martedì 2 aprile 2013

Cos’è davvero l’autismo?

a cura di Paolo Russo

Oggi si celebra la giornata mondiale dell’autismo. Una sindrome poco conosciuta nonostante l’interpretazione  
di Dustin Hoffman nel film «Rain Man». Quanto è diffusa questa malattia?  
Purtroppo i casi sono in crescita esponenziale. Pochi lo sanno, ma nel mondo l’autismo colpisce più di tumore, diabete e Aids sommati insieme. In Italia oltre 400 mila famiglie hanno a che fare con una persona autistica, che diventata adulta scompare e diventa un fantasma per la nostra società, che fornisce poche tutele e non forma terapisti per la riabilitazione. Un dramma sociale destinato ad espandersi perché se nel 1985 si contavano 3-4 bambini autistici ogni 10 mila nascite, oggi quel dato è schizzato a un caso ogni cento. Questo perché si partorisce sempre più tardi, oltre che per le errate diagnosi del passato, quando l’autismo veniva confuso con un ritardo mentale.

Da quali sintomi si riconosce l’autismo?  
Spesso i genitori si rivolgono inizialmente al medico per un sospetto di cecità o di sordità quando notano quei comportamenti che fanno apparire i loro bambini come incapsulati in una fortezza vuota. I segnali d’allarme sono la difficoltà a relazionarsi con gli altri, la tendenza a ridere o sorridere senza motivo, l’assenza di sguardo verso la persona che sta parlando, il far roteare in continuazione gli oggetti ma anche la ripetizione ossessiva di parole. Spesso sostituite da gesti.

A che età si manifesta la malattia?  
Intorno ai tre anni, con la difficoltà ad intrecciare rapporti con gli altri, fino al completo isolamento e alla difficoltà, da adulti, a vivere una normale vita sociale e lavorativa.

È vero che autistici sono stati molti grandi geni del passato?  
Secondo diversi studiosi Newton, Einstein, Darwin, Mozart sarebbero stati tutti affetti da autismo. O meglio, da quella sua particolare e rara forma che è la «Sindrome di Asperger», in grado di consentire uno sviluppo della capacità cognitive oltre la norma, pur sempre affiancate a una grande incapacità di mettersi in relazione con gli altri. Ma attenzione a non fornire un’immagine edulcorata dell’autismo perché diversi studi dimostrerebbero che nel 75% dei casi coesiste con forme pur lievi di ritardo mentale e a volte è associato a disturbi del sistema nervoso centrale, come l’epilessia o la sindrome di Rett.

Che cosa genera l’autismo?  
Il fattore preponderante è quello genetico, anche se sono stati individuati altri fattori, come l’uso di farmaci anti-virali e anti-epilettici nel primo trimestre di gravidanza, mentre alcuni studi starebbero comprovando una relazione tra la sindrome e la concentrazione di pesticidi nel territorio.

Esistono terapie per curarlo?  
Le armi per combatterlo oggi sono poche. Anzi una sola, secondo le linee guida sulla malattia promulgate recentemente dall’Istituto Superiore di Sanità, che ha promosso la cosiddetta Aba (Applied Behaviour Intervention), che consiste in una serie di programmi comportamentali intensivi, da 20 a 40 ore settimanali, rivolti a bambini di età prescolare. A stimolare i bambini sono i genitori in presenza di professionisti specializzati. L’Istituto ha bocciato o sospeso il giudizio su tutte le altre metodiche, come l’uso di strumenti comunicativi tipo computer, le diete senza glutine o la musicoterapia. Una posizione giudicata però troppo rigida da diversi studiosi e ricercatori.

Che speranze ci sono per il futuro?  
Molte, grazie alla ricerca genetica e, in particolare, a una tecnica molecolare innovativa, conosciuta dagli scienziati con il nome di Array-Cgh, che consente una mappatura del genoma molto più dettagliata. I ricercatori della «Mount Sinai School of Medicine» hanno pubblicato sulla rivista scientifica «Nature» studi che individuano le mutazioni di tre nuovi geni che sarebbero causa del disturbo. Ma anche l’Italia è in prima fila nella ricerca. Due studi realizzati dall’Istituto di neuroscienze del nostro Consiglio nazionale delle ricerche hanno non solo scoperto le mutazioni di due geni che sarebbero alla base dell’autismo ma, come spiega la ricercatrice Chiara Verdelli, avrebbero anche dimostrato l’efficacia di un farmaco sperimentale, in grado di riparare il danno funzionale di uno dei due. Insomma, esistono buona basi di partenza per arrivare tra non troppi anni ad efficaci terapie personalizzate.

In attesa dei farmaci del futuro cosa si fa per aiutare le persone autistiche e i loro familiari?
Decisamente poco. Terapie che intervengono sulle capacità cognitive, come l’Aba, costano. Dai siti delle associazioni dei familiari delle persone autistiche si parla di spese per l’assistenza e la riabilitazione dai 1000 ai 1700 euro al mese che lo Stato non rimborsa. Giovanni Papa, docente di sostegno, nonché genitore di un bambino autistico ritiene che l’intervento cognitivo-comportamentale, l’unico riconosciuto efficace dalle nostre autorità sanitarie, è di fatto ostacolato nelle scuole dalla Unità operative di neuropsichiatria dell’infanzia. Così il peso si scarica sulle famiglie dei malati invisibili del nostro welfare.

Fonte: lastampa.it

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