di
Anna Fusina
Un
nuovo studio* pubblicato nei giorni scorsi dal CLI (Charlotte Lozier
Institute) riporta evidenze scientifiche che dimostrano come tutti i
contraccettivi d'emergenza possano agire come abortivi.
L'autrice,
Susan E. Wills, esamina lo stato attuale della scienza relativamente
ai tre tipi più comuni di contraccezione d'emergenza disponibili
negli Stati Uniti: la spirale al rame (commercializzata come
ParaGard®
T 380A Intrauterine Copper Contraceptive),
l'Ulipristal acetato (commercializzato come Ella® and ellaOne®) ed
il levonorgestrel-contraccettivo d'emergenza o LNG–EC
(commercializzato come Plan B®, Plan B One-Step® and Next Choice®)
e spiega come gli ultimi studi scientifici relativi a queste
metodiche abbiano dimostrato che esse agiscono anche attraverso
l'impedimento dell'impianto in utero di embrioni appena formatisi,
causando quindi un aborto precoce.
La
ricerca mette in luce dapprima la fondamentale differenza che esiste
tra l'aborto e la prevenzione delle gravidanza.
E'
fondamentale infatti che i termini “aborto” e “gravidanza”
siano adeguatamente compresi nel loro reale significato.
La
ricercatrice afferma che nel 1965 l'ACOG (American
College of Obstetricians and Gynecologists)
ha adottato una nuova “orwelliana” definizione del concepimento
come “impianto di un ovulo fecondato” al fine di oscurare la
realtà.
Riporta
anche un parere del Comitato ACOG del 2012 che lo esprime
chiaramente: “la
contraccezione d'emergenza non è efficace dopo l'impianto; perciò
essa non è abortiva.”
Questa
affermazione, a parere di Susan Wills, è doppiamente fuorviante
perché il Mifepristone (o RU 486, la “pillola abortiva”) è
utilizzato anche come contraccettivo d'emergenza in diversi Paesi.
Inoltre esso uccide efficacemente gli embrioni fino a sei settimane
dopo l'impianto ed è forse solo una questione di tempo prima che la
FDA approvi detta pillola per l'uso come contraccettivo d'emergenza.
L'autrice
dello studio mette in evidenza gli effetti dello stravolgimento
terminologico dei concetti di concepimento, gravidanza e aborto
operato ad hoc dall'ACOG.
“Non
ci si può più riferire all'impianto dell'embrione poiché ciò
implica la presenza di un essere umano; -
afferma la ricercatrice - l'embrione
viene invece chiamato “uovo fecondato” sebbene egli sia un unico
essere umano con la sua sequenza completa di DNA.”
Ricorda
anche che nelle sue prime ore di esistenza l'embrione segnala alla
mamma la sua presenza per ottenere che il sistema immunitario di
quest'ultima non sviluppi reazioni immunitarie verso di lui, e spinge
il corpo della madre a rilasciare prontamente l'Early Pregnancy
Factor (il Fattore Precoce di gravidanza), una proteina
immunosoppressiva rilevabile nel sangue materno fin dalle 24 ore dopo
la fecondazione.
I
termini “fecondazione” e “concepimento” sono in realtà
sinonimi e segnano l'inizio di un nuovo essere umano, l'inizio della
gravidanza.
Secondo
la concezione ACOG invece la gravidanza inizia solo quando un
embrione si impianta nella mucosa uterina (endometrio).
Ma
“gli
embrioni incapaci di impiantarsi muoiono”
- sottolinea la Wills.
Attraverso
l'uso di mezzi che includono il blocco dell'impianto dell'embrione
(contraccezione d'emergenza) si consente dunque così la morte di un
bambino entro la sua prima settimana di vita in utero, evitando che
si possa parlare in questo caso di aborto.
Susan
Wills, effettuando una revisione della letteratura
medico-scientifica, ha scoperto che le tre forme più comuni di
contraccezione d'emergenza possono agire bloccando l'impianto di un
ovulo fecondato.
“Gli
studi più recenti, utilizzando metodi precisi e rigorosi per
valutare i meccanismi d'azione dei contraccettivi d'emergenza
- sostiene la Wills - forniscono
prove inconfutabili che l'azione pre-ovulatoria, cioè contraccettiva
(per esempio il ritardo o l'inibizione dell'ovulazione e
l'interferenza con la mobilità degli spermatozoi) non può essere
considerata la sola causa dell'efficacia della contraccezione
d'emergenza nell'impedire l'instaurarsi di gravidanze.”
A
conferma di ciò, la ricercatrice propone la sua analisi relativa
allo stato attuale della scienza riguardo ai più comuni tipi di
contraccezione d'emergenza disponibili negli Stati Uniti: la spirale
al rame, l'Ulipristal acetato ed il levonorgestrel-contraccettivo
d'emergenza.
Riguardo
alla spirale al rame (ParaGard® T 380), la studiosa evidenzia che
essa emette ioni di rame, creando un ambiente tossico per
spermatozoi, ovuli ed embrioni e ricorda come l''FDA ne elenchi tre
meccanismi d'azione: “l'interferenza
con il trasporto dello sperma o con la fecondazione, e l'impedimento
dell'impianto.”
