Vivi la tua vita da figlio unico e poi «boom!»: arriva un fratellino o
una sorellina. E così vieni detronizzato. Attenzioni e riflettori sono
tutti per il nuovo arrivato o la nuova arrivata. E se il nuovo bebè è
adottato? E se il bimbo è una bimba? E se la bimba ha la sindrome di
down? Non è un «caso di scuola». È vita reale. È la storia della
famiglia Gottardi di Trento, una storia non facile, fatta di fatica ma
anche di tante gioie e di sorrisi: quelli regalati da quella bambina,
oggi quattordicenne, che è diventata parte, se non fulcro, di un
rapporto a quattro. Felici papà Cornelio e mamma Mariella. Felice la
piccola Lisa, che tanto piccola non è più. Felice, nel ruolo del
detronizzato, il primogenito Pierandrea, oggi ventunenne studente di
Lettere Moderne all'Università di Trento e coprotagonista, con la
sorella, di un documentario dal titolo eloquente: «Fratelli e sorelle
d'Italia. Storie di vita a confronto», commissionato dall'Anffas
nazionale a Mediaomnia del rivano Franco Delli Guanti. Il film verrà
proiettato a Roma il prossimo 12 maggio.
La vicenda dei giovani Gottardi fa parte di una serie di 11 storie:
ragazzi e ragazze con diversi tipi di disabilità, che si raccontano in
altrettante città italiane. Oltre a Trento, ci sono Varese, Bergamo,
Pescara, Grottammare, Forlì, Faenza, Catania, Scoglitti, Patti e Milano.
Sono gli stessi fratelli a raccontare - in qualche caso anche senza
parlare di come le loro vite siano cambiate.
Non si nascondono le difficoltà. Non le nasconde mamma Mariella, medico
anatomo patologo a Trento e non le nasconde il marito Cornelio,
responsabile del laboratorio chimico di Dolomiti Energia. Lei ricorda il
periodo precedente all'adozione: «Quando alla responsabile del
Tribunale dei minori mio marito ed io abbiamo detto che volevamo
adottare una bimba con la sindrome di down, lei ci ha guardati con due
occhi così e ha detto: "Ma voi siete matti! Ma vi rendete conto del peso
che farete portare a vostro figlio?". Noi però eravamo convinti e se
dovessimo tornare indietro faremmo la stessa scelta. Lisa non era stata
riconosciuta dai suoi genitori biologici. È diventata subito figlia
nostra. Non sono mancati gli ostacoli: grazie a tante brave insegnanti
(anche se non sono mancati quelli che non hanno capito i nostri problemi
e le nostre esigenze) l'abbiamo aiutata ad affrontare gli inevitabili
problemi nell'apprendimento. E poi c'è stato l'aiuto dell'Associazione
Famiglie per l'Accoglienza, che già conoscevamo e un grosso lavoro è
stato fatto grazie al Paese di Oz dell'Anffas».
Tempo e impegno in più per una famiglia che non è come le altre. «Ma
vengono ripagati da ogni progresso che ha fatto e che fa. Dovremmo
essere sempre in grado, tutti, di stupirci. Vivremmo tutti meglio».
Racconta di pregiudizi ma anche di sostegno inaspettato. «Penso ad un'ex
vicina di casa che è venuta a trovarci dicendoci che la nostra scelta
l'aveva indotta a pensare che c'è ancora qualcosa di buono al mondo.
Lisa oggi sa leggere, scrivere e parlare bene. È una ragazzina con una
bella energia e una forte componente emotiva. Un insegnante ci ha detto
che la sua positività ha contagiato i compagni di classe. Insomma fa del
bene».
E veniamo poi a Pierandrea, che nel documentario con Lisa è il cuore
della storia. Con l'arrivo della sorella, come tutti i fratelli maggiori
è «caduto dal podio». Le attenzioni si sono concentrate sulla nuova
arrivata. «Come ci ha detto la pediatra - dice la mamma - la gelosa non
finisce mai. Ma il fatto che avesse la sindrome di down non è mai stato
un problema nel loro rapporto. Con Lisa è sempre stato attento e
affettuoso. Col tempo, da madre, mi sono resa conto che lui ha maturato
una maggiore sensibilità rispetto a chi è meno fortunato. Lei lo adora e
questo ha aiutato molto fin dall'inizio. Poi, naturalmente, litigano,
come tutti i fratelli. E il bello è che lui l'ha sempre trattata come
chiunque altro, down o non down».
Abbiamo quindi voluto contattare proprio Pierandrea, durante una pausa
dalle sue ore di studio in biblioteca. «Quando è arrivata Lisa in
famiglia, la novità è stata grossa - racconta - però il fatto che fosse
down non rappresentava un problema. E forse non è stato un problema
anche perché all'inizio non mi rendevo conto delle difficoltà che Lisa
avrebbe dovuto affrontare. Per me è ed è stata solo una sorella, con
tutto il bello e anche le rotture di balle di avere una sorella minore.
Per quanto riguarda il presente, posso dire che sono solo contento del
fatto che ci sia. È un "bello non scontato". Avere accanto qualcuno che
ha delle difficoltà mi costringe a non barare rispetto alle sfide della
mia vita». E per quanto riguarda il futuro? Pesa la prospettiva di
diventare, inevitabilmente, unico suo punto di riferimento? «C'è un
grande punto di domanda, perché non so cosa accadrà in futuro, ma è una
domanda a cui voglio rispondere, a cui voglio stare di fronte».
di Andrea Tomasi
Fonte: L'Adige
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