Il comfort care inizia ad attecchire anche in Italia, una pratica
d'amore e accoglienza per dare dignità anche ad un solo minuto di vita.
È
arrivata la notizia tanto desiderata: una bambino, o un altro bambino, è
in arrivo! I genitori sono al settimo cielo, nonni e parenti anche,
purtroppo, però, non sempre tutto va come si era programmato. In alcuni
casi arriva un momento in cui si scopre che
quel bambino che vive nel proprio corpo non è “perfetto” come si immaginava e si desiderava. Ci sono dei problemi.
Se per alcuni, come nel caso della trisomia 21 (o Sindrome di Down)
le possibilità di sopravvivenza subito dopo la nascita sono alte, per
altri la
speranza di vita dopo il parto – sempre che si riesca a portare a termine la gravidanza – si riduce a
poche ore se non minuti.
Ha senso in questo caso scegliere di portare avanti la gravidanza
sapendo già che il bambino avrà pochissime ore di vita? Se lo chiedeste
ad Elisa, Titti, Cristina, Natascia o Chiara Corbella Petrillo vi
risponderebbero che loro non hanno avuto scelta; a loro sono arrivati
Benedetto, Benedetta, Maria, Giacomo, Letizia Maria e Davide e li hanno
accolti così com’erano, portati nel grembo per nove mesi e stretti tra
le braccia fino al loro ultimo istante di vita. Il risultato?
Una sovrabbondanza di vita!
Un aiuto fin dall’inizio
Elisa con il piccolo Benedetto subito dopo il parto
“Il
problema – racconta Elisa – è che quando viene scoperta la
malformazione, molti medici, non ti mettono nemmeno davanti alla
possibilità di dire no e considerano questo come un incidente di
percorso facilmente eliminabile (soprattutto se si è entro la dodicesima
settimana di gravidanza) per poi poter pensare immediatamente ad un
altro bambino, senza pensare nemmeno un istante alle gravi conseguenze
psicologiche che alcune mamme hanno in seguito ad eventi simili – è allo
studio attualmente la Sidrome Post Abortiva.
Negli Stati Uniti, presso il Columbia University Medical Center, la dottoressa neonatologa
Elvira Parravicini, brianzola trasferita a New York, ha fondato il primo
Perinatal Hospice per l’accoglienza e la cura dei
neonati terminali in cui si segue un protocollo di
Comfort Care che accompagna non solo la mamma ed il suo bambino, ma
tutta la famiglia in questo doloroso momento;
un protocollo facilmente esportabile in Italia,
ma che vede il rifiuto da parte di chi ritiene inutile il portare a
termine una gravidanza per dare al mondo una vita che, già si sa, sarà
brevissima.
Cosa prevede il protocollo di Comfort Care
Secondo il protocollo del Comfort Care la pratica del “conforto” non
deve essere riservata solo al piccolo paziente, ma a tutta la famiglia
ed è per questo che oltre a prevedere
calore,
nutrizione e
trattamento del dolore
per il neonato, vengono predisposte tante altre pratiche per aiutare
genitori, fratellini e parenti tutti. Innanzitutto, a discapito delle
regole dalla terapia intensiva, il bambino ed i suoi genitori possono
essere visitati da chiunque voglia far loro compagnia a
qualunque ora del giorno e della notte, è consigliato
fare foto e
prendere impronte di mani e piedi per avere un ricordo e, per chi lo desidera, si può compiere il
rito del Battesimo.
In attesa di vedere Benedetto in terapia intensiva. I suoi tre fratelli con i loro amichetti.
Elisa ha partorito il suo quarto figlio, Benedetto, all’Ospedale
Maggiore di Cremona dove nessuno aveva mai esplicitamente richiesto di
mettere in pratica nulla di simile e sono stati proprio lei e suo marito
Giovanni a guidare medici e ostetriche in questo nuovo percorso; hanno
inizialmente preso contatto con altre famiglie che ci erano già passate e
con la disponibilissima dottoressa Parravicini. “
Abbiamo cercato aiuto ed abbiamo trovato degli amici per i quali saremo sempre grati”. In altri ospedali come il
villa Betania di Napoli, il
Gemelli di Roma (dov’è attiva l’associazione
La Quercia Millenaria) e il
Sant’Orsola di Bologna,
grazie all’impegno di mamme che hanno vissuto sulla propria pelle cosa
significa accompagnare un figlio terminale e medici che hanno visto la
dignità di quegli sguardi e di quei momenti sono nati protocolli
specifici di Comfort Care e c’è tutta la volontà di accogliere donne che
hanno capito che per loro non c’era nessuna possibilità di scelta, ma
solo la possibilità di accogliere e così hanno fatto.
Suona il telefono di Elisa, è il Cappellano dell’Ospedale di Cremona,
cerca lei e Giovanni perché c’è una mamma che ha appena scoperto che il
bimbo che aspetta ha una gravissima malformazione e ha bisogno del suo
aiuto e del suo conforto.
Adesso sono loro ad offrire la propria amicizia agli altri e questo è una grandissima ricchezza – e non l’unica – che ha lasciato loro in eredità il piccolo Benedetto.
Fonte· unadonna.it
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