La prima è stata la
cosiddetta “pillola del giorno dopo”, arrivata in Italia nel 2000,
seguita dalla “pillola dei 5 giorni dopo” nel 2012.
Presentate come “contraccettivi di emergenza” (per i meccanismi di azione vai a È davvero “contraccezione” d’emergenza?) promettono
di impedire l’inizio di una gravidanza indesiderata dopo un rapporto
sessuale “non protetto”. Rapidamente diffuse, soprattutto nella fascia
di età 15 – 35 anni, insieme arrivano a circa mezzo milione di
confezioni vendute in farmacia ogni anno, il 55% a minorenni.
Non tutto, però, è liscio come appare.
Che abbiano un’azione abortiva in un numero elevato di casi è comprovato
da numerosi studi internazionali ed è ammesso dalle stesse case
produttrici, che ovviamente minimizzano e mascherano la realtà nei
foglietti illustrativi (i bugiardini) attraverso un linguaggio tecnico falsamente rassicurante.
Vediamo cosa sono e come agiscono veramente.
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La pillola del giorno dopo
Le più vendute:
Norlevo, della HRA Pharma spa, costo € 13,00 circa
Levonelle, della Schering spa, costo € 12,40 circa
In commercio dal novembre 2000; è
richiesta la prescrizione medica non ripetibile (cioè valida per una
confezione) rilasciata del consultorio, del medico curante, della
guardia medica.
Vendite in Italia: 360.000 confezioni all’anno (dati HRA Pharma Italia; non è specificato se si riferiscano al solo prodotto Norlevo o siano globali)
Il principio attivo è il Levonorgestrel, un ormone progestinico presente anche in molte pillole contraccettive, impiegato con un dosaggio 10-15 volte maggiore.
Le indicazioni raccomandano l’uso
«preferibilmente entro 12 ore, dopo il rapporto sessuale non protetto e
non oltre 72 ore (3 giorni) dopo il rapporto. Norlevo può essere assunto
in qualsiasi momento del ciclo mestruale».
Nella versione precedente del bugiardino
vi era l’annotazione «potrebbe anche impedire l’impianto»
dell’embrione, ma nella nuova stesura, accettata dall’AIFA (Agenzia
Italiana del Farmaco) nel dicembre 2013, la frase è stata cancellata e
si legge che «Norlevo agisce bloccando il rilascio dell’ovulo dalle sue
ovaie. Non può impedire l’impianto nell’utero di un ovulo fecondato».
Infine, si aggiunge che «è stato dimostrato che Norlevo previene dal 52%
all’85% delle gravidanze attese».
Queste affermazioni sono contraddette da
uno studio sul Levonorgestrel e altre molecole contraccettive condotto
da Susan E. Wills del Charlotte Lozier Institute di Washington, che
dimostra come tutti i contraccettivi d’emergenza possano agire come
abortivi.
L’autrice compara i risultati delle
ricerche di altri studiosi, tra cui Bruno Mozzanega ed Erich Cosmi del
Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia dell’Università di Padova,
Rebecca Peck (Facoltà di Medicina della Florida State University) e Juan
R. Vélez, Gabriela Noé e colleghi (Istituto Cileno di Medicina
Riproduttiva – ICMER).
Tutti questi studiosi concordano sulla
conclusione che il Levonorgestrel abbia un’alta probabilità di agire
nella fase successiva alla fecondazione, quando l’embrione è già
formato. Esso, infatti, inibisce l’ovulazione solo se somministrato
prima o appena all’inizio del periodo fertile. Se invece è somministrato
quando il periodo fertile è già cominciato il Levonorgestrel fallisce
come contraccettivo nell’80-92% dei casi, cioè l’ovulazione avviene
ugualmente ed è possibile che inizi una gravidanza. Inoltre, sono
riportati nella letteratura scientifica i suoi effetti di modificazione
dell’endometrio, cosa che impedirebbe l’impianto dell’embrione
nell’utero.
Quale sia il suo effetto nel periodo tra
il concepimento e l’annidamento non è chiarito in alcuno studio sulla
sua efficacia, tanto che la Federazione Internazionale di Ginecologia e
Ostetricia e il Consorzio Internazionale per la Contraccezione
d’emergenza, che approvarono il farmaco come contraccettivo d’emergenza,
in maniera sibillina dichiararono che “l’inibizione o il ritardo
dell’ovulazione dovrebbe essere il suo principale e forse unico meccanismo di azione”.
Le alte percentuali di successo della
“pillola del giorno dopo” autorizzano a pensare che, nella migliore
delle ipotesi, in gran parte dei casi venga assunta al di fuori del
periodo fertile, col risultato di introdurre nell’organismo
significative dosi di ormoni inutilmente; nella peggiore delle ipotesi,
che svolga un’azione abortiva precoce, impedendo lo sviluppo di un
embrione già formato, almeno nel 18-20% dei casi.
Il che equivale a dire che provoca circa 70.000 cripto-aborti l’anno.
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La pillola dei 5 giorni dopo
La più venduta: EllaOne, della HRA Pharma spa, costo € 34,89
In commercio da aprile 2012. Fino a
qualche mese fa era richiesta la prescrizione medica e l’obbligo del
test di gravidanza, ma nel marzo 2015 ne è stata completamente
liberalizzata la vendita, senza prescrizione né test, per le
maggiorenni; rimane la prescrizione solo per le minorenni.
Vendite in Italia: 20˙000 confezioni all’anno (dati 2014, L’Espresso).
EllaOne va assunta entro 120 ore (5 giorni) dal rapporto sessuale e promette un’efficacia del 98% nell’evitare la gravidanza.