“Ma
quando Paragard viene usata come “contraccettivo d'emergenza” ed
inserita 1-5 giorni dopo il rapporto sessuale
- aggiunge la ricercatrice - gli
spermatozoi sono arrivati da tempo nelle tube di Falloppio e la
fecondazione può già avere avuto luogo.”
Paragard
può dunque agire interferendo con l'impianto ed in questo caso gli
embrioni, incapaci di impiantarsi, muoiono.
Relativamente
all'Ulipristal acetato (ellaOne®, la cosiddetta pillola dei 5 giorni
dopo), Susan Wills afferma che questa pillola agisce bloccando i
recettori del progesterone nell'endometrio e che questa azione può
impedire che quest'ultimo diventi capace di ricevere e nutrire
l'embrione. EllaOne può quindi vanificare l'impianto e nella più
potente formulazione di RU 486, può privare un embrione impiantato
(di età gestazionale fino a 9 settimane) dell'ossigeno e della
nutrizione di cui ha bisogno per sopravvivere.
Fra
le evidenze scientifiche riportate nel suo articolo riguardo ad
ellaOne, la ricercatrice sottolinea anche che un'analisi dei dati
provenienti da tre studi, pubblicata nel novembre 2013 da Vivian
Brache et al., ha rilevato che ellaOne ritarda l'ovulazione per 5
giorni solamente nel 58,8% (20/34) dei cicli.
Prendendo
in considerazione il Plan B
(levonorgestrel-contraccettivo
d'emergenza, la cosiddetta “pillola del giorno dopo”), la Wills
sostiene che
tutti
gli studi recenti hanno rilevato che Plan B ha un'azione
prevalentemente post-fecondazione (abortiva) quando viene
somministrato durante il periodo fertile del ciclo di una donna.
A
conferma di ciò la Wills ricorda due recenti revisioni della
letteratura che criticano gli studi più datati e riferiscono sui
risultati di nuovi, più ampi studi che hanno utilizzato metodi più
accurati.
“La
prima revisione, pubblicata in Gynecological Endocrinology da Bruno
Mozzanega ed Erich Cosmi (Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia,
Università di Padova) -
sostiene la ricercatrice - critica
senza risparmio una dichiarazione congiunta del Consorzio
Internazionale per la Contraccezione di Emergenza (ICEC) e della
Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia (FIGO).
La
dichiarazione congiunta ha affermato che "il principale e forse
unico" meccanismo di azione del LNG - contraccettivo d'emergenza
è l'"inibizione o il ritardo dell'ovulazione" e che "le
pillole di LNG–contraccettivo d'emergenza non possono impedire
l'impianto".”
Afferma
poi che:
”Mozzanega e Cosmi spiegano che le conclusioni di ICEC/FIGO erano
derivate da un revisione di soli sette studi per un totale di soli
142 pazienti che sono stati ulteriormente suddivisi in diversi
sottogruppi (rendendo impossibili conclusioni statisticamente
significative). La metodologia difettosa caratterizza alcuni dei
sette studi; le "conclusioni" sono state contraddette dai
risultati effettivi in altri, e più estesamente, studi più rigorosi
sono stati completamente ignorati.”
Susan
Wills ricorda poi che nel dicembre 2013 Rebecca Peck e Juan R. Vélez,
hanno pubblicato una esaustiva revisione della letteratura
scientifica sul meccanismo di azione di Plan B e che in detta review,
dopo aver sottolineato gli errori e le incongruenze negli studi che
pretendono di dimostrare che il meccanismo d'azione di Plan B sia
solo o prevalentemente pre-ovulatorio (contraccettivo), gli autori
hanno esaminato diversi studi ampi e rigorosi che dimostrano un'alta
probabilità del meccanismo post-fecondazione (abortivo) di Plan B.
Nella
sua analisi, la ricercatrice afferma anche che risultati
intermedi e finali di uno dei più grandi studi condotti fino ad oggi
su Plan B sono stati pubblicati nel 2010 e nel 2011 da Gabriela Noé
e colleghi.
Questi
studi, secondo la Wills, dimostrano che Plan B
(levonorgestrel-contraccettivo d'emergenza, la “pillola del giorno
dopo”) può ritardare l'ovulazione quando somministrato prima o
all'inizio del periodo fertile, periodo in cui la probabilità di
gravidanza è scarsa e, quindi, non esso è "necessario"
per prevenire la gravidanza; quando somministrato dopo il rapporto
sessuale nel periodo fertile e prima del picco di LH che induce
l'ovulazione, Plan B fallisce come contraccettivo l'80-92% delle
volte e agisce invece come un abortivo, eliminando tutti gli embrioni
che probabilmente sono stati concepiti.
La
ricercatrice osserva inoltre che nel novembre 2013 l'analisi di
Brache et al., condotta comparando i dati di alcuni studi sulla
contraccezione d'emergenza, ha confrontato l'efficacia di LNG (Plan
B), Ulipristal acetato (Ella), un terzo contraccettivo d'emergenza
(meloxicam), LNG + meloxicam, e placebo e che i risultati ottenuti
da questa analisi forniscono il sostegno alle conclusioni di Peck/
Vélez e Mozzanega/Cosmi sul fatto che Plan B sia solo minimamente
efficace nel ritardare l'ovulazione quando somministrato nel periodo
fertile immediatamente precedente l'ovulazione.
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