivi in Italia e, dall’anno 2000, è parte integrante dell’Istituto di Clinica Ostetrica e Ginecologica di tale Università.

In diversi casi le donne che chiamano questo servizio sono già indirizzate all’interruzione volontaria della gravidanza, spesso a seguito del consiglio di operatori sanitari poiché spaventate dai possibili fattori di rischio. Nel 99% dei casi, tuttavia, i consulenti di Telefono Rosso non riscontrano l’aumento del rischio riproduttivo medio e tranquillizzano le donne in gravidanza che nell’84% dei casi proseguono così la gravidanza.

Si comprende quindi quanto sia importante diffondere la conoscenza di Telefono Rosso. Vanno informati soprattutto i medici di base, ginecologi e consultori, psichiatri, farmacie, laboratori analisi, studi di radiologia e altri medici specialisti.

Il servizio è attivo dal lunedì al venerdì dalle 09.00 alle 13.00 e fornisce consulenze mediche in fase preconcezionale, in gravidanza o durante l’allattamento a chiunque ne faccia richiesta.

In particolare, questo servizio fornisce informazioni circa i rischi materno-fetali in caso di assunzione di farmaci, esposizione a radiazioni ionizzanti, esposizioni professionali, infezioni e patologie materne o per altri problemi in gravidanza. Inoltre, consiglia le terapie farmacologiche più opportune nelle varie fasi della gravidanza o in epoca preconcezionale, suggerendo anche eventuali approfondimenti diagnostici.

La consulenza viene effettuata da Medici Specialisti in Ostetricia e Ginecologia con particolari competenze nel campo della Medicina Prenatale e dell’assistenza alla gravidanza ad alto rischio.

La valutazione del possibile rischio riproduttivo si avvale anche delle banche dati specifiche disponibili a livello internazionale. Telefono Rosso è infatti integrato nella rete dei servizi omologhi europei ed extraeuropei con continuo scambio di informazioni relative soprattutto a problematiche nuove o poco conosciute.

Si effettuano dunque delle vere e proprie consulenze mediche fornendo, in tempi brevi, nell’ambito del colloquio telefonico, informazioni scientifiche precise e corrette.

In una recente intervista, il Dottor Marco De Santis, coordinatore del Telefono Rosso, ha dichiarato che il 7–8% delle donne che chiamano questo servizio si trovano nella fase pre-concezionale, periodo molto  prezioso, perché proprio in questa fase gli operatori possono dare loro consigli importanti. “Abbiamo preso in considerazione un gruppo di 4000 donne – ha detto il dott. De Santis – ed abbiamo trovato, in poco meno della metà di esse, un’esposizione al rischio in fase preconcezionale. Erano infatti donne che assumevano farmaci in parte pericolosi, soprattutto ansiolitici, antidepressivi e antiepilettici, che agiscono sul sistema nervoso centrale. Alle donne che ci chiamano in fase preconcezionale possiamo fornire una buona informazione e  decidere, insieme al loro medico curante, un eventuale cambiamento di terapia”.

Depliants, locandine e manifesti del Telefono Rosso si possono richiedere all’Associazione Gravidanza Felice, di Vallo della Lucania (Salerno) che, senza scopo di lucro, fa conoscere detto servizio, contribuisce al suo finanziamento e permette alle persone interessate di accedere con facilità alla sua consulenza medica altamente specializzata.

Gravidanza felice” si propone inoltre di mettere in condizione il Telefono Rosso di eseguire tutti i “follow up” che ritiene utili, gli esiti delle gravidanze dopo la consulenza, per raccogliere casistiche sempre più numerose e controllate, preziose informazioni per i medici e strumenti di aggiornamento nell’ambito della scelta di terapie farmacologiche da effettuarsi in gravidanza.

Tratto da L'Ottimista www.lottimista.com

Pillola dei 5 giorni dopo, grande inganno culturale

di Raffaella Frullone                                 

Il Consiglio superiore di sanità ha detto sì. L'organo consultivo del ministero della Salute ha espresso un parere favorevole per l’introduzione della “Pillola dei 5 giorni dopo” nel nostro Paese, specificando che non si tratta di un abortivo, ma di un contraccettivo d’emergenza. Se si fosse trattato di un abortivo il farmaco sarebbe dovuto risultare in linea con quanto stabilito dalla legge 194, che regola l’aborto.

