La
carenza d’informazione costituisce un grave problema etico, perché
chi non conosce non è in grado di scegliere consapevolmente e
liberamente.
Il
meccanismo d’azione di ellaOne, la pillola dei cinque
giorni dopo, non è esclusivamente di tipo antiovulatorio.
Le
donne che assumono ellaOne nel periodo fertile del ciclo mestruale
per la maggior parte ovulano e possono concepire, ma, essendo il loro
endometrio irrimediabilmente compromesso a causa dell’azione della
pillola, non si verificherà l’annidamento dell’embrione
nell’utero materno e verrà così provocata la morte del concepito.
Il
possibile effetto antinidatorio è incompatibile con la legislazione
italiana.
La
legge di riferimento, quando si parla di contraccezione, è la L.
405/75, istitutiva dei Consultori familiari. Nel suo primo articolo
essa definisce la procreazione responsabile e finalizza quest’ultima
alla tutela della salute della donna e del “prodotto del
concepimento”, escludendo così i metodi con meccanismo d’azione
post-concezionale.
Anche
la recente sentenza della Corte Europea di Giustizia del 18 ottobre
2011 ha riconosciuto nella fecondazione l’inizio della vita e nel
concepito un soggetto che deve essere tutelato.
La
Direttiva europea 2001/83/CE, relativa ai medicinali per uso umano,
all’art. 4 prevede che le procedure di approvazione comunitaria non
impediscono ai singoli Stati della UE di vietare farmaci
contraccettivi o abortivi incompatibili con le rispettive
legislazioni nazionali.
Inoltre
la Direttiva europea 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali
sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno, recepita dal
nostro Codice del Consumo nel 2007, prevede che l’informazione
all’utenza sia corretta e in nessun modo ingannevole. Essa non deve
infatti contenere informazioni false, ma neppure ingannare il
consumatore medio nella sua presentazione complessiva (anche se
l’informazione sia di fatto corretta) riguardo all’esistenza o
alla natura del prodotto, cioè alle sue caratteristiche principali,
fra cui la sua composizione, l’idoneità allo scopo ed i risultati
che si possono attendere dal suo uso.
Nel
foglietto illustrativo di ellaOne si dice che “si ritiene che
ellaOne agisca bloccando l’ovulazione”, ma se ne omette il
possibile effetto antinidatorio, e dunque abortivo.
La
presentazione di questo farmaco come “contraccettivo”, termine
correntemente usato per indicare la prevenzione del concepimento
(inteso come fecondazione) è ingannevole: potrebbe indurre infatti
ad utilizzarlo persone che non lo farebbero mai, se solo ne
conoscessero il meccanismo d’azione antinidatorio.
La
relazione tecnico-scientifica “Ulipristal acetato (CDB 2914) -
Meccanismo d’azione: aspetti scientifici, deontologici ed etici”
della Società Medico-Scientifica Interdisciplinare PROMED
Galileo del 16 aprile 2010 riporta a questo proposito il risultato
di alcuni studi:
“In
uno studio condotto su 618 donne negli Stati Uniti di età inferiore
a 50 anni l’11,8% del campione riteneva che la
contraccezione d’emergenza agisse prima del concepimento, il 56,6%
tra il concepimento e l’impianto nell’utero ed il 18,1% dopo
l’impianto. Il 48% dello stesso campione considerava la
fecondazione come l’inizio della vita umana, contro il 19% che
individuava tale inizio con l’impianto dell’embrione o fasi
successive. (...) In un altro studio, condotto su 581 donne di età
media poco superiore ai 30 anni, è risultato che il 39,4% non
avrebbe assunto un metodo contraccettivo che avesse esercitato la
propria azione dopo la fecondazione. Il 46,3% ha individuato l’inizio
della vita umana con la fecondazione contro il 35,7 che ha indicato
l’impianto o fasi successive. (...)
La
collocazione dell’inizio della vita umana e la religiosità sono
fortissimi predittori dell’attitudine delle donne ad utilizzare o
rifiutare i contraccettivi in base al meccanismo d’azione (non
quindi sulla base della semplice indicazione contraccettiva). Il più
recente studio in questo senso, condotto su 178 donne di 18-50 anni
che frequentavano due centri universitari di medicina generale, ha
confermato i precedenti risultati indicando che il 30% delle donne
ritiene che la vita inizi al momento della fecondazione, il 47%
indica la fecondazione come momento di inizio della gravidanza, il
20% darebbe il consenso all’utilizzo della contraccezione
d’emergenza solamente se essa agisse prima della fecondazione, il
34% la utilizzerebbe solamente se il proprio medico la informasse
assicurando che essa non provoca alcun aborto.”
Il
fatto che nel foglietto illustrativo di ellaOne manchi un riferimento
diretto al possibile impedimento dell’annidamento dell’embrione
nell’utero materno rende l’informazione alle possibili utenti
difettosa ed inesatta sia dal punto di vista tecnico-farmacologico
che sotto il profilo del consenso informato.
Detta
lacuna nell’informazione all’utenza, secondo la Società
Medico-Scientifica Interdisciplinare PROMED Galileo, “può
costituire un importante ostacolo all’esercizio dell’autonomia
decisionale della donna e alla sua capacità di assumere decisioni
non in contrasto con le proprie convinzioni etiche da cui potrebbero
derivare potenziali rischi per la propria salute psichica. (...) un
consenso dato senza adeguata e completa informazione sarebbe da
ritenersi “non valido”, condizione a cui sarebbero riconducibili
possibili problematiche sia in ambito penalistico che civilistico nei
confronti del medico (e della struttura) che ha prescritto il
farmaco.”
