mercoledì 1 maggio 2013

La forza della vita, basta non mettersi di traverso

Fiore
di Stefano Bruni -    pediatra                                     

                                                        
 
Sono entrambi giovani. Lei é bionda, con gli occhi azzurri. Sorride dolcemente quando, visitando Nicoletta, la sua bimba che ora ha quattro mesi di vita, le dico “Chissá se le rimarranno questi splendidi occhi azzurri anche da grande”! “Li conserverà, li conserverà!” mi dice, “Li ha presi da me.” Io mi sento un po’ sciocco. Certo, il colore delle iridi dei neonati può cambiare nel corso dei mesi, ma Nicoletta è il ritratto della mamma: bionda e con due grandi e dolci occhioni azzurri. Certo che manterrà quel bellissimo colore!
Il papà sta tenendo a bada il fratellino di Nicoletta. Lui, il fratellino, l’ho già visitato. Non è uno che ami molto farsi visitare ma questa volta é andata meglio del solito e ora, con la meritata caramella in bocca, fa la spola tra l’ambulatorio e la piazzetta antistante saltando come un grillo, felice di avere il papà a sua completa disposizione per un po’. Nicoletta è una bimba bella e sana. Sgambetta e mi sorride. Di tanto in tanto accenna ad un “nghé” come per rispondere ai complimenti che le faccio (le femmine, anche piccolissime, sembrano sensibilissime ai complimenti e se dici loro che sono “moooolto carine” ti sorridono e partono a chiacchierare, a modo loro, che non le fermi più se non quando le metti sulla bilancia, altra cosa cui sembrano molto sensibili fin da piccolissime).
Ed è un miracolo che io la stia visitando perché undici mesi fa i medici l’avevano data per morta. Chiedo alla mamma se posso raccontare la sua storia su questo sito web e lei non ha esitazioni: si coccola Nicoletta orgogliosa e acconsente con un sorriso. Il papà è rientrato nello studio per un attimo, all’inseguimento del figlio più grande. Chiedo il permesso anche a lui: “Sono sempre d’accordo con quello che fa mia moglie!” dice con un sorriso sornione.
Nicoletta avrebbe potuto avere un fratellino gemello ma alla fine del secondo mese di gravidanza la mamma lo ha perso. Un’emorragia, la corsa al Pronto Soccorso, l’ecografia, la triste diagnosi. I medici che visitano la giovane mamma non hanno dubbi: aborto spontaneo dei due piccoli feti. Occorre effettuare il raschiamento, cioé ripulire la cavità uterina dai resti di quella gravidanza interrottasi spontaneamente, per evitare infezioni e future complicanze…La mamma è distrutta. Il giovane papà è oppresso allo stesso modo ma ha un’esitazione. Se il raschiamento dev’essere effettuato preferisce spostare sua moglie nell’Ospedale, non molto lontano, in cui lavora il suo ginecologo.
Durante il trasferimento in ambulanza nella mente della giovane donna si affollano i pensieri e si scontrano violentemente: l’immagine dei due gemellini, costruita nella sua mente negli ultimi due mesi, si confonde nel rosso scuro del sangue dell’emorragia. I ricordi irrompono impetuosi. Il ciclo che ritarda, la certezza della gravidanza, l’impatto della notizia: “Signora, sono due fratelli gemelli!”. La paura per l’impegno subito scalzata dalla gioia per quelle due nuove vite che si stanno formando nel proprio ventre. E ora, in un attimo, all’improvviso, senza motivo apparente, più nulla…Il papà segue l’ambulanza in macchina. Anche la sua mente è in subbuglio. Una tempesta di emozioni contrastanti, lo scontro tra il pensiero di ciò che è e quello che avrebbe potuto essere è devastante.
L’ambulanza arriva in ospedale. Il ginecologo accoglie la giovane donna; ha discusso il caso coi colleghi che per primi hanno visto la sua giovane paziente. Si prepara per il raschiamento. Nessuno parla; l’ospedale dorme, è notte. Ma dentro la testa dei due giovani quel silenzio é assordante. Prima di intervenire il medico, correttamente, sottopone ad una nuova ecografia quella signora bionda e con i grandi, gonfi, occhi azzurri. Il ginecologo sgrana gli occhi. Uno dei due feti, purtroppo è vero, non vive più; ma dietro un grosso ematoma la sonda dell’ecografo sorprende il secondo feto che si nasconde, si muove, il suo cuoricino batte dunque è vivo. Certo, il medico non scommetterebbe nulla sulla possibilità che quella giovanissima vita raggiunga il nono mese di gestazione e possa venire al mondo. La strada, più che in salita, si presenta come un’arrampicata su una parete rocciosa verticale.
Ma la speranza si riaccende nella giovane famiglia. Il pensiero di quello che potrà ancora essere torna prepotente ad occupare la loro mente anche se è e rimarrà viva la tristezza per l’altra giovane vita interrotta. Come sia accaduto che il primo medico non abbia riconosciuto che la seconda camera gestazionale è ancora “abitata” da Nicoletta e che Nicoletta è viva e intenzionata a continuare il suo sviluppo ora non interessa più a nessuno, anche se da quell’errore avrebbe potuto avere origine una tragedia ancora più grande di quella che si è comunque consumata. Nicoletta avrebbe potuto essere soppressa per errore! Che grande responsabilità ha il medico; è bene che tutti noi che facciamo questo mestiere ce lo ricordiamo sempre.
Ora ció che importa é fare tutto il possibile affinché Nicoletta sopravviva, cresca e possa nascere. Non sarà facile, il ginecologo è molto chiaro. Saranno sette mesi di letto per la giovane donna, sette mesi di dialogo serrato con la sua bimba, a convincerla a tenere duro, ad andare avanti, giorno dopo giorno, divisi tra la paura che non ce la faccia e la speranza, molto più forte, che a quella seconda nascita ne segua una terza, quella definitiva. I mesi scorrono lenti. Ma ogni giorno che passa è un giorno conquistato. Ormai manca poco… Ora la paura è quasi un ricordo… Ora la paura è un ricordo. Questa notte le stesse pareti bianche dello stesso ospedale hanno un colore diverso, un odore diverso. Non è più il rosso a dominare il contesto ma l’azzurro vivo degli occhi di Nicoletta appena aperti che si fissano in quelli della sua mamma non più velati e spenti ma finalmente accesi e grati.
La mamma ora sta rivestendo Nicoletta che continua a sorridere e “chiacchierare” imperterrita a modo suo. Chissà se è consapevole del miracolo che la sua vita, che i suoi quattro mesi e i suoi grandi occhi azzurri sono lí a testimoniare. A giudicare dalla sua facciotta furba direi quasi di sì. Certo ne sono consapevoli la sua mamma e il suo papà. E ne sono consapevole anche io. Ci salutiamo dopo aver discusso di come divezzare la bimba. Nicole ora è imbacuccata nella sua giacchina rosa. Da dentro il cappuccio continua a sorridermi appena le rivolgo lo sguardo.
La vita è stata più forte della morte. E il miracolo si è ripetuto. A volte, perché il miracolo si ripeta, basta solo lasciare che le cose accadano: basta non mettersi di traverso alla vita.
fonte: www.uccronline.it

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