Già approvata dall'Ema, l'agenzia europea del farmaco, e in commercio in Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna, la pillola agisce dopo il concepimento impedendo l’annidamemento dell’embrione nell’utero.
 
Ma in questo caso, possiamo parlare di contraccettivo? Lo abbiamo chiesto a Bruno Mozzanega, ginecologo alla clinica ostetrica universitaria di Padova e autore di "Da Vita a Vita- Viaggio alla scoperta della riproduzione umana" (Seu editore).

«Certamente no,  per una ragione semplice. L’aborto impedisce ad un individuo concepito di venire alla luce, interrompe una gravidanza in atto. La contraccezione, al contrario, per essere tale deve deve impedire il concepimento e così prevenire la gravidanza. I rapporti che possono portare al concepimento  avvengono nel periodo fertile della donna, vale a dire i 4 o 5 giorni che precedono l’ovulazione. Se c’è un rapporto fertile in questi giorni, magari proprio a ridosso della ovulazione, e il farmaco può essere efficacemente assunto fino a cinque giorni dopo, è evidente che il suo effetto si palesa dopo il concepimento. In questo modo impedisce che un essere umano già concepito si annidi in utero e possa vivere».

Dunque come è possibile che un organo ministeriale lo cataloghi come «contraccettivo»?
«Si tratta di un inganno culturale. Il mondo scientifico, tramite alcune delle sue associazioni più rappresentative, pretende di stabilire che la gravidanza inizi solamente dopo l’impianto, ma come è facile intuire la vita inizia prima. La legge 405 del 1975, che istituisce i consultori familiari e definisce i contorni della procreazione responsabile, la finalizza alla tutela della donna e del prodotto del concepimento, il concepito che emerge dall’incontro di uovo e spermatozoo e che in quel preciso istante inizia a vivere. Siamo in presenza di un tentativo di svalutare la vita dell’embrione prima del suo impianto e di consentirne l’eliminazione facendo rientrare il tutto nell’ambito della “contraccezione” ».

In realtà, qualora il farmaco dovesse essere adottato, sarà somministrato soltanto dopo che la donna avrà effettuato un test di gravidanza. E il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, ha definito questa procedura «un paletto importante»…

«Questo rende ancora più palese la contraddizione. Mi spiego. Innanzitutto dobbiamo chiarire che il test di gravidanza è in grado di rilevare una gestazione in atto grazie all’hCG ossia la gonatropina prodotta dall’embrione al fine di mantenere nell’utero le condizioni indispensabili al proprio sviluppo, ma essa si rileva solo 7-8 giorni dopo il concepimento, non certo nei 5 giorni successivi ad un rapporto potenzialmente fertile. Dunque non siamo in presenza di nessun paletto. Credo che il sottosegretario Roccella tema piuttosto il rischio che molte donne ricorrano a ellaOne come sostitutivo della RU486, con la quale condivide molte affinità di azione, e dunque a gravidanza già diagnosticata. Produrre il test dovrebbe scongiurare questo abuso, ma nulla vieta alla donna di attendere prima di assumerla, o di farsene una riserva da utilizzare al bisogno. D’altra parte,  questo non fa che confermare che siamo in presenza di un farmaco in grado di determinare l’aborto».

Il presidente emerito del Pontificio Consiglio per la vita, mons. Elio Sgreccia, ha parlato di «aborto dalla raffinata malizia»…

« E io lo ribadisco, si tratta di un grande inganno culturale. Mi preoccupa certamente che le ragazzine o le donne assumano questa pillola, ma ancora più grave è che le stesse vengano indotte ad usarla, tranquillizzate da una informazione artatamente falsa, senza sapere. E’ evidente che si tratta di un inganno perché il concepito è vivo. I morti non vanno da nessuna parte, e certo non si annidano in nessun utero».

Tratto da La Bussola Quotidiana

“PILLOLA DEL GIORNO DOPO”: CONTRACCETTIVA O ABORTIVA?

a cura di Bruno Mozzanega*



CHE COS’È LA “PILLOLA DEL GIORNO DOPO”?
COME FUNZIONA?