Un’altra
questione di particolare rilevanza riguarda la disposizione dell’art.
3 della Determinazione Aifa dell’8 novembre 2011, che subordina la
prescrizione del farmaco alla presentazione di un test di gravidanza
ad esito negativo basato sul dosaggio dell’HCG beta, al fine di
escludere una gravidanza in atto.
L'
hCG (Human chorionic gonadotropin) o gonadotropina corionica è un
ormone prodotto dall'embrione, subito dopo il suo impianto
nell'utero.
Il
test di rilevamento dell’ormone beta hCG nel sangue o nelle urine,
che si dovrebbe esibire al momento della richiesta di prescrizione
del farmaco, può dare esito positivo di una eventuale gravidanza
solo 7-8 giorni circa dopo la fecondazione, quando l'embrione si è
già annidato nell'utero; pertanto, se c'è stata la fecondazione ma
l'embrione non si è ancora annidato, il test darà come esito un
falso negativo, anche se l'embrione sta viaggiando verso l'utero e,
quindi, la gravidanza esiste.
Il
concepito rimane dunque “invisibile” al test per circa 7-8
giorni, un intervallo di tempo nel quale il livello di beta HCG non
si positivizza.
Quindi
i test attualmente in uso non servono a escludere un’azione
abortiva della pillola, perché non segnalano la presenza
dell’embrione se esso non è ancora annidato in utero.
Esiste
un test più sensibile che potrebbe segnalare la presenza
dell’embrione poco dopo la fecondazione. Entro due giorni da
quest’ultima è possibile infatti rilevare nel circolo materno il
Fattore Precoce di Gravidanza: l’EPF (Early Pregnancy Factor) che
appunto è presente quando inizia una gravidanza.
L’EPF
è una sostanza immunosoppressiva, prodotta dall’ovaio prima
dell’impianto dell’embrione in utero, che appare circa 48 ore
dopo la fecondazione ed è la risposta ormonale della madre ai
segnali endocrini che l’embrione appena formato invia, segnalando
la sua presenza.
L’impiego
del test del dosaggio dell’EPF nel sangue non è però a tutt’oggi
standardizzato e non costituisce per il momento un esame di routine a
causa del dispendio economico e di tempo che comporta.
Riguardo
alla disposizione dell’esecuzione del test di gravidanza
preliminare, occorre inoltre rilevare che le donne che volessero
farsi prescrivere ellaOne potrebbero anche presentare il test di
gravidanza sulle urine eseguito da loro stesse o da altre donne in un
periodo di assenza di rapporti sessuali o di rapporti sessuali
verificatisi nel periodo infecondo nel ciclo. Il test risulterebbe
così negativo e la pillola potrebbe così essere messa da parte,
come “scorta” per le “esigenze future”.
Un
altro aspetto importante da rilevare riguardo all’informazione data
sulla “contraccezione d’emergenza” (in cui è inclusa anche
ellaOne), è l’affermazione che la sua diffusione costituisca il
presupposto fondamentale per un minore ricorso all’interruzione
volontaria di gravidanza.
Numerosi
articoli documentano invece come il ricorso alla “contraccezione
d’emergenza” (CE) non riduca l’abortività volontaria, che,
anzi, in diversi casi, aumenta.
Infine,
si deve rilevare come la disinformazione di molte donne riguardo alla
fisiologia della riproduzione, soprattutto delle adolescenti,
maggiori consumatrici di contraccettivi di emergenza, porti spesso ad
un uso fuori luogo e magari ripetuto della contraccezione
d'emergenza.
Nel
testo “Sessualità e riproduzione: tutto sotto controllo?”
vengono riportati i risultati di uno studio (Bonarini 2004) su mille
donne seguite dai Consultori della città di Padova (100 pazienti per
ognuno dei 10 consultori dell’area urbana).
A
dette donne è stato chiesto di indicare la durata del proprio ciclo
mestruale, di identificare su di un grafico il periodo fertile del
proprio ciclo, di indicare il giorno della propria ovulazione e il
giorno presunto dell’ovulazione in un ciclo che durasse solo 22
giorni.
Sono
risultate informate il 21,4% delle ragazze di età inferiore a 20
anni, il 28,9% delle donne di età compresa tra 20 e 29 anni, il
29,1% delle donne comprese tra 30 e 39 anni ed il 36% delle donne di
40 anni ed oltre.
La
carenza d’informazione costituisce un grave problema etico, perché
chi non conosce non è in grado di scegliere consapevolmente e
liberamente.
Se
la donna non ha elementi corretti per scegliere personalmente, le sue
scelte saranno effettuate da altri, poiché non fondate su una vera
conoscenza ma su informazioni veicolate spesso da “fonti
interessate”.
E’
indubitabilmente indispensabile una conoscenza non superficiale del
meccanismo di azione di ellaOne sia da parte del medico che
prescrive questo prodotto, sia da parte della donna che pensa di
assumerlo, al fine che quest’ultima esprima un consenso libero,
veramente informato e valido.
Anna
Fusina
Fonte: vitanascente.blogspot.it/
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