Il principio attivo è l’Ulipristal Acetato (UAP),
«un modulatore selettivo sintetico del recettore del progesterone, che
agisce legandosi con grande affinità al recettore umano del
progesterone. Si ritiene che il meccanismo d’azione primario consista nell’inibire o ritardare l’ovulazione».
L’UAP è una molecola quasi perfettamente sovrapponibile per struttura chimica a quella del Mifepristone, l’ormone della pillola abortiva RU486, usato in ospedale per l’interruzione della gravidanza fino alla 7a
settimana. Simile anche l’effetto di sostanza progestinica antagonista
del progesterone, che blocca i suoi recettori e provoca modificazioni
nell’endometrio dell’utero.
Ciò che le differenzia, in realtà, è il
dosaggio e il periodo dell’assunzione consigliato. Infatti, come ha
affermato il prof. Bruno Mozzanega (Dipartimento di Ginecologia e
Ostetricia dell’Università di Padova): «Se per l’interruzione chimica
della gravidanza si utilizzano 200 mg di RU486, è verosimile che lo
stesso quantitativo di UAP sia in grado di sopprimere, in eguale modo,
l’embrione», dose che equivale a circa 4 compresse di EllaOne.
Questi effetti sono riconosciuti possibili – anzi lo erano – nell’ “Assessment Report per EllaOne”
(EMEA/261787/2009) redatto nel 2009 dall’Agenzia Europea dei Medicinali
(EMA) che mise in commercio il farmaco, nel quale un intero paragrafo
era dedicato a «Off-label use as an abortifacient», vale a dire all’impiego fuori etichetta come abortivo.
Quindi, stando alla documentazione 2009, la pillola dei 5 giorni
poteva avere diversi effetti: bloccare l’ovulazione se assunta prima
che questa avvenga; impedire l’impianto dell’embrione in utero,
interferendo nel corretto sviluppo dell’endometrio; agire anche durante i
primi due mesi di gravidanza sfaldando l’endometrio e provocando la
morte del bambino, se presa in dosi maggiori.
Nella documentazione aggiornata al 2014 e nel bugiardino presentati all’EMA, però, si legge che «EllaOne non interrompe una gravidanza esistente».
Poiché con questa dicitura, secondo
l’accezione attuale, ci si riferisce ad un embrione già impiantato
nell’utero, cioè oltre i 5 giorni dal concepimento, sorge spontanea la
domanda: se l’embrione non è ancora arrivato nell’utero, troverà un
tessuto adatto ad accoglierlo e potrà impiantarsi?
La risposta non è chiara né confortante,
poiché più avanti si legge che «i dati provenienti da studi di
tossicità riproduttiva sono limitati per l’assenza di misurazioni
dell’esposizione in questi stessi studi». Inoltre «Ulipristal acetato ha
un effetto embrioletale in ratti, conigli (a dosi ripetute superiori a 1
mg/kg) e scimmie. Non si hanno dati sulla sicurezza per l’embrione
umano con queste dosi ripetute».
Ciò nonostante, l’azienda produttrice
HRA Pharma, ha richiesto di classificare EllaOne come “medicinale non
soggetto a prescrizione medica” e l’EMA, nella riunione del 21 novembre
2014, col voto a maggioranza (21 su 31), ha approvato la richiesta. La
Commissione Europea poi l’ha ratificata con la raccomandazione agli
Stati membri di eliminare l’obbligo di prescrizione.
Il rappresentante italiano dell’Agenzia
del Farmaco (AIFA), in quella riunione, aveva espresso parere contrario,
a causa della «mancanza di dati scientifici sufficienti per trarre
conclusioni certe circa l’assenza di effetti fetotossici o
teratogenetici».
Il Governo italiano, allora, dovendo
decidere se modificare il regime di vendita di EllaOne, ha interpellato
il Consiglio superiore della Sanità (CSS) che pure si è espresso
autorevolmente per il mantenimento della prescrizione medica,
indipendentemente dall’età della donna (10 marzo 2015), anche per i
rischi connessi ad un uso frequente non controllato.
A questo punto, non si sa cosa sia
accaduto nei 15 giorni successivi ma dev’essersi trattato di qualcosa di
veramente sbalorditivo, visto che l’AIFA il 25 marzo 2015 ha
liberalizzato la vendita di EllaOne come medicinale da banco per le
maggiorenni, e ha conservato l’obbligo della sola ricetta per le
minorenni.
In un colpo solo, l’AIFA ha contraddetto
il parere espresso dai propri tecnici all’EMA, se n’è infischiata del
parere del CSS e ha ignorato la poderosa documentazione internazionale
sugli effetti abortivi depositata dai parlamentari che si opponevano
alla liberalizzazione.
La prima conseguenza di questo
inspiegabile cambiamento sarà il boom delle vendite di EllaOne, rimaste
basse (si fa per dire) in passato sia per il prezzo elevato sia per le
difficoltà di acquisto (ricetta + test). Ora sarà facile come comprare
l’aspirina. Paradossalmente, per la pillola del giorno dopo resta l’obbligo di ricetta.
Quante saranno le donne che pagheranno
volentieri i 20 euro in più del prezzo di EllaOne per non doversi più
preoccupare della ricetta? Quante saranno le minorenni che chiederanno
il favore ad un’amica più grande? E quanto tempo ci vorrà prima che sui
siti compiacenti sarà indicato il dosaggio da usare per provocare aborti
alla 4a – 5 a settimana e oltre?
Fonte: http://www.editorialeilgiglio.it/
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