“Le motivazioni della sentenza sulla fecondazione
eterologa aprono più dubbi che certezze lasciando
irrisolti nodi antropologici e sociali di enorme
impatto”, commentano Paola Ricci Sindoni e Domenico
Coviello, presidente e copresidente nazionali
dell’Associazione Scienza & Vita.
“L’ulteriore abbattimento per via giudiziaria della legge 40, scritta dal Parlamento e sancita dalla volontà popolare, apre un grave vulnus alle pratiche democratiche, ormai affidate al responso ideologico dei giudici. Dire che la fecondazione eterologa è ‘espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi’ sta a significare che la cultura dominante nel nostro Paese è drammaticamente propensa a scindere l’autonomia della persona dalla sua responsabilità umana e sociale. L’autodeterminazione infatti si concretizza nel diritto del più forte a scapito del più debole individuando un diritto ‘affievolito’ del nascituro. La mancata genitorialità è un dramma personale e sociale la cui soluzione ha a che fare con politiche di prevenzione e di sostegno, che non si risolvono immaginando un ‘diritto al figlio’. Un conto è generare bambini, un altro è avere un figlio”.
“Non ci sono solo considerazioni etiche. Dalla identificazione dei donatori sino alla fumosa espressione ‘limite ragionevolmente ridotto di largizioni di seme o di ovuli’questa sentenza apre un vuoto normativo e sociale importante. Il limite ‘ridotto’, a quante ‘donazioni’ è estensibile? Quanti figli possono essere generati da un unico datore di gameti e quali saranno le procedure da mettere in atto affinché non vi sia la concreta possibilità dell’unione di due inconsapevoli fratellastri? Fare riferimento a quanto avviene negli altri Paesi, attribuisce in realtà un enorme onere a chi deve intervenire per via legislativa ed effettuare scelte che incidono profondamente sul nostro tessuto sociale e le cui conseguenze saranno tanto più evidenti quando si paleseranno intrecci familiari e giuridici facilmente prevedibili, proprio perché già visti all’estero”.
“L’ulteriore abbattimento per via giudiziaria della legge 40, scritta dal Parlamento e sancita dalla volontà popolare, apre un grave vulnus alle pratiche democratiche, ormai affidate al responso ideologico dei giudici. Dire che la fecondazione eterologa è ‘espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi’ sta a significare che la cultura dominante nel nostro Paese è drammaticamente propensa a scindere l’autonomia della persona dalla sua responsabilità umana e sociale. L’autodeterminazione infatti si concretizza nel diritto del più forte a scapito del più debole individuando un diritto ‘affievolito’ del nascituro. La mancata genitorialità è un dramma personale e sociale la cui soluzione ha a che fare con politiche di prevenzione e di sostegno, che non si risolvono immaginando un ‘diritto al figlio’. Un conto è generare bambini, un altro è avere un figlio”.
“Non ci sono solo considerazioni etiche. Dalla identificazione dei donatori sino alla fumosa espressione ‘limite ragionevolmente ridotto di largizioni di seme o di ovuli’questa sentenza apre un vuoto normativo e sociale importante. Il limite ‘ridotto’, a quante ‘donazioni’ è estensibile? Quanti figli possono essere generati da un unico datore di gameti e quali saranno le procedure da mettere in atto affinché non vi sia la concreta possibilità dell’unione di due inconsapevoli fratellastri? Fare riferimento a quanto avviene negli altri Paesi, attribuisce in realtà un enorme onere a chi deve intervenire per via legislativa ed effettuare scelte che incidono profondamente sul nostro tessuto sociale e le cui conseguenze saranno tanto più evidenti quando si paleseranno intrecci familiari e giuridici facilmente prevedibili, proprio perché già visti all’estero”.
Fonte: scienzaevita.org
Nessun commento:
Posta un commento