di Anna Fusina
Lo scorso 24
luglio, nella seduta della Camera nr. 271, gli Onorevoli Gian Luigi
Gigli e Mario Sberna hanno presentato un'interrogazione a risposta
scritta (nr. 4-05673) al Ministro dell’Interno ed a quello della
Giustizia in merito al riconoscimento dei matrimoni omosessuali
avvenuti all'estero da parte di alcuni Sindaci.
Gli
interpellanti riportano, fra gli altri, il caso di Napoli in cui, “in
data 14 luglio, presso palazzo San Giacomo, alla presenza del sindaco
Luigi de Magistris, è stato trascritto nel registro dell'anagrafe
cittadina, un matrimonio contratto all'estero fra persone dello
stesso sesso: atto reso possibile grazie ad una direttiva del sindaco
che consente all'anagrafe cittadina l'operazione di trascrizione. Il
sindaco, secondo autorevoli fonti di stampa, avrebbe dichiarato:
«Siamo convinti che il sindaco abbia il diritto e il dovere di far
trascrivere presso gli uffici dell'anagrafe e dello stato civile i
matrimoni che, purtroppo, per ora possono essere celebrati soltanto
all'estero», asserendo inoltre che: «Questa trascrizione ha un
valore anche giuridico: mette a pari livello un matrimonio etero e
uno omosessuale, per esempio per partecipare alle politiche sociali
della città oppure all'assegnazione delle case».”
Gli On. Gigli e
Sberna rilevano poi come il 17 luglio anche il sindaco di Roma,
Ignazio Marino, “abbia deciso di riconoscere i matrimoni gay
celebrati all'estero, dichiarando: «Quando si tratta di diritti
civili non arretriamo davanti a nessuno. Io non ho paura della parola
matrimonio e noi riconosceremo, o almeno io chiederò che possano
essere riconosciuti, i matrimoni, qualunque sia il sesso degli sposi,
che sono celebrati all'estero». ”
Il 21 luglio
2014 poi, anche il sindaco di Bologna, Virginio Merola, ha emanato
una direttiva che permetterà, a partire dal 15 settembre 2014, di
trascrivere nei registri di stato civile del comune le unioni gay
celebrate all'estero.
Gli
interpellanti ricordano pure che, con sentenza n. 170 dell'11 giugno
2014, la Corte costituzionale, su giudizio incidentale sollecitato
dalla Corte di cassazione, si è pronunciata su un matrimonio di una
coppia eterosessuale regolarmente sposata nella quale però l'uomo
decide di cambiare sesso e la coppia stessa decide di rimanere unita
risultando così composta da persone dello stesso sesso. ed affermano
che “la Consulta, 'pur nel dichiarare l'illegittimità
costituzionale degli articoli 2 e 4 della legge 14 aprile 1982, n.
164 (Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso),
con sentenza manipolativa additiva volta a prevedere che «la
sentenza di rettificazione dell'attribuzione di sesso di uno dei
coniugi, che provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessazione
degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio,
consenta, comunque, ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita
un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di
convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi
della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal
legislatore», pur considerando al punto 5.5 che «nella nozione di
formazione sociale – nel quadro della quale l'articolo 2 Cost.
dispone che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti
inviolabili dell'uomo – è da annoverare anche l'unione
omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello
stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere
liberamente una condizione di coppia», ha però molto chiaramente
sottolineato al punto 5.1 dei considerata che «la situazione [...]
di due coniugi che, nonostante la rettificazione dell'attribuzione di
sesso ottenuta da uno di essi, intendano non interrompere la loro
vita di coppia, si pone, evidentemente, fuori dal modello del
matrimonio – che, con il venir meno del requisito, per il nostro
ordinamento essenziale, della eterosessualità, non può proseguire
come tale».
Sintetizzando,
la nostra Suprema Corte si è pertanto tenuta ben lontana dal
ritenere legittimo il matrimonio omosessuale nel nostro ordinamento
costituzionale e conseguentemente gli On. interroganti dichiarano
come sembri molto arduo considerare legittimo il riconoscimento
giuridico da parte delle nostre istituzioni nazionali e locali del
matrimonio omosessuale, pur se celebrato all'estero.
Gli Onorevoli
Gigli e Sberna chiedono dunque ai Ministri dell'Interno e della
Giustizia se intendano rilevare l'illegittimità della condotta dei
Sindaci coinvolti e “quali urgenti iniziative, anche di natura
normativa, intendano porre in essere al fine di colmare un evidente
vuoto normativo in merito, seguendo il dettato dell'articolo 29 della
Costituzione che impone alla Repubblica il riconoscimento dei
«diritti della famiglia come società naturale fondata sul
matrimonio», tenendo conto del principio da ultimo espresso con la
sentenza Corte Cost. n. 170 del 2014, ove si dichiara con estrema
chiarezza che requisito essenziale del matrimonio è la
«eterosessualità» della coppia.”
Fonte:
vitanascente.blogspot.it
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