martedì 29 aprile 2014

Un papà: Ho una figlia down, ma non è affatto una tragedia


"Inutile nascondere le difficoltà", dice, "ma posso assicurare che sono ripagato da una grande gioia, dalla soddisfazione di ogni sua piccola conquista e dalla simpatia che suscita". Una lettera pubblicata da Famiglia Cristiana...
 
LA LETTERA - Sono il papà di due bambine di cui una, quella di due anni, con sindrome di Down. Non giudico il comportamento di nessuno, ma voglio prendere le difese di quei bambini Down che, per volontà dei genitori, non sono mai nati. In particolare, mi rivolgo alle coppie che hanno saputo o sapranno che il figlio che nascerà avrà questa sindrome. A loro dico: se motivi religiosi o etici non sono per voi sufficienti a farvi decidere di far nascere il bambino, prima di scegliere di negargli la vita, provate almeno a contattare qualche famiglia con un figlio Down. 


Incontratela: sicuramente molte delle vostre paure e angosce si attenueranno, e non apparirà così impossibile far nascere e crescere un piccolo con questo "problema". E aggiungo: non sottovalutatevi, sono sicuro che troverete in voi e attorno a voi le risorse umane necessarie per vivere questa avventura, che trasformerà in meglio anche voi stessi.


Inutile nascondere le difficoltà che dovrete affrontare, ma vi posso assicurare che sarete ripagati da una grande gioia, dalla soddisfazione di ogni piccola conquista che il piccolo raggiungerà (e voi con lui), dalla simpatia che questi bambini sanno suscitare attorno a loro. Informatevi poi su tutte le possibilità che la normativa offre per sostenere le famiglie con un disabile: certo, non è ancora sufficiente, ma qualcosa esiste (legge 104, indennità di accompagnamento, agevolazioni fiscali, ecc.). Insomma, posso assicurarvi che la nascita di un bambino Down non è assolutamente una tragedia, è semmai l'occasione per tirare fuori il meglio di voi stessi e allargare i confini, a volte troppo "stretti", della nostra società.
Francesco

LA RISPOSTA - Anche toccando un tema così inquietante, cerchiamo di mantenere il pacato equilibrio di cui dà prova Francesco. Evitiamo, quindi, non solo i toni da crociata, ma gli stessi giudizi sulle persone che non la pensano come lui. Non perché siamo indifferenti alle scelte morali (siamo di fronte a un gravissimo "disordine" morale), o perché succubi di quello che oggi viene chiamato "relativismo morale", secondo cui non esistendo princìpi etici oggettivamente validi, si può tollerare tutto. Se ci asteniamo dal giudizio è solo perché non sappiamo in base a quali condizionamenti e a quante e quali informazioni, in simili casi, una persona giunge a questa tragedia.
Gli scenari aperti dalla diagnosi prenatale sono molto complessi. A cominciare dall'esistenza stessa della possibilità di conoscere in anticipo lo stato di salute del nascituro (che dovrebbe permettere di curare, ove possibile e con i mezzi a disposizione, le anomalie o le malformazioni diagnosticate, non certo per rendere più facile la scelta dell'aborto).
Com'è vissuta dalle coppie in attesa di un figlio la diagnosi prenatale? Come una possibilità, appunto, alla quale ci si può sottrarre, o come un obbligo, insieme sanitario e morale? La presenza stessa di protocolli medici che prevedono per le donne maggiormente a rischio di gravidanze con malformazioni di sottoporsi a esami programmati inclina per la seconda interpretazione.
Esiste sempre la possibilità di sottrarsi. Non poche coppie, determinate a non interrompere la vita al proprio figlio, qualunque sia il corredo di integrità e di salute cui l'ha destinato la roulette genetica, rinunciano a sottoporsi a ecografie o altri esami. È una decisione che richiede lucidità e, sempre più, una buona dose di coraggio. Nella nostra società, la nascita di un disabile non è accompagnata da comprensione e solidarietà; una specie di censura morale - nei casi peggiori, anche sgradevoli commenti espliciti - graverà su coloro che hanno deciso di sottrarsi alla diagnosi prenatale e alle decisioni conseguenti; mentre la scelta di abortire un feto malformato è, per lo più, accolta con indulgenza complice.
La posizione della Chiesa al riguardo è molto netta: «Il feto, anche se difettoso, è un essere umano e proprio perché tale ha un diritto inalienabile alla vita». Paolo VI a un incontro di ostetriche e ginecologi ricordava: «Le malformazioni organiche non possono privare nessun essere umano della sua dignità e del suo inalienabile diritto all'esistenza».
Tornando alle scelte da fare, la prima è, dunque, quella di sottoporsi o non sottoporsi ai test prenatali. Non poche coppie ammettono, con candore, che non avrebbero avuto la forza di accettare un figlio Down, se avessero avuto la possibilità di conoscere prima la diagnosi, mentre poi, quando il bambino è nato, l'hanno accolto e cresciuto con gioia.
Il problema dell'informazione si presenta anche dopo la nascita di un bambino che si discosta dai parametri della normalità: è essenziale per i genitori sapere che cosa si potranno aspettare per il futuro, il grado delle disabilità, le possibilità curative ed educative, l'impatto che l'handicap avrà sulla vita della famiglia. Ma al riguardo ci sono vistose carenze di comunicazione.
Il Cepim (un'associazione che riunisce genitori con figli Down, che opera a Torino dal 1979) ha fatto una ricerca per conoscere esperienze e quali informazioni vengono date ai genitori sulla disabilità del figlio. Alcune esperienze sono terrificanti (si trovano nel volume: Nascere bene per crescere meglio). Pensiamo a che cosa possono provare dei genitori - per fare un solo esempio - ai quali viene detto: «Il vostro bambino è Down. Non vi preoccupate, non è drammatico: vi terrà compagnia, come un cagnolino».
È importante che i sanitari diano informazioni corrette. Ancor più decisivo è lo scambio di esperienze di genitori con un figlio Down. Serve a fugare fantasie catastrofiche, a far crescere la competenza dei genitori a essere padri e madri di bambini speciali. Censurare gli aborti fatti per paura di non essere all'altezza di situazioni eccezionali non basta: bisogna fornire un sostegno. A cominciare dalle informazioni corrette. E arricchirsi delle esperienze positive degli altri.

Fonte: Superabile Italia/Famiglia Cristiana

Ripreso sa: http://www.proinfirmis.ch

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