Norlevo® e Levonelle® sono pillole che contengono alte dosi di
Levonorgestrel (LNG), un progestinico sintetico. Vengono assunte
come “contraccettivo di emergenza” entro 72 ore da un rapporto
sessuale avvenuto nel periodo fertile del ciclo mestruale.
Nell’ottobre 2008 e nel marzo 2011 la FIGO (Federazione
Internazionale di Ginecologia e Ostetricia) ha prodotto un
documento in cui si afferma che il LNG previene o ritarda
l’ovulazione e non interferisce con l’impianto (Link).

QUINDI IL LNG IMPEDISCE IL CONCEPIMENTO?

In realtà la casistica citata è limitata e non permette conclusioni di
sorta (142 donne da sei studi diversi e con trattamenti diversi).
Peraltro, la maggioranza di queste donne ovula.
L’ovulazione è posticipata, nell’80% dei casi, solo quando il LNG
è assunto nel primo dei giorni fertili (Contraception: 2001,64:227;
2001,63:123; 2007,75:372) e quindi inutilmente, dato che un
rapporto risalente fino a tre giorni prima si è verificato in un
giorno non ancora fertile.

E SE IL LNG È ASSUNTO IN PIENO PERIODO
FERTILE?

In questo caso la donna generalmente ovula, ma il corpo luteo,
quella ghiandola transitoria che produce il progesterone e prepara
l’utero alla gravidanza, risulta inadeguato. Il concepito non potrà
annidarsi. La trasformazione del follicolo in corpo luteo ottimale,
che avviene dopo la liberazione dell’uovo, è preparata infatti,
proprio nei giorni fertili, dagli ormoni estrogeni presenti in
quantità elevata: essi dotano tutte le cellule di recettori per
l’ormone luteinizzante che presiede alla formazione del corpo
luteo stesso. Se proprio nei giorni fertili la donna assume alte dosi
di progestinico, che limita sensibilmente l’azione degli estrogeni,
avremo un corpo luteo di scarsa qualità (Contraception
2005,71:451).

E SE IL LNG È ASSUNTO IN CORRISPONDENZA
DELL’OVULAZIONE O DOPO?

La donna ovula, ma l’endometrio è frequentemente asincrono: il
colloquio biologico fra concepito e tessuti materni non avverrà in
modo appropriato e l’annidamento sarà compromesso.

QUINDI IL LNG IMPEDISCE L’IMPIANTO?

Si, quando è assunto in periodo fertile. La FIGO, per sostenere
il contrario, si rifà a studi nei quali LNG non ha impedito, in
vitro, l’annidamento di embrioni su endometrio recettivo
prelevato nel quinto giorno della fase luteale da donne non
trattate con ormoni (Hum Reprod 2007,22:3031). E’ come se
una donna avesse assunto il LNG cinque giorni dopo aver
concepito: il progestinico favorisce l’impianto, ma non sono
questi i giorni in cui si assume questa pillola.
L’endometrio avrebbe dovuto essere prelevato da donne
trattate con il LNG nei giorni fertili, quelli in cui il rapporto è
potenzialmente fertile (Gynecol Endocrinol 2011,27:439).

IL MEDICO È OBBLIGATO A PRESCRIVERE LA
PILLOLA DEL GIORNO DOPO? LA DONNA NE HA
DIRITTO?

No. Il Medico può avvalersi della “clausola di coscienza”, che
lo esime da prestazioni che contrastino con la sua coscienza.
Proprio in virtù del possibile effetto anti-impianto, anche il
Comitato Nazionale di Bioetica (Nota 28/05/2004) gliene
riconosce la facoltà. Credo anzi che la somministrazione di
LNG dovrebbe essere vietata finché non si dimostri che
previene il concepimento. Infatti, la Legge 405/75, che
definisce la procreazione responsabile, la finalizza alla tutela
della salute della donna e del prodotto del concepimento: il
concepito. Unica eccezione è l’aborto volontario, a gravidanza
diagnosticata. Non esiste il diritto di impedire l’annidamento.


* Ginecologo,
Ricercatore della Clinica Ginecologica
e Ostetrica dell'Università di Padova

BIOFILES n°5 tratto da Scienza & Vita