di Anna Fusina
Qual è
il valore della gravidanza?
Possono i
genitori adottivi vivere il valore simbolico della gravidanza?
Secondo
la Dott.ssa Nazarena Prina, psicologa e mamma adottiva, i genitori
adottivi possono sperimentare nel percorso adottivo tutto quello che
la gravidanza insegna ai genitori naturali.
La
gravidanza insegna ad aspettare, ad attendere:
“Quest'attesa,
quest'aspettare nove mesi che il bambino si formi, che il bambino
cresca, insegna la pazienza. Ma ognuno di noi, aspirante genitore
adottivo, l'ha vissuta: i colloqui con gli psicologi, le pratiche, i
documenti e, se qualcuno è nato un po' più lontano, le corse per
andarseli a fare nel luogo di nascita (…). La gravidanza mi insegna
ad esercitare la pazienza, perché probabilmente, come genitore, mi
servirà la pazienza e, se mi è dato di vivere questo periodo è
perché la devo imparare. (…) La pazienza, quindi, è proprio una
competenza che devo avere, che devo interiorizzare come genitore; è
un ingrediente che mi serve nel compito educativo”.1
Continuando
nell'analisi di questa gravidanza simbolica, la Dott.ssa Prina
osserva che anche il genitore adottivo deve gestirsi tutta l'ansia
che deriva da essa, come del resto avviene per la gravidanza
naturale. Per il genitore 'biologico' l'ansia sarà causata
dall'incertezza sulla salute del figlio, sull'eventuale presenza di
handicaps, sul fatto di poter portare a termine la gravidanza, ecc.
Per il
genitore adottivo essa sarà determinata dall'incertezza
sull'acquisizione dell'idoneità, sul tempo dell'arrivo del bambino
in famiglia, sulla scelta di affidarsi ad un determinato ente
autorizzato piuttosto che ad un altro, ecc.
L'ansia
si deve imparare a gestire sin da subito per riuscire poi, in tempi
successivi, a non proiettarla sul figlio.
Durante
la gravidanza biologica la madre vive la bellissima esperienza del
portare una nuova vita dentro di sé.
La
Dott.ssa Prina osserva che anche durante il periodo che precede
l'arrivo del figlio adottivo in famiglia, si ha la sensazione di
avere il figlio già dentro di sé, si vive l'esperienza di essere
già in due.
In
gravidanza si fantastica sul bambino, si prova ad immaginare come
sarà, a chi somiglierà. Se sarà maschio o femmina, ecc.
Anche i
futuri genitori adottivi immaginano il bambino che arriverà. Se il
figlio non si immagina, ci si considera così poco degni di avere un
figlio da non poter permettersi neppure di pensarlo; se, invece, lo
si immagina troppo, si vuole un figlio preconfezionato.
“Anche
il fantasticare sul bambino, il progettare sul bambino, nel giusto
modo, ci aiuta ad avere certo delle aspettative, ma delle aspettative
che non lo incapsulino, cioè che gli permettano comunque di
diventare quello che è; aspettative che partono dalla coscienza dei
talenti e dei limiti che lui ha.”2
In
gravidanza si vive l'esperienza dell'accoglienza:
“Il
genitore adottivo non sa niente del passato del suo bambino. E'
un'accoglienza totale. 'Ti accolgo con il tuo passato fisico e
psichico'. Che cosa t'insegna l'accoglienza?
Ti
insegna a non giudicare. 'Ti accolgo così come sei' (…).
l'accoglienza in fondo è proprio un non-giudizio”.3
Le caratteristiche della gravidanza naturale, presenti con modalità
diverse nella gravidanza simbolica dell'esperienza pre-adottiva,
costituiscono, a parere della Dott.ssa Prina, elementi guida del
rapporto educativo:
“Attraverso
la pazienza, la gestione dell'ansia, l'interiorizzazione del mio
bambino, gli permetterò poi di staccarsi e vivere la sua vita
autonoma.
Attraverso
l'accoglienza, che è un non-giudizio, riesco a vedere il mio bambino
proprio come altro da me e riesco a valorizzarlo in tutte le sue
fatiche, le sue gioie, i suoi difetti; solo allora riesco a
stimolarlo perché anche questi difetti, queste fatiche, il suo
passato, diventino elementi di
crescita.”4
Fonte:
vitanascente.blogspot.it
1N.
PRINA, Educare è evidenziare il positivo nel presente: come
valorizzare la storia dei figli adottivi? (a cura di Famiglie
per l'Accoglienza), Sintesi degli incontri sull'adozione anno
1997, Testo pro-manuscripto non rivisto dai relatori, pp. 4-5
2N.
PRINA, cit., p. 8
3N.
PRINA, cit., p. 8
4N.
PRINA, cit., p. 11-12
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